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Vaticano. Il Papa vuole una verifica sulla riforma delle nullità matrimoniali in Italia

Mimmo Muolo venerdì 26 novembre 2021

La commissione istituita dal Motu proprio è presieduta dal Decano della Rota e vi partecipa il vescovo di Oria

Sostenere «le Chiese che sono in Italia nella ricezione della riforma». È questo l’intento dichiarato del Motu proprio pubblicato ieri dal Papa a sei anni dal Mitis Iudex Dominus Iesus con il quale il Pontefice aveva riformato il processo canonico per le cause di dichiarazione di nullità matrimoniale rendendole più snelle e accessibili grazie a una maggiore responsabilità del vescovo diocesano. In particolare Francesco introduceva allora una forma di processo più breve sulla nullità delle nozze, nei casi in cui questa sia «sostenuta da argomenti particolarmente evidenti». Tra gli altri, la mancanza di fede, la brevità della convivenza, l’aborto procurato per impedire la procreazione, il permanere di una relazione extraconiugale.

Quella "legge" era stata promulgata nell’agosto 2015 ed era entrata in vigore il successivo 8 dicembre. A distanza di più di un lustro, dunque, Francesco chiede una specie di "tagliando" sul grado di applicazione. Il punto dirimente, pare di capire leggendo il Motu proprio di ieri, è quello relativo al ruolo del vescovo diocesano in questo particolare ambito. Papa Bergoglio, infatti, nel ricordare le norme di sei anni fa, ribadisce che, sebbene sia consentito al vescovo diocesano di accedere ad altri tribunali, questa facoltà va considerata un’eccezione.

Ne consegue che ogni vescovo il quale «non ha ancora il proprio tribunale ecclesiastico, deve cercare di erigerlo o almeno adoperarsi affinché ciò diventi possibile». Francesco del resto lo aveva già detto con chiarezza nel discorso alla Cei del maggio 2019: «La spinta riformatrice del processo matrimoniale canonico - caratterizzata dalla prossimità, celerità e gratuità delle procedure - passa necessariamente attraverso una conversione delle strutture e delle persone».

Perciò ieri è tornato a chiedere che la Conferenza episcopale italiana, «distribuendo equamente alle diocesi le risorse umane ed economiche per l’esercizio della potestà giudiziale», sia «di stimolo e aiuto ai singoli vescovi affinché mettano in pratica la riforma del processo matrimoniale». È da ricordare a tal proposito che già da diversi anni i vescovi traggono dai fondi dell’8xmille per la Chiesa cattolica una quota parte per i tribunali ecclesiastici. Ciò soprattutto al fine di ridurre i costi delle cause di nullità a carico delle parti, specie le più indigenti.

La verifica chiesta dal Papa avverrà tramite la costituzione presso il Tribunale della Rota Romana di una «Commissione pontificia ad inquirendum et adiuvandum (per verificare e aiutare, ndr) tutte e singole le Chiese particolari in Italia». A presiederla il Pontefice ha nominato il decano della Rota, Alejandro Arellano Cedillo. Vi fanno parte inoltre i due giudici rotali Vito Angelo Todisco e Davide Salvatori, e il vescovo di Oria, Vincenzo Pisanello. Il compito della Commissione sarà, come già anticipato, quello di «constatare e verificare la piena ed immediata applicazione della riforma» nelle Chiese diocesane di tutta Italia, «nonché suggerire alle stesse quanto si ritenga opportuno e necessario per sostenere e aiutare il proficuo prosieguo della riforma».

Il Papa chiede dunque espressamente che anche in un questioni delicate come quelle che investono le nullità matrimoniali «le Chiese che sono in Italia si mostrino ai fedeli madri generose». Questa è infatti «una materia strettamente legata alla salvezza delle anime», come sollecitato anche dal Sinodo straordinario sulla famiglia. Al termine del suo lavoro la Commissione elaborerà una relazione dettagliata sull’applicazione delle nuove norme sulla nullità matrimoniale in Italia.