mercoledì 20 maggio 2009
«L’esonero di Ranieri mi lascia perplesso. La dirigenza sta pagando i 2 anni di “razzia” degli altri club. Conte subito a Torino? Ha dimostrato di essere pronto per una grande»
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Dalla Caratese alla Juve. Dai di­lettanti della serie D a cam­pione del mondo per club nel ’96. Per brevità, questa è stata la favola dell’infaticabile cursore Mo­reno Torricelli. Oggi a 39 anni la fa­vola continua dalla panchina della Pistoiese - Prima divisione - che dal­l’ultimo posto ha portato a giocarsi la salvezza ai playout.Da ex juventino e da collega di Ra­nieri come giudica il suo esonero? «Non me l’aspettavo. Sono un po’ perplesso, ma credo che sotto ci sia qualcosa di più. Magari il rapporto fortemente compromesso tra i gio­catori e Ranieri». Lei ha giocato con Ciro Ferrara sarà solo un traghettatore? «Difficile dirlo. Di si­curo in due settima­ne non potrà fare molto dal punto di vista tecnico; per la prossima stagione non so cosa abbia in mente la dirigenza bianconera». Una dirigenza che non sempre sembra avere il polso della situazione... «Pagano lo scotto dei due anni in cui la squadra, che ha dato più giocato­ri alla finale mondiale 2006, si è fran­tumata. Ricostruire non è mai faci­le, specie quando non hai il potere di riacquistare quei campioni che gli altri club ti hanno razziato». Ma prima era Luciano Moggi che “razziava” e tutti lo accusano di aver generato Calciopoli. «È da ingenui credere che Calciopo­li sia stato il frutto di una sola men­te. Milan e Inter spendono da sem­pre centinaia di milioni di euro e non credo che siano state così superfi­ciali da affidare il giocattolo nelle mani di Moggi... La verità è che il no­stro calcio è da sempre prigioniero della cultura del sospetto». Il sospetto alla lunga genera scarsa fiducia nel sistema. «Quella io l’ho persa nei confronti degli arbitri, mi hanno deluso. Da giocatore li ho sempre rispettati e di­fesi, ritenendo che sbagliassero in buona fede. Su questo punto, dopo Calciopoli, nutro parecchi dubbi». Molti continuano ad avere dubbi sul processo per doping alla Juve... «E fanno male. Quel processo io l’ho vissuto con estrema serenità, ho sempre saputo quello che prende­vamo e come è stato dimostrato e­ravamo nel lecito». Qual è il primo in­segnamento che cerca di trasmette­re ai suoi ragazzi? «Migliorarsi giorno dopo giorno e utiliz­zare questa menta­lità come filosofia di vita. Ripeto spesso loro che preferisco “un asino sano a un cavallo zoppo” e che nessuno è indispen­sabile. A buon intenditor...». C’è più Trap o più Lippi nei suoi me­todi di allenamento? «Un po’ di tutti e due. Trapattoni è l’allenatore che mi ha dato di più a livello umano, tattico e della gestio­ne del gruppo; Lippi è un maestro insuperato in Italia e non solo». Superiore anche allo speciale José Mourinho? «Il portoghese è un gran bel perso­naggio, ma sul piano del gioco an­cora non mi sembra che abbia por­tato nulla di nuovo all’Inter». Parere identico ha dato anche il suo ex compagno Antonio Conte. Sarà lui l’erede di Ranieri? «Perché no... A Bari ha dimostrato di avere numeri importanti per punta­re a un grande club come la Juve. Fra un paio d’anni - sorride - potrei es­sere pronto anch’io...». Oggi è possibile nel calcio un’altra favola alla Torricelli? «È sempre più difficile, mol­ti talenti di questa genera­zione mancano di persona­lità, si adagiano e ignorano lo spirito di sacrificio. Ma io lo scorso anno ho fatto e­sperimenti importanti con i giovani della Fiorentina...». Cosa si è inventato? «Ragazzi di 13-14 anni, nei ritiri pri­ma di un torneo, a turno dovevano servire il pranzo e la cena ai compa­gni. Sapersi adattare è una grande risorsa. Se non fosse arrivata la Juve, forse sarei rimasto a lavorare in fa­legnameria e avrei giocato in serie D, ma non per questo sarei stato un uomo meno felice e realizzato». Un “mitomane” aveva messo in gi­ro la voce che Torricelli non era af­fatto felice, perché malato di Sla. «È assurdo come sia potuta uscire u­na storia simile. Ho passato un brut­to periodo. I miei parenti mi telefo­navano preoccupati chiedendomi: “Moreno è sicuro che stai bene...?”. Io per fortuna sto bene e spero che il calcio serva da cassa di risonanza per aiutare a raccogliere i fondi per la ricerca e a far guarire tanti ragaz­zi come Stefano Borgonovo, che pur­troppo la Sla ce l’hanno davvero».
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