lunedì 10 giugno 2013
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Fa uno strano effetto sapere, dato che ogni volta che un suo allestimento kolossal è in cartellone c’è il tutto esaurito nei quindicimila posti dell’anfiteatro, che la prima volta come regista all’Arena di Franco Zeffirelli è abbastanza recente. «Era il 1995, meno di vent’anni fa, e realizzai la Carmen di Bizet che è ancora in repertorio a Verona», racconta il novantenne regista fiorentino. «L’impatto con l’immenso palcoscenico – ricorda oggi – mi costrinse a ripensare il mio approccio all’opera per far arrivare in modo nuovo le emozioni messe in musica dal compositori che avevo raccontato già molte volte».Cosa vuol dire, maestro Zeffirelli, fare lirica in Arena?Vuol dire cambiare marcia rispetto al modo di lavorare in teatro e mettere da parte tutto quello che si è fatto in precedenza. L’ho sperimentato con Aida che avevo allestito alla Scala, ma anche sul palcoscenico minuscolo di Busseto: pensarla per l’Arena mi ha imposto di cambiare linguaggio perché qui deve essere protagonista la musica, da esaltare nella sua dimensione spettacolare.È questo il motivo per il quale l’Arena da cento anni conquista il pubblico?L’Arena non l’hanno inventata né i veronesi né gli italiani. L’hanno realizzata i Romani per farci spettacoli circensi e giochi. Un luogo di grandi cimenti e confronti poi adattato a grandi eventi, anche sportivi. Che diventasse il luogo del più grande spettacolo per eccellenza, che è l’opera lirica, era conseguenza naturale. E funziona benissimo anche quando ospita concerti pop e rock. Questo dice che in ogni grande città dovrebbe esserci uno spazio simile per fare musica all’aperto arrivando a coinvolgere il maggior numero possibile di persone.Quale il suo spettacolo più riuscito?Direi il Don Giovanni dello scorso anno: nessuno pensava che Mozart, con il suo carattere intimo, potesse funzionare in questi spazi smisurati. Ogni sera, assistendo allo spettacolo, restavo colpito dalla straordinaria comunicazione che si creava tra palcoscenico e platea: questa è la forza della musica, il suo non avere limiti. Dimensione che l’Arena come nessun altro luogo sa esaltare.Toscanini, però, diceva che all’aperto si gioca a bocce, non si fa musica.Il successo dell’Arena lo ha smentito. Una serata a Verona diventa un rito collettivo in cui si celebrano le grandi opere del genio umano che è stato in grado di spingersi oltre i limiti imposti dalla natura realizzando la bellezza assoluta. La lirica, come la grande arte di Michelangelo, non ha tempo: la Cappella Sistina trasmette valori che arrivano immediatamente, così avviene con l’opera. Che dunque non ha bisogno di attualizzazioni o stravolgimenti inutili.
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