martedì 12 gennaio 2010
COMMENTA E CONDIVIDI
Torino, anche calcisticamente, non è più neppure quella che Venditti cantava, «l’altra faccia della stessa Roma». Con Milano condivide solo il festival musicale MiTo e l’alta velocità su rotaia. Ma in campo, le due squadre che giocano sotto la Mole viaggiano ad andamento lento, anzi lentissimo. Il progetto Juventus si è inabissato, di colpo. «Per colpa di chi?», canta ancora Zucchero, nessuno lo sa. Tanto meno quei dieci imbecilli, ultrà bianconeri, ripresi da cento telecamere (resteranno impuniti come per i cori contro Balotelli?) che hanno scambiato lo stadio Olimpico di Torino per la Roma di Nerone e acceso i loro “falò della stupidità” per smaltire la rabbia dell’ennesima figuraccia della squadra di “Ciro una volta la Juve”. Non sono i nostri stadi ad essere fatiscenti, ma le menti perdute di questi furiosi. Canaglie per niente simpatiche, anche quei cuginastri granata che da “buoni tifosi della Maratona” la settimana scorsa hanno teso l’agguato ai giocatori del Toro che uscivano dal ristorante con le loro famiglie. Vai ora con lo spot: riportiamo le famiglie allo stadio. Al Colosseo si stava più tranquilli e Roma non era l’altra faccia di Torino. Eppure dopo le Olimpiadi invernali che hanno rifatto il trucco alla bella faccia della città reale e persino anche dopo il bagno espiatorio della serie B alla quale era stata condannata la Juventus - per “Arbitropoli o Calciopoli” - , Torino sembrava fosse pronta alla rinascita calcistica. Le vene granata, pur piene di cicatrici avevano trovato nel vigile Urbano Cairo almeno un tamponatore della profonda emorragia che da Superga a oggi ha colpito nel profondo il cuore e le casse del Toro. Per essere un uomo abituato a stampare copie, Cairo non poteva fare altro che copiare il sistema già imperante che prevede di fare errori clamorosi sul mercato (il Brescia gli offrì Hamsik prima che al Napoli e con la stessa cifra invece prese Barone, Pancaro e Fiore) e di mangiarsi un allenatore a giornata - 10 cambi in panchina in 4 anni - per togliere la crisi di torno. Così come birilli sono saltati De Biasi, Zaccheroni, Novellino, Colantuono e Beretta. Salvo poi richiamare De Biasi, Novellino e ora, dopo l’umiliante 2-0 incassato sabato a Cittadella, torna pure il dream-man di Centocelle Stefano che ha risposto obbedisco al nuovo ds Petrachi (nel frattempo Rino Foschi si è dimesso). Il tutto, a un mese dalla sua cacciata per far posto a Mario Beretta che se ne va, ma con la speranza che prima o poi Cairo può sempre richiamarlo. Intanto il popolo torinista si costerna. Un tribuno dei “granata da legare” come Massimo Gramellini probabilmente oggi confermerà l’anatema lanciato quest’estate: «Se mi vendono Dzemaili e danno la panchina a Colantuono, giuro che passo al Sassuolo...». Ma che dovrebbero dire allora quelli della Juve che a maggio 2009 gli avevano fatto credere di essere i più forti solo perché si erano liberati del “perdente” Claudio Ranieri (ditelo alla Roma) e ad agosto di avere lo scudetto 2010 in pugno con l’arrivo dei due fenomeni Diego e Felipe Melo? In più c’è stata la ridiscesa, contestatissima, dal Real Madrid dell’ex Pallone d’Oro Fabio Cannavaro. Una campagna degna della vecchia “triade”, della quale i solitari Secco e Blanc hanno pensato bene di reinnestare il ramo d’oro, eppure debole e innocente, di Roberto Bettega (a quando il revival di Cobolli Gigli e il rientro ufficiale di Moggi?). Qualcuno aveva persino gridato al miracolo dopo il ritorno in organigramma dello stesso Bettega (vicedirettore generale), oltraggiato perfino dall’assessore di Parma alla prima al Tardini. Ma grazie alla sua presenza, la Juve aveva riassaporato il gusto della vittoria e Ferrara sigillato la panchina, prima della partita della verità contro il Milan di Leonardo. Ora dopo lo 0-3 con i rossoneri Ciro è inacidito come uno yogurt scaduto di quelli che pubblicizza in tv. Cosa o chi gli succederà? La dirigenza bianconera gli rinnova la fiducia, ma senza una polizza di garanzia di lungo termine. E intanto dalla Russia “liberano” il ct Guus Hiddink che lo scorso anno a febbraio subentrò a Scolari alla guida del Chelsea portandolo alla vittoria della FA Cup e alla semifinale di Champions. Per arrivare a un passo dalla finale di Roma (beffa di Iniesta del Barcellona a tempo scaduto) Hiddink eliminò proprio la Juve di Ranieri. Sarà per questo che adesso c’è chi lo metterebbe subito al posto di Ferrara? La nuova triade inesperta è allo sbando e lo si capisce anche dalle idee fragili di mercato. Nel momento in cui ha mezza squadra in infermeria - ha perso pure Poulsen per infortunio, 2 mesi di stop - ha appena “svenduto” Tiago, Molinaro e Ariaudo. In entrata l’unico obiettivo è Lanzafame, prodotto del vivaio scartato prima a Vinovo e poi dal Palermo e che ora sta provando a rifarsi una vita al Parma. Riportarlo in una squadra inabissata che si è persino dimenticata della bandiera Del Piero, potrebbe essere una condanna più che una promozione. Quella, la promozione, in A, resta il sogno di Cairo che ormai colleziona solo dispiaceri: non gli è riuscito neppure di prendere in prestito il difensore D’Aiello dal Gela (Seconda divisione) che al Toro ha preferito il Crotone. La Gran Torino del pallone di questo passo rischia di mandare in fumo anche quel che resta del mito.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: