lunedì 9 dicembre 2019
Ascolti tv, applausi in teatro e incassi sopra i limiti per l'opera di Puccini che sabato ha aperto la stagione scaligera. Il nuovo sovrintendente intanto fa capire qualcosa di ciò che verrà
Tutti i numeri della «Tosca» dei record. E Meyer parla del futuro

Riccardo Chailly con il cast riceve gli applausi per "Tosca" il 7 dicembre 2019 al Teatro alla Scala di Milano (Fotogramma)

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I numeri della Tosca di Giacomo Puccini che il 7 dicembre ha inaugurato la nuova stagione del Teatro alla Scala con la bacchetta di Riccardo Chaillye Anna Netrebko nel ruolo della protagonista sono da record.
Record per gli ascolti televisivi, mai così alti: sabato la diretta su Rai 1 ha incollato al piccolo schermo 2 milioni e 856 mila telespettatori di media con uno share del 15%, facendo meglio di una altra Prima pucciniana, quella del 2016 con la Madama Butterfly che aveva raccolto 2 milioni e 644 mila telespettatori con il 13.4% di share. «Il record assoluto di ascolti per un'opera lirica in tv da quando esiste l'Auditel» spiega la Rai che su RaiPlay offre la possibilità per due settimane di rivedere Tosca.
Record per l’applausometro in teatro che si è fermato a 16 minuti esatti – cronometro alla mano, dietro le quinte – portando la Tosca cinematografica del regista Davide Livermore al secondo posto di un’ideale top ten delle inaugurazioni più acclamate, dietro solo all’Armide di Gluck che Riccardo Muti aveva diretto nel 1996 e che aveva raccolto venti minuti di applausi ininterrotti.
Record di incassi con 1920 presenze in sala che hanno portato nelle casse del teatro due milioni e 559 mila euro – un posto di platea costava 2 mila e 500 euro, l’ingresso, il biglietto più economico, 50 euro.
Numeri che fanno dire al sovrintendente Alexander Pereira che «l’Italia è ancora il paese del melodramma». Un 7 dicembre che per il manager austriaco ha segnato l’addio al Teatro alla Scala: «È stato un periodo bellissimo, grazie di avermi riscaldato tutti i giorni il cuore» ha detto il manager austriaco nel tradizionale brindisi in palcoscenico dopo lo spettacolo.

Pereira dalla prossima settimana sarà a tempo pieno al Maggio musicale fiorentino, chiamato dal sindaco Dario Nardella dopo che il cda scaligero, presieduto dal sindaco di Milano Sala, lo scorso giugno ha deciso di non rinnovargli l’incarico alla scadenza dei cinque anni. Al suo posto da marzo al Piermarini arriva Dominique Meyer, economista alsaziano, oggi ai vertici della Staatsoper di Vienna. Anche Meyer era in platea a Sant’Ambrogio (appuntamento che negli ultimi anni non ha mai perso) ad applaudire la Tosca di Chailly, arrivato la mattina da Vienna – la sera prima era al Musikverein per il concerto dei Wiener diretto da Riccardo Muti – e ripartito la mattina di domenica per la capitale austriaca perché la sera in locandina alla Staatsoper c’era la prima mondiale dell’opera Orlando di Olga Neuwirth.
La sfida per Meyer è quella di riconquistare pubblico. Lo ha fatto capire ai giornalisti durante la cena organizzata dopo la Tosca alla Società del Giardino. Con grande garbo e con l’eleganza che lo contraddistingue Meyer ha lasciato intendere di avere «le idee ben chiare su quello che occorre fare alla Scala», ma non ha voluto esternarlo perché, ha sorriso, «questa è una serata di festa e non è nel mio stile venire in casa di altri a criticare. Non l’ho mai fatto e non inizierò oggi. Con Alexander abbiamo fatto un passaggio di consegne elegante e dovete lasciarmi il tempo di maturare» ha detto raccontando che sta studiando le strategie da mettere in atto nella gestione del teatro.
Meyer parla volentieri del suo progetto culturale per la Scala: «Mi piacerebbe accostare versioni diverse di stesse opere, come ad esempio il Don Carlo e il Don Carlos in francese o la prima e seconda versione di Macbeth, proponendo le prime in forma di concerto e le altre in forma scenica» racconta spiegando poi che «non vedo perché non dovrebbe continuare il ciclo dell'integrale pucciniana avviato da Chailly».

Nei progetti di Meyer c’è spazio per il barocco – «ho fatto ben trentasette opere di Haendel» sorride –, e per la musica italiana dimenticata come quella veneziana: «Non mi spaventano titoli rari, ho riempito teatri con opere pressoché sconosciute. La sfida mi piace» dice lasciando intendere che nella sua testa la strategia è già ben delineata. Ma chiede tempo. «Lasciatemi sognare» sorride. E a chi gli chiede quale opera inaugurerà la prossima stagione ribatte: «So che qualcuno dice delle cose ma dovete lasciarmi lavorare. Poi vi dirò tutto».

Si parlava di un Otello di Verdi per il quale si erano fatti i nomi di Joanas Kaufmann e Fabio Sartori nei panni del Moro e di Sonya Yoncheva e Marina Rebeka per Desdemona. Ma il progetto sembra tramontato. «I titolo si fanno se si hanno le voci» ha detto chiaro Chailly. E pare che per il capolavoro verdiano oggi (il 7 dicembre 2020) non siano disponibili.
Intanto la scena è tutta per Tosca. Repliche sino all’8 gennaio: nelle recite di dicembre ci sarà Anna Netrebko, a gennaio tocca a Saioa Hernandez mentre Cavaradossi e Scarpia avranno sempre il volto e la voce di Francesco Meli e Luca Salsi.

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