mercoledì 24 giugno 2015
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​Che cos’è dunque, per me, spiritualità? È fondamentalmente interiorità, è il mondo interiore dell’essere umano, declinato in forma duale, al femminile e al maschile, come due modi differenti di essere, complementari e conflittuali.È coltivazione di sé, non per sé, ma contro il mondo. Non fuga mundi, come non è stata mai nemmeno per il monachesimo, ma presenza nel mondo, inattaccabile dall’esterno. Una sorta di vallum, eretto a difesa, entro cui si può dire: ecco voi qui, con le vostre idee, non mi prenderete, e da cui si può ripartire per sortite d’attacco agli assedianti. La guerra ormai è guerriglia. Anche la guerra del pensiero, l’unica che valga la pena di combattere.Un mondo interiore vasto, più vasto del mondo esterno, tendenzialmente infinito. Oggi si viaggia correndo. Non si fa in tempo a vedere quello che si guarda. Si bombardano gli adolescenti di immagini, senza preparare quel delicatissimo ricettacolo entro cui accoglierle e assorbirle, per poi giudicarle. Si spediscono i giovani nei lidi più lontani, trapiantandoli prima ancora di aver messo radici. Non si calcola che perdono più di quello che guadagnano. Alla fine, sono informati su tutto, ma non crescono in niente.Bisognerebbe, da bambini, appena cominciano a camminare, sussurrargli all’orecchio le parole di Emily Dickinson: «Per quanto lontano tu possa andare, non potrai mai raggiungere i confini della tua anima». Al punto in cui stanno le cose, educazione alternativa vuol dire far sapere, far capire, che c’è qualcosa di non misurabile, di non calcolabile, di non sottoponibile a ragione strumentale: infinito anche come indefinito, non dicibile in numeri, in leggi, in codici e soprattutto oggi in immagini.Ecco, io trovo, in questa rivendicazione di esistenza dello spirito libero, una forte e profonda carica antagonistica nei confronti dell’attuale organizzazione della vita. A volte mi sembra che questa sia l’ultima e definitiva e decisiva frontiera di resistenza all’aggressione del mondo di fuori, considerato – come io lo considero – un mondo nemico; e il primo, più profondo, incisivo ed efficace punto culturale di attacco al suo attuale ordine di senso, al presente dominio democratico sulle coscienze.Ripeto. Bisogna stare attenti a non considerare la spiritualità come un benessere interiore, la cura di sé per trovare l’armonia con il mondo. Non è la palestra dove andare a fare ginnastica dell’anima. Nemmeno è il De tranquillitate animi del filosofo. O è cor inquietum o non è nulla. Inquietudine, non su di sé ma sul mondo, e sull’uomo nel mondo. Non appena rientri in te stesso, come ci consigliava appunto Agostino, ti trovi in conflitto con gran parte di quello che ti sta intorno, perché saltano davanti ai tuoi occhi due realtà inconciliabili.Stare in pace con sé vuol dire entrare in guerra col mondo. La spiritualità ha una storia lunga, arriva a noi da molto lontano, da molto più lontano del tempo misurato dall’eone cristiano. E la Grecia classica è solo un passaggio. Panikkar ci parla di quel «terzo senso» che è come un «barlume» più o meno chiaro che nella vita c’è qualcosa in più di ciò che è percepito dai sensi o inteso dalla mente; un «qualcosa in più» di ordine diverso, che non è un prolungamento orizzontale verso ciò che ancora non sappiamo o ancora non siamo, è piuttosto un salto verticale verso un’altra dimensione della realtà.Terra-cielo è la condizione dello stare eretti, cioè non piegati sotto qualcosa o qualcuno, come ci ha insegnato Ernst Bloch. E dunque è la condizione dell’essere liberi. Quando Di Vittorio diceva: noi comunisti abbiamo insegnato ai braccianti a non togliersi il cappello davanti al padrone, descriveva un gesto di alta libera spiritualità.
E tuttavia quella conflittualità della spiritualità, cioè l’insopportabilità delle cose così come sono che essa comporta, la troviamo soltanto nella tradizione più nostra, quella ebraico-cristiana. È quel passaggio, quel salto, dal cosmico allo storico, che la dimensione umana compie con l’annuncio del Regno di un Dio incarnato, aprendo la grande porta del Moderno. Ma l’avvento messianico e la spiritualità moderna trovano un preannuncio nella sapienza e nella profezia bibliche del Primo Testamento. Il seguito postevangelico sarà nei Padri del deserto.Enzo Bianchi (in Le parole della spiritualità. Per un lessico della vita interiore, Rizzoli 1999) ci racconta di quando all’inizio del IV secolo, in piena crisi dell’assetto imperiale, cominciò a risuonare quell’invocazione: «Abba, dimmi una parola!». Si cercava, e si trovava, una parola per la vita, per dare un senso all’esistenza e un linguaggio all’interiorità, un nome alla realtà dello spirito.
La mia tesi è questa: la spiritualità è un linguaggio della crisi. Ecco perché nella crisi della politica di oggi entrano, devono entrare, le parole della spiritualità. Il tema duro che qui affrontiamo è il rapporto tra politica moderna e spiritualità occidentale. Un tema liberatorio, rispetto ad alcune strettoie in cui il discorso era andato a infilarsi e che infatti è come se raggiungesse la radura all’uscita dal bosco.Io vengo dalla lotta di classe, dalla teoria e dalla pratica della lotta di classe. Considero una benedizione di Dio aver potuto partecipare a quella vicenda, sia pure nei suoi esiti ultimi. A rivederla oggi, dal dopo insulso che ne è seguito, se cerco lì dentro quel "barlume" dello spirito, quel qualcosa in più di un ordine diverso, lo trovo nel salario conquistato dai lavoratori e non nei profitti accumulati dai capitalisti.Nella nostra storia, c’è stata una spiritualità profonda, tutta da riconoscere, nel vecchio contadino senza terra, nell’operaio di mestiere in fabbrica, nella madre di famiglia che porta da mangiare agli scioperanti, nel militante di base che fa politica in piena gratuità, nell’azione del cooperare, del solidarizzate, dell’organizzare e del lottare. Insomma, politica e spiritualità vuol dire imparare a saper evocare il soffio dello Spirito per disordinare il mondo.
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