sabato 24 aprile 2010
Discernimento, persona, anima: tre parole chiave per una trama di riflessioni culminata nella relazione del presidente della Cei, il cardinale Bagnasco. «Testimoni digitali»: continua il confronto a tutto campo
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«E pensare che c’era il pensiero», cantava sul finire del secolo scorso il profeta laico Giorgio Gaber. Una canzone amara, che denunciava l’egemonia del fare e dell’agire, senza senso e senza scopo. Il dominio di una tecnologia che s fa idolatria. Per fortuna che c’è il pensiero, veniva da pensare ieri alla seconda, densa, densissima giornata di «Testimoni digitali». Per fortuna c’è chi nella rete si mette pure a pensare sul senso della rete stessa, e sui suoi nodi ed intrecci; e non soltanto agisce, inebriato dal potere seduttivo della tecnologia.Una parola che segni la giornata? Più d’una. La prima è discernimento. La traduciamo: voglia e capacità di osservare, ascoltare, comprendere. Insieme, confrontandosi con chi condivide la stessa passione. E come stile permanente. L’invito al discernimento, in modo esplicito, è di monsignor Claudio Giuliodori, presidente della Commissione episcopale per la cultura e le comunicazioni sociali, e di padre Antonio Spadaro, gesuita redattore della «Civiltà cattolica». Discernimento, spiega Giuliodori, senza chiusure superficiali né ingenue adesioni. Più nel dettaglio: conoscenza approfondita, attenta valutazione critica del mondo dei media e della loro influenza. Per Spadaro, se internet è «il luogo delle risposte», spesso affastellate senza una logica chiara, il discernimento consiste innanzitutto nel riconoscere le domande vere all’interno del parco delle risposte. Discernimento. C’è una gran voglia di consapevolezza, di intelligenza, di chiarezza. Di conoscere rotte e venti nel mare della crossmedialità. E al discernimento si rifà il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei, quando invita gli animatori della comunicazione e della cultura a impegnarsi «con intelligenza e fiducia, senza assolutismi ingenui e acritici o demonizzazioni apocalittiche».La seconda parola è in realtà un gruppo di parole tra loro simili e amiche: persona, uomo, antropologia. «Occorre portare una visione piena e integrale dell’uomo – è l’invito di Giuliodori – un uomo chiamato alla piena comunione con Dio e con i fratelli. Anche nella realtà digitale». È il «nuovo umanesimo digitale» di cui parla Chiara Giaccardi, presentando un’accurata ricerca sui giovani e il mondo digitale, con la rete come «luogo antropologico», dove la relazione può essere centrale, il rischio dell’individualismo disinnescato, lo spazio digitale costruito veramente dal basso. I giovani di cui parla Chiara Giaccardi sono diversi dai bamboccioni privi di sugo emergenti da altre rappresentazioni frettolose, superficiali e facilone, ma di maggiore appeal…Un’altra parola è anima. Anima cristiana. E si trova al centro dell’intervento di Bagnasco, quando indica «le strade possibili di un’anima cristiana per il mondo digitale». E subito collegata a questa ci sono relazione e comunità, perché «dare un’anima – è sempre Bagnasco – significa restituire densità alle relazioni leggere della rete». Comunità: i mass media, la loro comprensione, la competenza nel saperli leggere e interpretare e «usare» spetta a tutti, non a una minoranza di addetti ai lavori. Il sociologo Guido Gili è netto: «Nell’ambiente globalizzato spetta a tutti comunicare. A tutti darsi una formazione adeguata. A tutti essere comunicatori allenati». Spetta a tutti essere testimoni in quello che Gili definisce «un campo di battaglia, di tensioni, di conflitti». E Spadaro ricorda: è necessaria la testimonianza di tutti, tutti i naviganti del Web. Tutti surfisti, chiamati a domare le onde dei media.Il convegno sui nuovi (e vecchi…) media si rivela così un appuntamento che dimostra di avere a cuore sempre e comunque la persona, la sua capacità di vivere una vita consapevole, e quindi libera. È un convegno che si rivela un continuo invito alla creatività e alla fantasia, come emerge dalle testimonianze di lavoro sul campo, dal settimanale diocesano alla sala di comunità, da Tv2000 lanciata sul digitale terrestre al quindicinale aquilano risorto nella redazione container, dal neonato servizio parrocchie.map al Portaparola, fino al Consorzio editoria cattolica.È un convegno che vive in sala e fuori, dove si ritrovano amici antichi e si allacciano amicizie nuove, e la rete si arricchisce di nodi, ed è un continuo scambio di idee, esperienze, valutazioni. I «Testimoni digitali» sono assai reali e amano guardarsi in faccia e parlarsi senza schermi. È un convegno la cui colonna sonora - un brusio fatto di dozzine di voci sottovoce - non è un difetto ma un pregio. Sono comunicatori che amano dialogare.
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