lunedì 10 febbraio 2014
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È una storia vera che davvero in pochi conoscono. Poco prima della fine della Seconda Guerra Mondiale un pugno di esperti d’arte, curatori di musei, storici e architetti americani si avventurarono oltre le linee nemiche in Europa per rintracciare le opere d’arte trafugate dai nazisti e destinate al grande Führermuseum che Hitler aveva intenzione di costruire nella sua città natale, l’austriaca Linz. La più grande rapina della storia dell’umanità fu sventata da questi uomini coraggiosi che evitarono la distruzione di 1000 anni di cultura (i nazisti diedero alle fiamme molti dipinti che non poterono portare con sé) e ritrovarono sei milioni di opere d’arte grazie anche all’aiuto di una donna francese, la curatrice del museo parigino del Jeu du Paume, che in un quaderno aveva elencato tutti i luoghi in cui erano state trasferite e nascoste le opere rubate. Un tesoro che ancora oggi è possibile ammirare in tutti i musei europei.A innamorarsi di questa vicenda tre anni fa, quando ha letto il romanzo di Robert M. Edsel, è stato George Clooney che ne ha fatto un film, Monuments Men, presentato fuori concorso al Festival di Berlino. Così ha radunato un cast stellare – che comprende tra gli altri se stesso, Matt Damon, Cate Blanchett, Jean Dujardin, Bill Murray, John Goodman – e ha convinto la Fox a farsi produrre un film che rende omaggio all’arte. Arte per la quale vale forse la pena dare la vita, come dimostra chi è morto per la Madonna di Bruges o una pala d’altare. «È senza dubbio il mio film meno cinico, anche se io non sono affatto un uomo cinico, e diverso da quelli che solitamente realizzo – ha spiegato Clooney – pensato sulla scia di grandi classici con cui sono cresciuto come I cannoni di Navarone, Quella sporca dozzina, La grande fuga, Il ponte sul fiume Kwai. Pensavo valesse la pensa rendere omaggio all’impegno di questi uomini e donne che si sono cimentati in un’impresa mai tentata prima, quella di restituire all’umanità un tesoro comune. E la storia continua: sono felice che il recente ritrovamento di Monaco abbia portato di nuovo sotto i riflettori un tema che mi sta molto a cuore. Guardate solo in Iraq quanti musei sono andati distrutti durante la guerra!».All’incrocio tra I predatori dell’arca perduta e Ocean’s Eleven, il film (nelle sale italiane da giovedì prossimo) è però decisamente il più modesto realizzato da Clooney: cartolinesco e infarcito di luoghi comuni nella prima parte, quando si dipinge l’affresco di un’Europa distrutta dalla guerra e umiliata dal nazismo, Monuments Men si risolleva in parte quando abbandonata la pretesa di realismo e di verosimiglianza storica il regista si abbandona al racconto di spionaggio con la ricerca dei vari capolavori nascosti in miniere, cantine, appartamenti. Nell’affollatissima conferenza stampa alla fine di una proiezione a lungo interrotta a causa di un malore in sala, il nostro George si è ritrovato a fronteggiare, come al solito, una raffica di domande e richieste tra le più sciocche e assurde che si possano immaginare. Poco ci manca che gli chiedano anche un rimedio contro l’influenza. Una giornalista tedesca lo elogia per aver ricordato al mondo quanto gli americani abbiano fatto per la Germania, una giornalista ucraina lo ringrazia per aver manifestato la sua solidarietà alla rivolta nel suo paese, una giornalista greca gli chiede se ha qualche idea su come farsi restituire i fregi del Partenone da Londra. Il povero George, che nel film si diverte a far comparire anche il padre Nick nei panni del suo personaggio oramai ultrasettantenne, sorride paziente, lancia una battuta, ma poi non risponde. E cosa vuoi rispondere a chi, tra i mugugni e i fischi dei colleghi, gli ricorda che le donne di tutto il mondo sono pazze di lui?
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