mercoledì 18 gennaio 2017
A colloquio con Stefan Vinke, uno dei principali interpreti wagneriani, che fino al 5 febbario sarà Tannhäuser al Teatro La Fenice di Venezia e in estate Sigfrido al festival di Bayreuth
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I devoti di Richard Wagner lo avevano lasciato nei panni di Sigfrido la scorsa estate a Bayreuth, nel “Festspielhaus” fatto costruire in Baviera dall’irrequieta penna tedesca a misura delle sue partiture. Ucciso in una fabbrica chimica e accompagnato dalla maestosa marcia funebre che domina nel Crepuscolo degli dei e, nella giornata precedente del Ring des Nibelungen, a forgiare Notung “neidliches Schwert” (la «spada invidiabile») scena cardine di Sigfrido. Adesso ritroveranno il tenore Stefan Vinke a Venezia, nella più “wagneriana” delle città italiane dove il genio romantico è morto e dove ha scritto parte di Tristano e Isotta. Protagonista di Tannhäuser firmato dal controverso regista spagnolo Calixto Bieito che va in scena dal 20 gennaio al 5 febbraio al Teatro La Fenice.

«Il cavaliere poeta è lo specchio di ognuno di noi che cerca l’umano tangibile e al tempo stesso il senso trascendente della propria vita», spiega il tenore “eroico” originario della Bassa Sassonia. Fra le calli che si affacciano sulla laguna si racconta. Lui che nel 2000 era stato proclamato migliore “giovane cantante dell’anno” dalla rivista internazionale di lirica

Opernwelt

e che oggi è uno dei più richiesti interpreti wagneriani nel mondo. «Amo Venezia e amo Wagner. In questo momento mi trovo al centro di un connubio perfetto: sono nella città che preferisco in assoluto e che è stata venerata anche da Wagner. Di fatto unisco due passioni». Sorride Vinke. E poi parla del titolo che lo vede impegnato alla Fenice con la direzione di Omer Meir Wellber. «In Tannhäuser ma penso anche al Ring la redenzione passa dall’amore». L’amore salva il mondo? «Certamente – prosegue – ma non soltanto quello tra due esseri umani, l’uno per l’altro, ma l’amore per tutta l’umanità. Se il genere umano cessasse di combattere guerre per questioni territoriali o religiose, se non fossimo più xenofobi, se i ricchi e i potenti dei continenti sedessero accanto ai poveri e ai deboli invece di sfruttarli e trascurarli, se le risorse del pianeta fossero equamente distribuite in modo che noi tutti potessimo condividere la medesima responsabilità verso il bene comune, allora e solo allora l’amore, in senso più ampio del termine, salverà il mondo».


Nelle parole di Vinke sembra quasi di sentire l’eco di papa Francesco. E subito viene in mente Tannhäuser che si reca pellegrino a Roma per un perdono a cui non è ancora preparato e che giungerà come «miracolo di grazia» (canta nel finale dell’opera il coro dei pellegrini) dopo la morte per amore della pura Elisabeth e mentre il pastorale del Papa fiorisce come segno di «misericordia» celeste e «redenzione», si legge nel libretto. Aspetti che toccano nell’animo il tenore. A Bayreuth Vinke aveva animato la scorsa estate la Messa domenicale nella principale chiesa cattolica. «Non mi avvicino ai titoli di Wagner limitandomi unicamente al punto di vista religioso, ma lo faccio prima di tutto come artista – tiene a precisare –. È innegabile che ci siano numerosi riferimenti al sacro nei capolavori del maestro: cito Parsifal, Lohengrin o appunto Tannhäuser. Sono rimandi alla fede ma non specificamente di stampo cattolico».


Poco (o nulla) ci sarà di religioso nell’allestimento di Tannhäuser a Venezia, già andato in scena a Gent in Belgio e coprodotto con l’Opera di Anversa e il Teatro Carlo Felice di Genova. Bieito lascia ai margini il duello fra amore sensuale e amore spirituale (filo conduttore dell’opera) e scommette sull’opposizione fra natura e cultura. Il Venusberg, il monte di Venere dove il cantore girovago viene tentato e sedotto dalla dea, è una foresta e Venere mostra quello stato di natura in cui il desiderio è accolto liberamente. Poi il posto sarà preso da scene fredde e quadrate che lasciano intravedere una cultura che imprigiona.


A Melborune, in Australia, Vinke ha appena concluso l’intero ciclo della Tetralogia: era Sigfrido. Lo stesso ruolo che da due anni interpreta nel tempio “sacro” di Bayreuth e per il quale è stato confermato anche la prossima estate. Nella sua carriera ha interpretato tutto il repertorio wagneriano, compreso Rienzi. Ma il suo nome è legato soprattutto al Ring e a Sigfrido. «È l’eroe, lo spirito libero della Tetralogia. Ed è colui che Wagner ha sempre voluto essere. Lo considero una figura positiva, curiosa in quanto vuole conoscere le sue radici. Assistiamo a una vera e propria crescita interiore di Sigfrido che supera la visione del mondo di Mime, colui che lo alleva ma anche lo circuisce, e di Wotan, il “re degli dei”. Quando Sigfrido trova la sua bussola morale, è in grado di realizzare la sua libertà».


A Bayreuth Vinke si cimenta nell’Anello prodotto per il bicentenario wagneriano (2013) con la contestata regia di Frank Castorf che ambienta i quattro titoli fra motel dell’americana Route 66, pozzi petroliferi in Azerbaigian, piazze di Berlino, stabilimenti industriali e Wall Street. «Credo che la condanna del potere economico al centro di questa edizione – afferma il tenore – sia un punto di vista, non quello del compositore. Sicuramente una grande opera è aperta a innumerevoli letture». E l’approdo al “Festspielhaus” ha segnato la consacrazione di Vinke. «A Bayreuth un cantante wagneriano tocca il suo apice ed è su quel palcoscenico che desidera esibirsi. Anche per il pubblico che riesce a ottenere i biglietti dopo anni di attesa è un privilegio simile a quello che vive un artista. Del resto gli spettatori considerano questa esperienza alla stregua di un pellegrinaggio verso il “santo Graal” del maestro».


La carriera di Stefan Vinke

Dalla Bassa Sassonia ai palcoscenici del mondo. Il tenore Stefan Vinke è originario del Land che ha come capoluogo Hannover. Dopo gli studi a Colonia ha debuttato al Badisches Staatstheater di Karlsruhe ed è stato il più giovane tenore “eroico” del Nationaltheater di Mannheim. All’Opera di Lipsia ha indossato i panni di Rienzi e Walther von Stolzing nei Maestri cantori. Nel 2006 sarà per la prima volta Sigfrido all’Opera di Colonia. Ruolo per il quale oggi è fra i nomi più richiesti sulla scena internazionale. Ha interpretato l’intero repertorio wagneriano. Ha lavorato con direttori come Simon Rattle, Antonio Pappano, Jeffrey Tate. Alla Fenice di Venezia – fino al 5 febbraio – sarà Tannhäuser e avrà accanto Liene Kinca (Elisabeth), Ausrine Stundyte (Venere), Pavlo Balakin (Herrmann). Dal 25 luglio al 28 agosto, nel festival di Bayreuth, interpreterà Sigfrido nella Tetralogia diretta da Marek Janowski.


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