Le tuffatrici Tania Cagnotto e Francesca Dallapè con i loro figli (Ansa)
Maternità e successi sportivi possono convivere. Occorrono impegno, dedizione e perseveranza. Vita di sacrifici, ma anche di dolci ricompense. Nello sport mondiale, l’etichetta di mammavolante spetta all’olandese Fanny Blankers Koen, che all’età di 30 anni, già madre di due figli, vinse quattro medaglie d’oro nell’atletica leggera (100 e 200 piani, 80 ostacoli e staffetta 4x100) ai Giochi olimpici di Londra 1948.
In Italia le mamme salite sul podio olimpico sono state tante (da Valentina Vezzali a Josefa Idem, solo per citarne alcune), ma la storia più curiosa è quella che racconta Martina Valcepina da Bormio, due volte medagliata a cinque cerchi nello short track. Nella staffetta femminile la ventiseienne pattinatrice valtellinese si è rivestita di bronzo a Soci e d’argento a Pyeongchang. Nel 2014 recava in grembo Rebecca e Camilla, quattro anni più tardi le due gemelline hanno applaudito la mamma direttamente dalla tribuna di Gangneung. «Scoprii di essere in attesa dopo la cerimonia d’apertura di Soci – racconta l’azzurra ad Avvenire – ma gareggiai comunque in Russia, perché ormai ero lì e non potevo tirarmi indietro. Dopo la maternità volevo invece smettere. Avevo 21 anni, ero piccola, non me la sentivo di fare entrambe le cose, così per due stagioni mi sono fermata. Poi l’amore per lo short track è ritornato e giorno dopo giorno è andato di pari passo con quello per le mie splendide figlie».
Rimessi i pattini, Martina non ha più mollato il doppio ruolo: «I miei genitori mi hanno incoraggiato ad andare avanti, rimettendomi in discussione anche nello sport. Ho ripreso ad allenarmi seriamente e sono riuscita a qualificarmi per Pyeongchang. In Corea volevo che ci fossero anche le gemelle, perché in Russia ero salita sul podio con loro nel grembo, mentre a Pyeongchang desideravo guardarle in faccia in caso di medaglia. È stato davvero fantastico».
Poteva essere quella l’ultima gara della vita, ma in estate Martina ha scelto di posticipare il ritiro. «Ho voluto proseguire per un altro anno e ora sono pronta per partecipare agli Europei in Olanda (a Dordrecht nel week-end, ndr), quindi alle prove di Coppa del mondo, tra cui quella di Torino, e infine ai Mondiali di Sofia». Mamma e atleta, un tour de force per donne dure: «Mi divido costantemente tra Courmayeur, dove si allena la nazionale, e Bormio, dove Camilla e Rebecca, nate a settembre del 2014, frequentano il secondo anno dell’asilo. Durante le vacanze di Natale sono state con me in Valle d’Aosta, ora sono tornate a casa. Finché sono alla scuola materna ho più flessibilità, poi quando andranno alle elementari deciderò cosa fare. Adesso posso ancora dare qualcosa alla squadra italiana, ma di stagione in stagione valuterò se continuare o smettere definitivamente».
Le bimbe infatti crescono e la mamma deve stare con loro: «Adesso cominciano a capire che faccio questo sport come lavoro, devo perciò spiegare loro perché sono via di casa». È più emozionante diventare mamma o mettersi al collo una medaglia olimpica? Sul punto Martina non ha dubbi: «Sono entrambe emozioni fortissime, ma la prima ti coinvolge di più, perché dura nel tempo». E se un domani le gemelle vorranno intraprendere la carriera sul ghiaccio? «Hanno già voglia di pattinare, ma non le obbligherò. Anzi, farò provare loro diversi sport, così che possano decidere consapevolmente».
Per il momento Valcepina non pensa ad allargare la famiglia («Ho già due bambine stupende, non vedo l’ora di godermi la loro crescita»), ma vuole far conoscere di più lo short track in Italia: «I successi di Arianna Fontana ne hanno fatto impennare la popolarità, ma ancora si può crescere. Il nostro è uno sport divertente e incerto. Gareggiando spalla a spalla con l’avversario tutto può succedere. Quando io ho cominciato erano poche le nazioni forti, adesso stanno crescendo numerosi movimenti, quindi c’è anche più competizione e interesse». Parola di una mamma-atleta, che alle sue colleghe manda un messaggio preciso: «Le due cose si possono conciliare».
Pensiero che stanno facendo anche le tuffatrici Tania Cagnotto e Francesca Dallapè, tornate ad allenarsi a inizio dicembre da neo-mamme, ventotto mesi dopo la medaglia d’argento ai Giochi di Rio de Janeiro. La trentina ha dato alla luce a maggio 2017 la piccola Ludovica, mentre l’altoatesina l’ha emulata a gennaio 2018, partorendo Maya. Tania si era ritirata, Francesca soltanto fermata. Ma quest’ultima ha compiuto l’impresa: «Alla fine sono riuscita a convincerla. Sapevo che ce l’avrei fatta». Dallapè ha chiamato, Cagnotto ha risposto: «Non l’avrei mai detto. All’inizio pensavo fosse una follia, poi mi sono detta che si poteva fare».
Adesso l’obiettivo è qualificarsi per i Giochi di Tokyo 2020. Facile a dirsi, difficile a farsi, vista anche la concorrenza interna delle giovani arrembanti Elena Bertocchi e Chiara Pellacani: «È una piccola sfida che accettiamo volentieri – chiosa Tania –. Se non dovessimo riuscirci, ci saremmo comunque allenate e divertite di nuovo insieme». Con le due piccole ad aspettare le rispettive mamme a bordo vasca.
Ad attendere la genitrice fuori dalla pedana è invece Ettore, figlio di Elisa Di Francisca. L’olimpionica di Londra e argento di Rio ha ripreso in mano il fioretto e rivinto in Coppa del mondo ad Algeri, un anno e mezzo dopo essere diventata mamma. Nella stessa competizione al terzo posto si è piazzata l’altra rientrante Martina Batini, sei mesi dopo la nascita del figlioletto Leonardo. Insomma, l’elenco delle mamme tornate in azione è lungo. Superando i confini, e restando all’attualità, come non citare il caso della tennista statunitense Serena Williams, mentre tuffandosi nel passato in Italia spiccano, oltre alle già citate Valentina Vezzali e Josefa Idem, anche le storie della saltatrice Fiona May, della fiorettista Giovanna Trillini e della sciatrice Daniela Ceccarelli, tornata sulla neve addirittura un mese dopo il parto. Perché vincere da mamma ha un sapore ancora più dolce.