venerdì 1 marzo 2024
Un volume postumo del teologo e vescovo ortodosso sottolinea la necessità di tornare a una vita di fede e a una liturgia centrata sulla gioia del Risorto
Il metropolita Ioannis Zizioulas (1931-2023)

Il metropolita Ioannis Zizioulas (1931-2023) - WikiCommons

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A un anno dalla scomparsa del metropolita Ioannis Zizioulas (1931-2023) vede la luce la sua sintesi teologica finale. Allievo di Florovsky, risoluto e sistematico, una vita tra università greche e angloamericane, Zizioulas era approdato a prestigiosi incarichi ecumenici. Negli ultimi anni, era il più onorato intellettuale del Patriarcato ecumenico di Costantinopoli, tanto da presiedere autorevolmente, per la parte ortodossa, il dialogo ufficiale con la Chiesa cattolica. Il suo pensiero, radicato nella patristica da autentico ortodosso, percorreva e discuteva senza limiti tematici né diacronici l’intero vissuto teologico, fosse ortodosso, cattolico o protestante.

Lo testimonia il ponderoso volume postumo – in inglese ma preannunciato in edizione italiana – dal titolo Remembering the Future. Toward an Eschatological Ontology (St. Sebastian Orthodox Press, pagine 336). Un’opera dedicata all’escatologia, che Zizioulas considerava sommo fondamento della vita cristiana. Nella sua visione, solo il destino ultimo, segnato dal Cristo risorto e dalla resurrezione di tutti gli esseri umani, consentiva di vivere con fede nel presente. Parafrasando san Paolo col suo «se Cristo non è risuscitato, allora è vana la nostra fede» (1 Corinzi 15, 14), sosteneva che senza fondarsi sulle “cose ultime”, vana era la fede.

Remembering the Future afferma dunque con serrato argomentare filosofico e teologico come il futuro determini il presente. Il libro chiede ai lettori la fede nella resurrezione, intesa come evento escatologico, perché possano decifrare religiosamente il presente. Per Zizioulas, la stessa teologia cristiana ha una sola fonte: la resurrezione, posta dinanzi a noi nel futuro come seconda e definitiva venuta di Cristo.

Ben lo spiega, nella prefazione al volume, papa Francesco, che aveva voluto Zizioulas suo consulente per la Laudato si’. Il Papa sottolinea come il metropolita scorga la liberazione dal passato in forza dell’eschaton, cioè di un futuro in cui «Dio sarà tutto in tutti» (1 Corinzi, 15, 28): occorre «credere che quel futuro stia già operando, causa di tutto l’essere; un futuro che viene alla storia e non viene dalla storia», colorandola «con i colori della resurrezione», avvertendo «il pericolo che avere lo sguardo fisso al passato possa renderci prigionieri degli errori compiuti, dei tentativi falliti, accumulando zavorre pessimistiche». Era la preoccupazione di Zizioulas confidata agli amici: i cristiani non dovevano restare prigionieri del passato.

Escatologia, sostiene Zizioulas, non è una dottrina ma un orientamento di vita. È l’essenza del cristianesimo, agli antipodi della sua riduzione a principi morali come tentato dal protestantesimo liberale. Essere cristiani è aspirare a essere santi ossia a vivere nella luce della resurrezione quale si manifesterà nella seconda venuta di Cristo. La Parusia, che sperimentiamo già ora nel culto, e soprattutto nell’Eucaristia, indica a partire dal futuro come dovremmo vivere oggi. Secondo Zizioulas, ogni liturgia dovrebbe svolgersi nel segno della gioia, in chiese piene di luce, in atmosfere non mistiche e tantomeno penitenziali, che riportino lo splendore della resurrezione. Se la liturgia rammemora il sacrificio di Cristo sulla croce, deve farlo a partire dalla resurrezione: non è facile, lamenta Zizioulas, allorché tutti i manuali dogmatici sull’Eucaristia, ortodossi, cattolici e protestanti, hanno per tema dominante il sacrificio del Calvario.

Si tratta di rovesciare la direzione del tempo, facendolo scorrere dal futuro verso il passato. Così la speranza investirà la storia e gli esseri umani, sottraendoli al pessimismo indotto dalla logica. Questa sarebbe l’operazione fatta dalla patristica nei confronti del pensiero forte dell’epoca antica, ossia la filosofia ellenistica, infondendo speranza in una cultura che era raffinata ma foriera di sconforto.

Remembering the Future è intriso di riferimenti patristici, che Zizioulas intende come esclusivamente greci (cita sì Agostino, ma considera i padri latini un sottoinsieme della patristica greca). Peraltro il volume spazia tra autori di tutte le epoche, con forse maggiore considerazione per Florovsky e per i protestanti Pannenberg e Moltmann.

Impossibile sintetizzare il volume e la rassegna di grandi questioni teologiche, affrontate senza innovare ad ogni costo. Ad esempio, Zizioulas contesta in un significativo passaggio le teorie di antichi e moderni (da Origene, Gregorio di Nissa, Isacco il Siro, fino a Bulgakov, Berdiaev, Clément) tendenti a negare l’«eternità degli inferi». Difende la posizione ufficiale della Chiesa ortodossa, per cui l’amore divino che vorrebbe annientare il male non può annullare la libertà degli esseri umani, arbitri di scegliere tra bene e male. E del resto, per compiere il percorso spirituale verso Dio, la volontà umana deve «liberamente» sottomettersi alla volontà di Dio. Scegliesse di andarvi contro, pregiudicherebbe la salvezza eterna, condannandosi agli inferi, qualsiasi cosa si celi dietro questo termine.

Ma qui, aggiunge Zizioulas, entrano in gioco la misericordia di Dio, la preghiera della Chiesa, i santi incontrati in vita. Ogni Eucaristia è un sacrificio d’intercessione per i defunti, per cancellarne i peccati. Vi si ricorda il rapporto sviluppato in vita con il sacrificio e la redenzione di Cristo, nella convinzione che l’amore di Dio «troverà, nell’ora del giudizio, nei frammenti terreni delle loro vite anche il più tenue volgersi verso Dio e la sua volontà. Così la Chiesa s’interpone tra la giustizia e l’amore di Dio per annullare ogni determinismo storico che renderebbe l’eschaton schiavo del nostro tempo storico».

Parole compassionevoli, tutt’altro che metafisiche. Rammentano la favola della cipollina raccontata da Grúšen’ka nei Fratelli Karamazov: «Me la raccontava quand’ero bambina la mia Matrëna […] C’era una volta una donna cattiva che morì. Non lasciò dietro a sé neppure una buona azione. I diavoli la presero e la gettarono in un lago di fuoco. Ma il suo angelo custode stava lì e pensava: “Quale sua buona azione posso ricordare da riferire a Dio?”. Se ne ricordò e disse a Dio: “Ha sradicato una cipollina nell’orto e l’ha data a una mendicante”. E Dio gli rispose: “Prendi quella cipollina e porgigliela nel lago perché vi si aggrappi: se la tirerai fuori dal lago, che vada pure in paradiso; ma se la cipollina si spezzerà, la donna dovrà restare dov’è ora”. L’angelo corse dalla donna e le porse la cipollina: “Tieni, donna: aggrappati, reggiti forte”. E prese a tirarla fuori; vi era quasi riuscito quando gli altri peccatori che si trovavano nel lago, vedendo che la tiravano fuori, cominciarono ad attaccarsi a lei per essere trascinati fuori anche loro. Ma la donna era cattiva cattiva e prese a dar calci agli altri: “È me che tirano fuori, non voi! la cipollina è mia, non vostra!” Aveva appena finito di dirlo che la cipollina si ruppe e la donna cadde nel lago, dove sta ancora bruciando. L’angelo si mise a piangere e si allontanò».

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