giovedì 12 aprile 2012
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​Al pensiero e all’opera di Giuseppe Toniolo sta succedendo quello che a pochissimi protagonisti della cultura italiana del Novecento è toccato in sorte. Per molti decenni – sino a una manciata di anni fa, per vero – la sua natura di studioso cattolico lo ha pressoché totalmente rinserrato dentro quel campo della cultura cattolica che era, e purtroppo in gran parte ancora resta, una sorta di riserva protetta per le ricerche delle generazioni successive di studiosi anch’essi prevalentemente di pubblico orientamento cattolico. Poi, quasi all’improvviso e di sorpresa, e prima che la Chiesa concludesse ufficialmente il cammino della beatificazione di Toniolo, l’interesse per la sua opera si è allargato e l’attenzione per il suo pensiero si è acuita. Si torna a studiare Giuseppe Toniolo in Italia e fuori d’Italia. Soprattutto, se ne riscopre la sapiente architettura della concezione, affascinati o colpiti – cattolici e non cattolici – dalla sequenza e dalla ricchezza degli elementi di perdurante attualità o ritrovata contemporaneità.Come il beato John Henry Newman, anche Toniolo sa offrire a chi crede motivi ulteriori per una ragionevole fede, mostrando a chi non crede quanto riesca a essere feconda di risultati l’amicizia che la stringe e unisce alla ragione. Al pari di quella del beato Newman, l’intera vita di Toniolo continua a insegnare con non minore intensità delle opere scritte. Ed è proprio questo il motivo per cui – come anni fa, appunto a proposito di Newman, ebbe a osservare l’allora cardinale Joseph Ratzinger – i maggiori dottori della Chiesa ci toccano il cuore, nel momento stesso in cui illuminano il nostro pensiero.La felice giornata in cui solennemente Giuseppe Toniolo verrà proclamato beato, nel confermare il sempre vivo valore santificante della conoscenza e dell’azione culturale, viene dunque a proporre Toniolo come esemplare testimonianza a tutti gli studiosi che, attraverso la professione della scienza, ogni giorno di più cercano di accostarsi alla sapienza. E, non ancora smorzatasi compiutamente l’onda lunga che ha cercato di spezzare una volta per tutte il rapporto amicale tra ratio e fides, lo propone come testimone appunto in quei campi della conoscenza scientifica – l’economia e la società, la politica e le motivazioni all’agire cooperativo – da cui, forse in misura ancora maggiore di altre scienze, dipendono il profilo e i contenuti di un nuovo modello di sviluppo, oltre che la reale fisionomia e le fondamentali qualità di un futuro già affiorante nel nostro presente.Che proprio sulle «basi di scienza e di cultura» Giuseppe Toniolo sia stato «un uomo politico, e un uomo di religione insieme», lo ebbe a indicare e spiegare – ormai più di venticinque anni fa – uno storico quale Cinzio Violante, nell’introdurre e presentare i lavori (poi pubblicati sul Bollettino dell’Archivio per la storia del movimento sociale cattolico in Italia) di una giornata di studi che Università Cattolica del Sacro Cuore dedicò a Toniolo nel febbraio 1985. Lo sguardo penetrante di Violante, allenato a scrutare i movimenti sotterranei della storia così da poter discernere senza retorica o conformismi le «circostanze sempre nuove che la vita crea», non per caso si appuntava sull’«uomo politico» cresciuto insieme con l’«uomo di religione», sull’etica connessa a una robusta antropologia cristiana. Solo cercando in quest’area di solidi legami e non artificiose corrispondenze tra la scienza e la cultura, tra la fede e una visione genuinamente “politica” dell’insieme dei mezzi con cui perseguire il bonum commune e il bene essere di un’intera collettività, diventa infatti possibile produrre quelle nuove risposte che le mutevoli circostanze della storia richiedono. E – soprattutto quando sembrano all’improvviso emergere, magari in forma traumatica o violenta, le tendenze profonde delle vicende storiche – diventa assai più promettente, oltre che più semplice, lavorare alla definizione teorica e all’attuazione concreta di tutto ciò che si rivela indispensabile affinché il progresso di tutta la famiglia umana trovi nello sviluppo, autentico e giustamente inteso, il suo punto di maggiore forza e la sua garanzia di duratura vitalità.Molte delle pagine di Toniolo, se sono contraddistinte dalla virtù di quella “predittività” che si impara a perseguire e praticare grazie al possesso e all’impiego del metodo rigoroso di analisi, in misura ancora maggiore mostrano la presenza tuttora vivida di un segno profetico. È la capacità di profezia che vediamo animare la Dottrina sociale, protesa sin dalle sue origini a comprendere e far comprendere le profonde, secolari tendenze – a cui poc’anzi si accennava – sempre sottostanti alla vita degli uomini riuniti in collettività. Nel sentirla come paradigma di pensiero e, insieme, come programma di azione, Toniolo pone la Dottrina sociale quale criterio costitutivo del proprio metodo di lavoro. Reciprocamente, egli offre il contributo originale della sua riflessione e delle sue ricerche al progredire o al consolidarsi delle laiche basi di conoscenza scientifica a cui la Dottrina sociale di necessità si appoggia, soprattutto ogniqualvolta le res novae annuncino trasformazioni economicosociali irreversibili o di vasta, durevole portata.In particolare, per la tempestività e la precisione con cui Toniolo vede legate in modo interdipendente – oltre che indissolubile, se si tiene ben presente la naturale “socialità” dell’essere umano – le vicende della moderna economia di mercato e quelle della democrazia. La cooperazione, e in specie il “credito popolare”, di un tale nesso fra democrazia ed economia sono una delle garanzie più stabili e stabilizzanti; sono uno dei fattori più importanti e decisivi. Senza cooperazione (senza sussidiarietà e solidarietà, diremmo oggi), la democrazia non può che essere in affanno. Lo è rispetto allo sviluppo economico e a ogni sistema di welfare, anche quando non sia intollerabilmente onnivoro e falsamente eguagliatore. Ma è in affanno, anche e soprattutto, nei confronti di tutti quei fenomeni che – dal proliferare delle oligarchie al frammentarsi della società in cerchie d’interessi fra loro invidiose o gelose, perché prive di ogni visione del bene comune – rendono le istituzioni democratiche sempre più vulnerabili e vulnerate dai colpi della “contro-politica”.Il “ridestamento”, a cui tante volte Toniolo ha spronato i cattolici italiani e l’Italia tutta, sarebbe illusorio e di brevissima durata, quando l’economia sociale di mercato non trovasse nel “credito dal punto di vista cristiano” la sua fonte e nelle Banche di Credito Cooperativo i fondamentali strumenti della sua quotidiana attuazione. Nel servire lo sviluppo economico e la crescita del Paese, queste realtà di genuina cooperazione servono anche la democrazia. E la servono, oggi, proprio là dove è sempre più necessario e urgente che la democrazia, sottraendosi ai molti pericoli di stagnazione, torni a conoscere una vita attiva: vale a dire, là dove l’affidabilità della politica, anziché continuamente calcolata, sovrastimata o screditata, deve semplicemente dimostrarsi figlia della fiducia che un popolo nutre in sé e nel proprio domani.Come Newman, anche Toniolo ci aiuta nel compito di traguardare oltre le nebbie che avvolgono il presente. Entrambi, chiedendo di seguirne l’esempio come testimoni del Vangelo, ci spronano a operare tenacemente con la ragione e il cuore in mezzo alle tante difficoltà del nostro tempo. E tra i non pochi motivi di speranza che, nonostante tutto, questo tempo ci offre.
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