mercoledì 3 novembre 2010
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«E si va per ossari. Essi attendono / gremiti di mortalità lievi ormai». Sono versi di Andrea Zanzotto, uno dei poeti da sempre più attenti alla nostra memoria storica ed in particolare a quella della Grande Guerra. Quest’anno le celebrazioni del 4 novembre, fine del conflitto, appaiono come un anticipo di quelle per i 150 dall’Unità d’Italia, almeno per coloro che pensano alla prima guerra mondiale come quarta guerra d’indipendenza. Ma l’ossario che accomuna tanti caduti, risponde all’idea che la grande guerra abbia riunito il paese?«Forse sì, ma l’Unità d’Italia si è certamente formata prima. Anche se la Grande Guerra ha comunque dato molto al senso di unità. Perché tanta parte dei soldati semianalfabeti che erano al fronte, arrivarono per la prima volta a capire di appartenere a quella che è una nazione. È soprattutto una unità nel senso di identità culturale».L’italiano che tanti soldati hanno imparato in trincea è oggi un elemento di unità o è in crisi un po’ anche la lingua?«Tutte le lingue sono in crisi. Ormai, per paradosso, l’inglese sembra la lingua principale. Quando nel Medioevo si formarono le lingue attuali era importante un radicamento linguistico dialettale. Ma la differenza tra lingua e dialetto per essere definita necessita di una notevole cultura di filologia neolatina. Si noti ad esempio che nei testi di filologia neolatina vengono riportati come "italiano" tutti i dialetti. Non c’era e non c’è reale contrasto tra italiano e dialetti. Anche se ora si stenta ad avere nella pratica un uso veramente serio dell’italiano. È comunque importante che ci siano ancora dialetti vivi, come accade anche in altri paesi come la Spagna o la Francia». Ma nella storia d’Italia sembra sia stato più difficile il processo di acquisizione di un’identità condivisa...«Con una storia così contorta, se facciamo una specie di storiografia comparata vediamo che l’Italia è arrivata tardi ad una sua unità. Eppure c’era sempre comunque un profondo innegabile entusiasmo per l’idea di unità. La presenza di personalità come Garibaldi, ha trovato la forza di imporre questa idea. L’enfatizzazione delle differenze è un fatto recente, perché per secoli poeti e scrittori hanno esaltato l’Unità d’Italia come un mito difficile, ma che era doveroso realizzare». Nell’Italia di oggi, tanto travagliata, sotto spinte di diversa matrice politica e ideologica, ora che ci stiamo confrontando con un mondo aperto e una società multietnica, che significato ha celebrare l’unità della nazione?«È importante, anche se l’Italia si è formata più tardi rispetto ad altre nazioni come la Francia o la Spagna (che pure soffre ancora tante divisioni interne). Io direi che vale la pena di dare il giusto rilievo ad un festeggiamento dell’unità di Italia. E mi pare che abbiamo il presidente più adatto a questo. Che sa controllare le situazioni ed esprime la personalità più degna del momento».
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