mercoledì 20 giugno 2012
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​Una storia lastricata di santi. È quella delle università europee che a partire dal Medio Evo fino all’età moderna affidavano a un patrono la protezione della didattica e degli studi. Conferma Patrizia Castelli, una delle curatrici del convegno internazionale in programma da domani a sabato a Bologna su iniziativa del Centro interuniversitario per la storia delle università italiane (Cisui): «In occasione delle feste erano organizzate iniziative sacre e profane. Le lezioni era sospese e ci si divertiva. Per questo le università, pur incoraggiando la devozione, cercavano di limitare il numero dei patroni per garantire la regolarità delle lezioni». Nella "hit parade" dei santi accademici la star era indubbiamente Caterina d’Alessandria. Martire nell’ultima persecuzione del IV secolo la sua figura, tratteggiata come una giovane principessa intrepida nel misurarsi con l’imperatore e i saggi della sua corte sulle più alte verità della fede, divenne il prototipo della «donna cristiana sapiente». In questa veste fu assunta a patrona da alcune fra le più importanti università europee come Vienna e Graz; Luigi IX la designò come protettrice dell’università di Parigi, in Italia fu adottata da Siena e Padova. A lei furono dedicati a Cambridge il St. Catharine college e a Toledo il Collegio Real. La patrona venne rappresentata in stemmi e sigilli, in suo onore si composero orazioni e rappresentazioni teatrali, le dedicarono cappelle, innumerevoli ritratti e statue. Ma fu anche al centro, nell’ultimo decennio dell’Ottocento, di una polemica feroce tra il rettore di Padova Carlo Francesco Ferraris e lo storico Andrea Gloria che accusava il primo di sincretismo per la decisione di inserire la santa nel sigillo dell’ateneo. Simona Negruzzo, dell’Università cattolica, spiega il successo di quella che fu definita la «Minerva cristiana». «Caterina è la patrona ideale perché è martire, perché è una donna, e perché testimonia la sua fede con semplicità, confondendo i potenti. Lei è debole e forte nello stesso tempo e per questo diventa punto di riferimento». Il fenomeno Caterina aveva contagiato anche l’Università di Parigi ricorda Jacques Verger della Sorbona. Ma non era la sola ad essere festeggiata. «Gli studenti, molto sensibili a questa devozione, onoravano anche san Nicola e alcuni santi il cui culto era legato ad un territorio particolare come Firmino ad Amiens. Tra i patroni dell’universitas degli scolari senesi compare, solo nel 1480 con sicurezza, Bernardino degli Albizzeschi, canonizzato trent’anni prima e molto venerato dai suoi concittadini, che avevano potuto apprezzare le sue virtù sino da quando, prima di pronunciare i voti, aveva frequentato per un triennio, sul finire del Trecento, i corsi di diritto canonico nel locale Studio. «Ciò che maggiormente colpisce del suo apostolato» spiega Paolo Nardi (Università di Siena) «è il suo instancabile peregrinare per città sedi di prestigiosi atenei ( ad esempio Pavia, Padova, Bologna, Siena, Firenze), che gli consentiva di stringere rapporti di amicizia con docenti autorevoli, per lo più giuristi e con gli stessi studenti, in modo da ravvivare in lui l’attenzione e la sollecitudine per i problemi del mondo universitario, come dimostrano certe sue prediche in volgare».Solo piuttosto tardi, verso la metà del XVI secolo, conosciamo invece i protettori dell’Università di Pisa. Ricorda <+nero>Marialuisa Ceccarelli<+tondo> (Università di Pisa): «Non ci sono infatti pervenuti statuti né si ha notizia della loro esistenza fino a quelli di Lorenzo de’ Medici alla fine degli anni Settanta del XV secolo, che non nominano i patroni dell’Università ma solo le vacanze accademiche concesse per le festività di alcuni santi: in particolare Agostino, Girolamo, Ambrogio, Gregorio, facilmente spiegabili in quanto riconosciuti dottori della Chiesa e protettori degli studi». Per la comunità universitaria di Lovanio il Medio Evo è caratterizzato da un rapporto molto stretto con i santi onorati nella chiesa di Saint-Pierre, il cui capitolo era stato tra i protagonisti della fondazione dell’Università nel 1425.Particolare la situazione in Ungheria dove i primi atenei nacquero nel 1300 ma dove le notizie sui patroni sono scarse e incerte: addirittura Giuseppe II proibì la scelta di un santo per le facoltà universitarie. «Dobbiamo aspettare fino alla formazione delle accademie gesuitiche per poter avere la documentazione» osserva József Pál (Università di Budapest). «L’ ateneo che ebbe un vero sistema dei santi fu quello di Nagyszombat, fondato nel 1635, dal cardinale Pázmány». Nel convegno ci sarà spazio anche per un intrigante "giallo" artistico. «Nella chiesa di San Salvatore a Bologna» racconta Raffaella Pini (docente all’Alma mater studiorum) «è conservato il bel polittico con l’Incoronazione della Vergine, opera del grande Vitale da Bologna e identificato con la tavola commissionatagli dal priore nel 1353. Nel contratto, datato 6 luglio, il pittore si impegnava a dipingere una tabulam decem figuris et istoriis da collocare sull’altare di san Tommaso di Canterbury. Il fortunato reperimento del documento ha permesso di chiarire meglio alcune dinamiche precedenti la genesi del polittico ma restano ancora irrisolti altri interrogativi inerenti i soggetti rappresentati e, soprattutto, la committenza. La mia ipotesi è che questa sia da ricercare proprio nella schiera degli studenti inglesi che avevano eletto la chiesa del San Salvatore e l’altare di Thomas Becket quale punto di incontro e devozione». E oggi? «Il legame tra l’università e i suoi santi è molto labile» sintetizza Patrizia Castelli. «In molti atenei ne rimane traccia solo nella Messa che apre l’anno accademico».
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