giovedì 10 settembre 2015
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Uno Stabat Mater per Aylan. Un racconto in musica del grido di dolore di Maria che tiene tra le braccia il corpo del figlio in memoria del bambino siriano di Kobane di tre anni trovato morto sulla spiaggia di Ali Hoca Burnu a Bodrum in Turchia. Maria mostra al mondo Cristo crocefisso per denunciare l’orrore, la violenza. Ma anche per dire che quella morte è un seme gettato. Un seme dal quale germoglierà la salvezza. Un grido al quale l’uomo risponde chiedendo di poter condividere quel dolore. E di fronte allo Stabat Mater pensi ad Aylan Kurdi. L’immagine del suo corpo senza vita tra le braccia di un soccorritore ha scosso il mondo. Ha messo in moto un meccanismo di accoglienza sino a poco tempo prima inaspettata che, molti sperano, possa essere la salvezza per chi bussa alle nostre porte.Ad Aylan il Teatro San Carlo di Napoli dedica la prima assoluta dello Stabat Mater di Roberto De Simone. Una partitura che l’ottantaduenne compositore partenopeo, fedele al testo attribuito a Jacopone da Todi, ha scritto guardando alla grande tradizione sacra, quella di Giovanni Battista Pergolesi e quella di Johann Sebastian Bach. Tanto che il sottotitolo è “Da Giovanni Sebastiano a Giovanni Battista”. «La dolorosa realtà dell’immigrazione che in queste settimane ha sconvolto la nostra quotidianità facendoci fare i conti con il dramma dei profughi ci ha spinto a dedicare ad Aylan il nostro Stabat Mater. Il grido di dolore di Maria diventa quello di tante madri che oggi piangono i loro figli che muoiono su un barcone o nel cassone di un tir» riflette De Simone.Prima assoluta della pagina, mercoledì 16 alle ore 18.00 al San Carlo: sul podio Maurizio Agostini che guiderà orchestra, coro e coro di voci bianche del teatro partenopeo, ma anche un coro gospel (le voci saranno quelle di Cheryl Porter, Darrell Hill, Leslie Sackey e Denise Elessa) e un ensemble di fisarmoniche (Ivano Battiston, Mariostefano Pietrodarchi, Giuseppe Loiero, Giancarlo Palena, Luca Colantonio, Giuseppe Gualtieri e Giuliana Soscia). Perché nella partitura di De Simone «Le note di Pergolesi e Bach sono rilette alla luce di una sensibilità moderna che in trasparenza già c’è nei due autori. Bach – spiega il compositore e regista, fondatore della Nuova compagnia di canto popolare – due anni prima di morire trascrisse lo Stabat Mater di Pergolesi, traducendo in tedesco il testo latino. Un’operazione destinata al culto, forse un omaggio alla Scuola napoletana che nella seconda metà del Settecento era conosciuta in tutta Europa». Ma per De Simone il musicista di Lipsia «fu folgorato dalla scrittura moderna e innovativa di Pergolesi al punto da voler provare a farla propria». Un percorso che dal Settecento arriva sino al nostro oggi innestando sulla scrittura colta i ritmi popolari che da sempre sono la firma di De Simone, autore della Cantata dei pastori e della Gatta Cenerentola. «Non sono un compositore razionale – dice il musicista –, non mi piace analizzarmi, cercare i significati che stanno alla base dei miei lavori. Lascio che lo facciano gli altri. Posso però dire che scrivendo questo Stabat Mater ha avuto la meglio il sentimento: il testo racconta un dramma universale, il dolore di una madre di fronte alla perdita del figlio, che suscita pietà e che non può non scuotere le coscienze». Ecco allora che l’attualità del dramma di Maria così come lo ha voluto raccontare De Simone «non può non far pensare ad Aylan annegato insieme al fratellino di cinque anni Galip e alla mamma Rehan mentre inseguivano il sogno di raggiungere l’Europa».Prima dello Stabat Mater al San Carlo risuoneranno le parole di Nazim Hikmet e della sua poesia La bambina di Hiroshima. «Apritemi sono io… busso alla porta di tutte le scale, ma nessuno mi vede perché i bambini morti nessuno riesce a vederli» scriveva Hikmet. Oggi tutti hanno negli occhi le immagini di Aylan. Il mondo le ha viste. E sta provando a cambiare. De Simone, che già da qualche tempo aveva terminato la partitura del suo Stabat Mater, racconta «il dolore per una morte», ma cerca anche di «far intravedere una speranza, quella della salvezza».
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