giovedì 5 agosto 2021
L'annuncio del campione 42enne: dopo una carriera trentennale il suo prossimo ritiro è ufficiale
Valentino Rossi

Valentino Rossi - Ansa

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Una decina di gare ancora per il più lungo dei giri d'onore, una passerella di cento giorni esatti prima di chiudere un'era: Valentino Rossi si ritirerà a fine stagione, al termine di questa edizione del Motomondiale. Rossi, ritiro: ora che è ufficiale sembra impossibile, eppure il prossimo 14 novembre sul circuito di Valencia, con il suo addio, si chiuderà un'epoca dorata per il motociclismo.

Nella conferenza stampa di questo pomeriggio a Spielberg - dove nel weekend la MotoGp tornerà in pista per il gran premio di Stiria - sul volto di Valentino c'era il sorriso dei bei giorni, ma non c'era allegria; sentirlo parlare al passato e con un registro semantico caratterizzato da “purtroppo”, “tristezza” e “dispiacere”, la dice lunga su quanto sofferta sia stata la decisione per il pilota che ha segnato il motociclismo contemporaneo, disegnandone volta per volta il futuro.

«Ho deciso di fermarmi a fine stagione: mi ero dato un tempo e ho deciso smettere a fine anno», dice, e già questo potrebbe bastare, ma nei paraggi della notizia ci sono le sensazioni, quelle che ammettono come si tratti di «un momento triste e difficile», le preoccupazioni per una «vita che dal 2022 cambierà», il ricordo di una carriera nella quale «è stato indimenticabile tutto quello che ho vissuto, è stato grandioso, mi sono divertito tantissimo e mi dispiace troppo. Avrei voluto correre per altri 20-25 anni, ma purtroppo non è possibile».

Trent'anni di carriera, ventisei nel Motomondiale, nove titoli iridati e 199 podi, ma ridurre la sua storia a un elenco di numeri non ha senso, considerando ciò che Valentino ha rappresentato per l'intero movimento. Non era un caso che oggi, in sala, ci fosse Carmelo Ezpeleta, il numero uno di una Dorna che dovrà gestire il dopo-Rossi.

Sembra una banalità, perché certo il Motomondiale continuerà anche senza di lui, ma fra le lucide parole di Valentino, ieri di una disarmante genuinità, ha fatto capolino anche una colossale verità che deve avere preoccupato Ezpeleta: «Non so perché, ma la differenza tra me e tutti gli altri grandi piloti è che ho portato tante persone a vedere le gare, molta gente ha iniziato a seguire il motociclismo con me, un po' come è successo con Alberto Tomba per lo sci».

Trascinati dalla sua formidabile capacità comunicativa (anche oggi: con il solo annuncio, sebbene fosse nell'aria, Rossi ha eclissato l'oro di Stano e il caso Lukaku), sin dalla sua comparsa sul palcoscenico della 125 nel 1996 hanno preso ad appassionarsi ai risultati delle moto anche coloro che il Motomondiale non se l'erano mai filato. L'hanno visto esplodere e diventare venerato maestro, ne hanno accompagnato la crescita (anche nei soprannomi: dall'adolescente Rossifumi al maturo Dottore), lo hanno difeso con foga manichea dagli attacchi dei rivali e gli hanno perdonato uscite di pista - e qui non si intendono quelle sui circuiti - anche clamorose.

Mille avversari e mille rivali, altrettante polemiche, una cerchia di amici veri, un fratello che ora gli finisce a volte pure davanti, un team tutto suo, gli sketch irriverenti, la capacità di dettare sempre l'agenda da vincitore e persino quando ha smesso di vincere. Immanente in un motociclismo che lui stesso, svecchiandolo con una certa sfrontatezza, ha contribuito a modernizzare sotto l'aspetto mediatico.

Rossi figlio d'Italia oltre che di papà Graziano e mamma Palma, figlio di tutti pur avendo superato abbondantemente i 42 anni. Il 43esimo non lo festeggerà da pilota - non in moto: «Penso che correrò con le auto,ma è un processo in divenire» - ma la passerella sarà quasi letteraria. Lo Sparring partner di Paolo Conte, quello al quale gli applausi «son dovuti per amore», il Coluccini di Soriano (Un'ombra ben presto sarai) che si gioca i ricordi a carte, perché quello gli rimane. È tempo di dimenticare gli inviti a farsi da parte, le risatine sui risultati deludenti; resta la leggenda con l'ultimo sogno, il podio numero 200. La Messa è quasi finita. «Grazie, è stato un piacere. Mi sono divertito».

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