mercoledì 10 dicembre 2008
A sessant’anni dalla Dichiarazione dei diritti umani, le violazioni contro la libertà di religione sono addirittura in crescita.
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La ibertà religiosa: una storia antichissima. Nel politeismo dell’antica Grecia o dell’impero romano prima di Costantino era lecito scegliere gli dèi da adorare. Vigeva un notevole pluralismo religioso, a condizione di non cadere nell’empietà, in base a cui Socrate da un lato e i martiri cristiani dall’altro potevano essere mandati a morte. All’inizio della modernità la libertà religiosa fu forse il primo diritto ad essere riconosciuto in dichiarazioni e trattati ben prima della costituzione delle Nazioni Unite. Successivamente la Dichiarazione universale del 1948 affermò: «Ogni individuo ha diritto alla libertà di pensiero, coscienza e religione», aggiungendo che tale diritto include la libertà di manifestare la propria religione sia in pubblico che in privato e di cambiarla. Il diritto alla libertà di religione è centrale nel sistema dei diritti umani, ma nessuna costituzione di Stati definisce la nozione di religione. I totalitarismi del XX secolo hanno costituito un attacco senza uguali alla libertà religiosa, nell’intento di schiacciarla senza pietà. Con il 1989 sorsero speranze di forte mutamento, presto seguite da delusioni quali il terrorismo, la ripresa dei nazionalismi, i conflitti multiculturali e nuove gravi violazioni dei diritti umani. Già prima del 1989 era terminata l’onda lunga della decolonizzazione, con la nascita nel Sud del mondo di governi corrotti e incapaci, e quasi dovunque di reiterati contrasti religiosi. Nel complesso rapporto tra religioni e diritti umani, fatto di intese e di difficoltà, sorgono alcune domande: in che misura il fatto religioso attivo nel mondo contemporaneo aiuta od ostacola il riconoscimento e la fruizione dei diritti umani? Come si intende la libertà religiosa in Oriente e in Occidente? Se ne riconosce la dimensione personale, collettiva e istituzionale? In che senso tale libertà è un bene per ogni società? Alcune religioni - o meglio correnti a loro interne - possono contraddire diritti centrali, invitando ad uccidere in nome di Dio o a non rispettare l’uguaglianza fondamentale tra gli esseri umani. L’integralismo antiumanista di ogni specie odia forsennatamente l’idea di eguaglianza umana, tra cui quella tra uomo e donna, aizzando ad attaccare in specie le religioni portatrici di un messaggio di uguaglianza e di liberazione sociale. Oggi il mancato rispetto della libertà religiosa è un fenomeno in crescita. Rapporti recenti sostengono che sono più di 60 i paesi in cui il diritto alla libertà religiosa è negato o fortemente limitato (Cina, Corea del Nord, Cuba, Turkmenistan, Myanmar, molti Paesi islamici tra cui Arabia. Saudita, Sudan, Eritrea, e numerosi Stati asiatici). Il mancato rispetto della libertà religiosa è un’emergenza mondiale analoga ad eventi che colpiscono molto maggiormente l’opinione pubblica: disastro finanziario mondiale, crisi ecologica, corsa agli armamenti. A fatica prendiamo coscienza che la libertà religiosa assume un posto crescente nel sistema dei diritti umani, emergendo come una verifica della qualità delle democrazie. La vicenda della libertà religiosa non può essere separata dall’intera tavola dei diritti, il cui bilancio a 60 anni dalla Dichiarazione universale conduce ad una valutazione non lusinghiera. È il sistema dei diritti che è oggi a rischio e con esso la persona umana: la sua tutela appare un valore primario solo in alcune parti del mondo, mentre in immense regioni è assente o gravemente intaccato. Un contrasto tragico cattura dolorosamente la nostra attenzione: in limitate parti del pianeta popoli e individui sono attualmente più consapevoli dei loro diritti e del loro valore, in altre e più ampie aree enormi masse non ritengono di aver diritto ad alcunché, quasi disprezzano se stesse e non nutrono alcuna autostima. Si ritengono dei «signori nessuno», dei reietti. Mentre i primi sanno dove rivolgersi per ottenere riconoscimento, per i secondi il problema non si pone perché non c’è alla base alcuna richiesta di essere riconosciuti. Sono proprio coloro che hanno urgente bisogno che i propri diritti siano tutelati a dover essere informati che tali diritti esistono ed esistono per loro. I diritti umani sono in serie difficoltà specialmente per la mancanza di domanda di diritti, quasi assente in tanti contesti geoculturali, e per la carenza di istituzioni di garanzia che operino un monitoraggio dei diritti umani e riescano ad emettere sanzioni credibili e «giustiziabili»: esito non agevole perché la forma del potere è oggi sfuggente, amorfa, sparpagliata, talvolta occulta. La tavola dei diritti non va riscritta, come alcuni ritengono operando una fuga in avanti, ma diffusa e rispettata molto meglio di quanto oggi accada.
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