giovedì 10 ottobre 2019
L’ibridazione fra uomo e macchina è la nuova frontiera: un desiderio di andare oltre la tradizionale identità dell’umano che genera numerosi interrogativi di opportunità, non solamente etici
Transumano: ma davvero è bello tutto ciò che è nuovo?
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Uno degli aspetti più interessanti, esaltanti e inquietanti, della nostra società è l’ibridazione naturale- artificiale, in particolare la simbiosi uomo- macchina. L’argomento è suggestivo al punto di aver ispirato molta letteratura fantascientifica e più di recente molta produzione cinematografica. Ma i progressi travolgenti della tecnologia rendono sempre più vicino il momento in cui questi scenari diventeranno parte della nostra realtà sociale. A questo punto c’è da chiedersi come saranno accolte le nuove forme di umanità ibridata o addirittura mutante: se con indifferenza, ostilità, rigetto o favore. In Gran Bretagna, Paese all’avanguardia nella sperimentazione di creature ciborganiche e nell’analisi sociologica del loro rapporto con le forme umane 'tradizionali', la recentissima serie televisiva Years and Years, creata da Russell T. Davies, ha presentato il caso (inventato) di una ragazza che, insoddisfatta del proprio stato, rivela ai genitori di essere 'trans'. I genitori, immaginando che la figlia desideri cambiare sesso, le esprimono comprensione e le offrono aiuto finanziario.

Ma a questo punto la ragazza dissipa l’equivoco affermando di essere non 'transessuale' bensì 'transumana' e dichiara di voler abbandonare il proprio corpo trasfor-mandolo in uno sciame di bit. I genitori restano sbalorditi e poi s’infuriano. È il rischio cui viene esposto il corpo a suscitare questa violenta reazione. Il corpo è percepito come il baluardo ultimo dell’identità umana nonostante gli interventi anche cruenti a cui può essere sottoposto (tatuaggi, perforazioni, tagli, incisioni, operazioni di chirurgia plastica e sessuale anche radicali, praticati da 'artisti del corpo' come Stelarc, Harbisson e Orlan o da chiunque voglia in qualche modo diventare altro da sé). C’è da chiedersi quale sia il confine al di là del quale una trasformazione corporea produca qualcosa di essenzialmente diverso dall’umano, il 'transumano'. Nonostante le svariate forme, dimensioni, colorazioni e così via in cui il corpo si presenta tradizionalmente come esito polimorfo dell’evoluzione biologica, poco o punto influenzata dalla tecnologia, gli individui che si discostano dalla norma (concetto vago ma tenace) sono spesso percepiti come ridicoli, rivoltanti o minacciosi. Se poi il diverso non è il prodotto casuale della lotteria genetica, ma il risultato di una trasformazione tecnica volontaria, il disgusto può trasformarsi in violenza.

Un esempio letterario di altissimo livello dell’accoglienza riservata al diverso si trova nella Metamorfosi di Kafka, in cui una ributtante modificazione notturna trasforma Gregor Samsa, un giovane rappresentante in un gigantesco insetto che la famiglia accoglie con ribrezzo e vergogna, per poi, alla sua morte, gettarlo nella spazzatura. Tuttavia l’antesignano letterario più celebre del genere 'trans' è il mostro costruito dal dottor Victor Frankenstein, al centro dello straordinario romanzo di Mary Shelley, pubblicato nella prima versione nel 1818. Anche questo essere, un diverso per eccellenza, viene respinto dal suo creatore inorridito. Ferito nei suoi sentimenti, il mostro, per vendetta, compie crimini atroci. Naturalmente la tecnologia a cui poteva ispirarsi la Shelley era, rispetto a quella odierna, molto rudimentale: niente genetica, niente nanotecnologie, niente intelligenza artificiale. È interessante che la scrittrice omosessuale britannica Jeanette Winterson abbia appena pubblicato il romanzo Frankissstein (sic), che sciorina una gamma di alternative di identità e di genere. Ambientato curiosamente nel 1816 sulle rive del lago di Ginevra (dove e quando scaturì l’idea prima del Frankenstein della Shelley), ma in un mondo dominato dalla tecnologia e in specie dall’intelligenza artificiale,

il libro della Winterson illustra le possibilità sempre più ampie offerte dalla tecnologia di scegliere la propria identità, ma anche l’insorgere di nuovi pregiudizi e discriminazioni. In un crescendo di situazioni, pulsioni e avventure di cui sono protagonisti un medico transessuale, un impresario di robot erotici e un professore di intelligenza artificiale, il romanzo spinge oltre ogni limite il significato e la portata potenziale dell’essere umani. In particolare prospetta il trasferimento della mente in supporti digitali, una forma di postumanesimo illustrata da Marvin Minsky in un articolo del 1994, dove si prefigura un mondo abitato da robot che per Minsky sono i «figli della nostra mente». Oggi la tecnologia permette di intervenire sull’identità di genere (o sessuale, la distinzione è questione aperta e controversa), ma consente anche incrementi, trasformazioni e potenziamenti inauditi, che vanno ben oltre i tradizionali interventi medici, come l’inserzione di impianti o di protesi. Si è perciò coniato il termine 'transumano' per indicare il viaggio della specie umana verso uno stadio ulteriore rispetto a quello attuale, viaggio che dovrebbe sfociare nelle varie forme del 'postumano'. Si forma così una galleria di 'personoidi' che variano dagli umani a tutto tondo (ammesso che se ne possano ancora rintracciare di non ibridati in qualche misura) ai postumani più bizzarri e stravaganti (ai nostri occhi), passando per un vero e proprio vivaio creaturale di transumani in cui avvengono incroci e interaccoppiamenti inaspettati.

Fra tutte queste schiatte nascono e si sviluppano sentimenti più o meno intensi di ammirazione, rispetto, tolleranza, indifferenza, avversione, odio: sentimenti che possono manifestare un gradiente nel passaggio dagli umani tradizionali alle forme più esasperate di postumani. Il gradiente po- trebbe corrispondere al livello di ibridazione o simbiosi uomo-tecnologia. Per tutte le tipologie intermedie e finali, e per le loro combinazioni, sarà necessario elaborare forme inedite di etica (per esempio oggi si parla già di 'roboetica' e Minsky ha elaborato un embrione di etica per i suoi 'figli della mente'), che comprendano anche concetti giuridici quali la responsabilità. Non c’è dubbio che i progressi della tecnologia consentiranno, e in parte già consentano, di collocare nel vivaio dei personoidi un numero crescente di esemplari. Ma resta una domanda di fondo: è lecito, giusto, etico fare tutto ciò che si può fare oppure esistono limiti che non si debbono superare? Nel loro statuto la scienza e la tecnologia non contemplano il concetto di limite, anzi considerano ogni limite etico, religioso, sociale come un ostacolo provvisorio da superare. E non bisogna dimenticare che dietro la spinta alle innovazioni c’è quasi sempre l’incontenibile brama di profitto delle aziende. È necessario riflettere bene sulle possibili conseguenze di una corsa al 'trans' e al 'post', costruendo scenari quanto più possibile realistici e simulandone tutte le potenziali implicazioni. E non bisogna farsi travolgere dalla corsa al nuovo per il nuovo.

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