giovedì 6 marzo 2014
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È oggi molto facile in Italia visitare mostre realizzate come "pacchetti" mediatici, nati dalle offerte di qualche museo in restauro, che "dà in prestito" le sue opere, in cambio di un consono compenso in denaro. Molto più difficile è invece costruire mostre che nascono da un’attenta riflessione su di un tema, in relazione a un’area culturale, dopo una lunga ricognizione sul territorio delle opere, che vengono poi restaurate e studiate in un contesto ricostruito in tutta la sua complessità artistica, teologica, filosofica...Secondo queste ultime caratteristiche, a cura di Domenica Primerano e di Domizio Cattoi, domani (venerdì 7 marzo) si apre a Trento presso il Museo Diocesano Tridentino la mostra Arte e persuasione. La strategia delle immagini dopo il concilio di Trento (fino al 29 settembre, catalogo edito dal Museo Diocesano Tridentino e dalla Tipografia Editrice Temi) che analizza, per la prima volta, il rapporto tra le decisioni assunte dal Concilio in materia di immagini sacre in uno specifico ambito, quello tridentino, che nel ’500 è un vero e proprio territorio di frontiera. La mostra riflette innanzitutto sul dibattito che si accende sul tema delle immagini. In modo particolare, a partire dal decreto conciliare Della invocazione, della venerazione e delle reliquie dei santi e delle sacre immagini, la Chiesa Cattolica legittima l’uso delle immagini, assumendo una precisa posizione contro l’intransigenza iconoclasta della Riforma protestante. Se da un lato si precisa l’attenzione alla correttezza iconografica delle singole immagini, anche attraverso una vera e propria censura esercitata dalle autorità religiose, dall’altro si sottolinea il ruolo dell’immagine come luogo di una relazione tra il fedele e il modello a cui essa si riferisce. Contro il rischio di un’"anarchia" delle immagini, o del proliferare di surrogati o di fraintendimenti, si danno prescrizioni, consigli. L’immagine deve insegnare, mostrare, illustrare. È uno strumento finalizzato alla divulgazione e alla spiegazione dei testi biblici. Una sorta di Biblia pauperum, come già esplicitava secoli prima papa Gregorio Magno: «La pittura può servire all’analfabeta quanto la scrittura a chi sa leggere», celebre adagio ripreso in seguito nel XVI secolo nei trattati di Gabriele Paleotti (1522-1597), arcivescovo di Bologna, e di Carlo Borromeo (1538-1584), arcivescovo di Milano. Tutto deve essere finalizzato a rafforzare l’effetto della comunicazione, la capacità di penetrare nelle coscienze. L’arte deve persuadere, è chiamata a suscitare emozioni, sentimenti finalizzati alla devozione. Il <move-re e il delectare procedono dallo stesso desiderio di insegnare le verità della fede. L’arte deve "commuovere", nel piacere della visione dell’immagine. Il tema del coinvolgimento dello spettatore, attraverso la verosimiglianza, l’immedesimazione, la comunicazione chiara e immediatamente comprensibile sarà quindi fortemente sviluppato, in modo che attraverso le rappresentazioni della storia della salvezza l’uomo possa ringraziare Dio, adorarlo e amarlo, possa imitare la vita dei martiri e la loro santità. L’immagine non è mai semplicemente tela, disegno, materia. Il desiderio del fedele trasforma infatti l’immagine in presenza viva. Come se pregando davanti a una Madonna con Bambino, questa gli potesse apparire realmente. Attraverso la visione di un’immagine, l’uomo si trova di fronte a un’apparizione, a una teofania. Nel solco di questo assunto, si comprendono sia le indicazioni di sant’Ignazio di Loyola, contenute nel suo libretto degli Esercizi Spirituali, in cui invita colui che prega a entrare nelle scene evangeliche che lui stesso costruisce a partire dalle poche suggestioni dei testi biblici e a parteciparvi, diventando in questo modo contemporaneo al mistero, oppure le riflessioni di santa Teresa d’Avila, per la quale l’immagine risveglia e rafforza la fede.A partire da questi assunti, si snoda il percorso della mostra che, dopo l’apertura con una parte introduttiva di carattere storico documentario, è suddivisa in sezioni: dall’esposizione di libri con alcune edizioni a stampa della Sacra Scrittura, a partire dalla prima Bibbia corredata di illustrazioni e pubblicata in Italia nel 1489, fino alla celebre Bibbia Sistina del 1590; dalla produzione artistica del territorio trentino tra la fine del Cinquecento e la metà del Seicento, dal tardo Manierismo all’affermazione del Barocco, in cui sono indagate, nel contesto locale, le iconografie più diffuse del Crocifisso, di Maria, dei santi tradizionali ma anche di quelli di nuova canonizzazione, tra i quali emerge la figura di Carlo Borromeo, attraverso le opere di alcuni grandi artisti come Paolo e Orazio Farinati, Felice Brusasorci, Jacopo Palma il Giovane o Fra Semplice da Verona. Dopo gli aspri conflitti dei primi decenni del ’500, nel Seicento la Chiesa rappresenta se stessa ormai gloriosa e trionfante sull’eresia, grazie all’esempio dei martiri, la cui morte è rappresentata da toni spesso cruenti e patetici. A fianco delle immagini devozionali sono poi esposte immagini concepite come vere e proprie risposte polemiche contro le posizioni dottrinali della Riforma protestante, in relazione ai temi teologici più dibattuti, come quelli dell’Eucaristia e del Purgatorio. Una mostra davvero di spessore storico e artistico, che permette di comprendere il ruolo dell’arte nei nostri edifici di culto contemporanei, se è vero che la strategia delle immagini messa in atto dal Concilio di Trento influenzerà in maniera determinante il modo stesso con cui pensiamo ancora oggi l’immagine "sacra".
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