Basket, Nba Cup: New York trionfa nel segno di papa Leone
Dopo 52 anni i Knicks tornano a vincere un trofeo grazie a tre assi provenienti dai Wildcasts di Villanova, l'università dove si è laureato Papa Leone XIV

Chiamatelo pure “effetto Prevost” a New York adesso ci credono davvero. Dopo cinquantadue lunghissimi anni i Knicks della Grande Mela sono tornati a mettere in bacheca un trofeo: la Nba Cup. E pazienza se non si tratta dell’anello di campioni del celebre campionato nordamericano. È un successo che autorizza sogni anche di maggior gloria. Già, ma che c’entra il Papa sotto canestro? Nulla in apparenza, tanto se scendiamo sul parquet del Madison Square Garden, la leggendaria casa dei Knicks. Passando in rassegna i punti di forza della squadra newyorkese spiccano tre assi: Jalen Brunson, Josh Hart e Mikal Bridges. Sono proprio loro i protagonisti della Nba Cup vinta contro i San Antonio Spurs. Soprattutto Brunson, mvp (miglior giocatore) della finale e trascinatore di un torneo recente giunto appena alla terza edizione (le precedenti sono state vinte dai Los Angeles Lakers e dai Milwaukee Bucks). I tre “tenori” dei Knicks sono però legati da qualcosa di più forte: tutti provengono da Villanova, la storica università della Pennsylvania dove si è laureato in matematica Robert Francis Prevost.
L’ateneo, fondato nel 1842 dall’ordine di sant’Agostino, ha una tradizione cestistica di grande prestigio. È il college cattolico più vincente di sempre a livello maschile con tre titoli universitari (Ncaa) conquistati dai suoi Wildcats. Un’epopea che fece esultare anche Leone XIV in un tweet del 2016 prima che diventasse il successore di Pietro. Ecco perché i tifosi dei Knicks hanno salutato la sua elezione come una benedizione.vCome ha fatto il regista Spike Lee che a novembre in Vaticano ha voluto donare una canotta personalizzata al primo pontefice statunitense. Tra i fans serpeggia davvero l’auspicio che il vento dall’alto sia cambiato per porre fine a un digiuno interminabile: sono passati 26 anni dall’ultima finale Nba e 52 dall’ultimo titolo. Era il 1973 e i Knicks trionfavano ancora dopo l’anello del 1970. Gli unici due titoli in bacheca di una franchigia però storica, nata nel lontano 1946: l’unica sempre presente in Nba sin dalla prima edizione (insieme con i Boston Celtics).
Negli anni Novanta un breve risveglio, con tanti rimpianti però e due finali perse (contro Houston nel 1994 e San Antonio nel 1999). Potevano senz’altro raccogliere di più quei Knicks guidati in quegli anni da un pivot di peso come Patrick Ewing. Pilastro anche del Dream Team alle Olimpiadi del 1992, il cestista dal baffo inconfondibile (nel 1995 comparve anche nel film Space Jam) era sbocciato agli Hoyas di Georgetown, la più antica università cattolica degli Usa, fondata dal gesuita John Carroll nel 1789. Sotto la sua guida Ewing regalò all’ateneo il primo e unico campionato Ncaa nel 1984 e perse la finale dell’anno dopo proprio contro Villanova. Una partita ricordata come una delle più epiche nella storia del basket universitario perché i Wildcats vinsero contro ogni pronostico.
Ma a Villanova il basket è di casa dal lontano 1920. Lo sport viene considerato come un ambito essenziale per la crescita degli studenti. E l’università brilla anche in altre discipline, come nell’atletica leggera. Non dimenticando mai i valori agostiniani: Veritas, Unitas, Caritas (Verità, Unità, Amore). Un approccio essenziale che va oltre il campo da gioco. Lo sport come strumento di formazione ma anche di evangelizzazione: è stato questo il modello educativo di tanti college cattolici negli Stati Uniti a cavallo tra il XIX e il XX secolo. Molti nacquero proprio allora per far fronte alle migliaia di immigrati provenienti dall’Europa. Non è un caso se agostiniani, gesuiti, maristi, con i loro college contribuirono al grande successo del basket statunitense, schierando anche tanti giocatori neri in tempi in cui venivano ancora segregati. Le università cattoliche hanno formato generazioni di campioni. E oggi New York si gode Brunson, Hart e Bridges, talenti lanciati in primis da Villanova.
Da un altro ateneo cattolico, quello gesuita di Spokane, la Gonzaga University, è passato anche Riccardo Fois, 38 anni oggi vice coach dei Knicks. Assistente allenatore anche della Nazionale italiana, Fois a 30 anni è diventato il primo coach italiano a qualificarsi ad una Final Four Ncaa proprio con i Bulldogs di Gonzaga. C’è dunque anche un po’ d’Italia a festeggiare la rinascita di una franchigia che guarda già oltre. La Nba Cup, introdotta dagli americani sull’esempio della Coppa Italia di basket (proprio così) è un trofeo che non troverà il suo posto per sempre sul soffitto del Madison Square Garden. A differenza di quanto fatto da Lakers e Bucks, la franchigia blu-arancio (i colori della città di New York) ha deciso di non appendere il tradizionale “banner” che simboleggia un successo della squadra, come i titoli Nba conquistati o i numeri ritirati dei giocatori simbolo. I Knicks mirano a obiettivi più grandi. E allora vale per loro lo stesso augurio dell’università di Villanova ai suoi studenti a puntare in alto, in campo ma anche fuori: «Non accontentarti mai di ciò che sei già, se vuoi essere ciò che non sei ancora» (sant’Agostino).
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