Addio a Sister Jean, icona del basket statunitense
Aveva 106 anni la celebre suora, assistente della squadra della Loyola University di Chicago: «Mi piace pensare che Dio sorrida quando incito i miei ragazzi»

Per tutti rimarrà sempre lì, a bordo campo, sciarpa al collo, a tifare per i suoi ragazzi con il suo immancabile sorriso. Anche se adesso le partite le vedrà da molto più su: «Suor Jean, nostra amata amica e fonte di ispirazione, è tornata alla casa dal Signore», ha fatto sapere la Loyola University di Chicago, l’ateneo gesuita della religiosa più famosa del basket statunitense. Dopo una vita lunghissima sotto canestro si è spenta a 106 anni Jean Dolores Schmidt. Nata a San Francisco, questo sport lo conosceva e lo amava particolarmente per averlo praticato durante gli anni del liceo. Entrata nell’ordine delle Suore della Carità della Beata Vergine Maria, fu mandata a insegnare nelle scuole elementari cattoliche in California, dove allenò anche una squadra di basket femminile.
Poi l’arrivo a Chicago per insegnare pedagogia al Mundelein College e quindi la Loyola University nel 1991, di cui divenne preside associato e consulente accademico per l’università. Ma soprattutto cappellana dei Ramblers, la squadra maschile dell’ateneo. Una clamorosa notorietà arrivò nel 2018 con conquista della Final Four della Ncaa, il celebre e seguitissimo campionato universitario. Le immagini dell’arzilla tifosa, assistente spirituale in campo con la sua sedia a rotelle e il suo entusiasmo contagioso, fecero il giro del mondo. Sister Jean divenne allora una vera star. Non una mascotte però, ma una presenza preziosa e competente. L’ex allenatore raccontò che, al suo arrivo al campus, consegnò su precisa richiesta di Suor Jean le schede di tutti i suoi giocatori. E lei stesso dichiarò di aver inviato email ai giocatori dopo ogni partita, offrendo elogi e suggerimenti per migliorare.
I giocatori ammisero che la religiosa prima delle partite indicava ad ognuno gli avversari più pericolosi da tenere d’occhio. Anche se nel pre-partita da brividi era la preghiera fatta insieme. «Dio buono e misericordioso» cominciava suor Jean e tutti i giocatori abbassando il capo e chiudendo gli occhi si abbracciavano. Pregava per entrambe le squadre anche se pur rimettendosi alla volontà del Signore a Dio chiedeva la vittoria per i suoi: «God bless us (Dio ci benedica). Go Ramblers. And amen». Sebbene nella sua autobiografia uscita nel 2022 “Wake up with purpose” ( “Svegliati con uno scopo”) abbia poi scritto: «Immagino che Dio si metta a ridere a volte quando qualcuno prega per vincere una partita». E tuttavia: «Dio vede succedere un sacco di cose orribili. A volte ha bisogno di una bella risata. Mi piace pensare di fargli una risata ogni volta che dico al microfono: “Amen e forza Ramblers!’». Consapevole però che c’è una partita più importante da vincere: «Non puoi perdere la fede. Se perdi la fede, allora perderai la speranza; e se perdi entrambe, probabilmente perderai anche l’amore».
Quando ha compiuto 100 anni nel 2019 la città e la comunità di Loyola hanno festeggiato per un mese. Oltre a una benedizione apostolica di Papa Francesco, un discorso alle matricole, una mostra al museo d’arte dell’università e persino una statua Lego ispirata alla sua figura. Il giorno del suo compleanno, il 21 agosto, l’università ha celebrato con tutti gli onori il “Sister Jean Day”. Una ricorrenza poi festeggiata tutti gli anni. Al suo 103° compleanno, la piazza della stazione ferroviaria di Chicago nel campus della Loyola è stata ribattezzata in suo onore.
Un’eredità che nessuno adesso vuol disperdere. Il presidente dell’ateneo gesuita, Mark C. Reed ha dichiarato: «Sebbene proviamo dolore e un senso di perdita, c’è grande gioia nel suo lascito. La sua presenza è stata una profonda benedizione per tutta la nostra comunità e il suo spirito dimora in migliaia di vite. In suo onore, possiamo aspirare a condividere con gli altri l’amore e la compassione che Suor Jean ha condiviso con noi». Tra le tante testimonianze degli studenti passati di qui c’è anche quella di Derek Molis, ex giocatore della Loyola, il quale attribuisce a Sister Jean il merito di averlo aiutato ad affrontare la morte della madre. «La maggior parte del mondo la conosce per la sua fama», ha spiegato al New York Times. «Il resto di noi la conosce semplicemente come Suor Jean, l’unica persona su cui sapevamo di poter sempre contare».
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