domenica 10 novembre 2019
Tredici i sovrintendenti lirici italiani. La selezione delle fondazioni: talenti consolidati, stranieri (come Meyer alla Scala) e più “vecchi” che negli altri Paesi
Il Teatro San Carlo di Napoli

Il Teatro San Carlo di Napoli

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Sono tredici, è vero, non undici come in una squadra di calcio. Ma lo schieramento dei sovrintendenti delle fondazioni lirico-sinfoniche italiane fa venire in mente una formazione calcistica. Potremmo dire della Liga spagnola o della Premier League britannica. Ma dato che siamo nel Paese che il melodramma lo ha inventato meglio giocare in casa, nel campionato di Serie A. Una squadra che in questi mesi è in piena campagna acquisti. Che, come in una sessione di calciomercato che si rispetti, guarda ai talenti di casa, ma anche all’estero. Il colpo dell’anno – perché la poltrona del Teatro alla Scala è sicuramente la più prestigiosa – è quello che lo scorso giugno ha portato alla nomina del francese Dominique Meyer (64 anni) come nuovo sovrintendente del Piermarini. Meyer che arriva da Vienna dove è nato Alexandre Pereira (72 anni), il manager austriaco di cui prenderà il posto. Si guarda più ai talenti consolidati che ai vivai, tanto che l’età media è alta e ai vertici dei teatri lirici italiani non c’è nessuno che abbia meno di quarant’anni.

Un Paese per (sovrintendenti) vecchi? Un po’ sembrerebbe essere così dato che in altri paesi i manager vengono pensionati a 65 anni: il caso del francese Stephane Lissner classe 1953 che, lasciata per raggiunti limiti di età la guida dell’Opera de Paris, è stato arruolato dal Teatro San Carlo di Napoli dove, dal prossimo anno, subentrerà alla coetanea Rosanna Purchia. «Avevo quattro possibilità per il dopo Parigi. E ho scelto Napoli» ha detto Lissner arrivando nei giorni scorsi in città per un primo incontro con il sindaco Luigi De Magistris. «Sarò a Napoli part time fino a gennaio del 2021 e la mia prima stagione a tutti gli effetti sarà quella 2021-2022» ha annunciato spiegando poi di aver trovato «un teatro sano con i conti in ordine». La sfida per il San Carlo è quella di un rilancio artistico. Tanto che Lissner arriverà con la sua squadra, primo fra tutti Ilias Tzempetonidis, a fianco di Lissner sia a Parigi che alla Scala, dove il manager francese è stato dal 2005 al 2015 portando Daniel Barenboim come direttore musicale, affidando le ultime regie a Patrice Chereau, ma anche sdoganando Emma Dante nella lirica. Contatti, trattative per ridisegnare l’attacco delle fondazioni liriche impegnate nel cercare il gol che, di questi tempi, è la quadratura dei bilanci.

Sarà forse anche per questo che il Maggio musicale fiorentino si è assicurato Pereira, noto per la sua capacità di reperire fondi privati: il manager austriaco, chiuso dopo cinque anni il rapporto con il Teatro alla Scala e senza essere riuscito a strappare un prolungamento del contratto, avrà sul tavolo 59 milioni di euro di debiti accumulati negli anni. Conti che il precedente sovrintendente Cristiano Chiarot aveva iniziato a risanare prima che un colpo di mano del sindaco di Firenze Dario Nardella lo spingesse alle dimissioni. Vicenda poco chiara quella del Maggio con il sindaco che rinuncia al suo ruolo di presidente del consiglio di amministrazione della fondazione lirica e chiama Salvatore Nastasi, dirigente ministeriale, già commissario al Maggio, ma anche al San Carlo di Napoli e all’Arena di Verona. Una sorta di commissariamento per il sovrintendente Chiarot che lascia. Non ci sta nemmeno il direttore musicale Fabio Luisi che, tempo un giorno, annuncia il suo addio al podio fiorentino.

Ora la sfida (certo non facile) di Pereira è quella di ripianare i debiti, magari portandosi il suo portafoglio di sponsor, anche se il marchio del Maggio, parlando in ter- mini di mercato, non ha forse lo stesso peso del marchio Scala. Il nodo bilancio è quello che incombe anche sul Teatro Massimo Bellini di Catania. Che non è una delle tredici fondazioni lirico-sinfoniche – è un ente autonomo regionale, ad oggi affidato al commissario straordinario Daniela Lo Cascio –, ma che in questi giorni è al centro di una gara di solidarietà per il rischio chiusura (cosa già capitata ad altri teatri, diverse volte si è temuto, ad esempio, per il Carlo Felice di Genova) dovuto all’impossibilità di chiudere il bilancio: la Regione aveva proposto lo stanziamento di 13 milioni e 400mila euro l’anno sino al 2021, salvo poi scoprire che mancava la copertura finanziaria. Messaggi sui social di artisti di tutto il mondo, lettura di comunicati prima delle recite in diversi teatri, dalla Scala all’Opera di Roma per scongiurare la chiusura del Bellini con la conseguente perdita di posti di lavoro. «Oltre all’incertezza finanziaria, stiamo cercando di affrontare le diverse problematiche amministrative e strutturali che si sono sovrapposte nel tempo, aggravate delle difficoltà finanziare in cui versa la Regione Sicilia» fa sapere il commissario Lo Cascio che, insieme ai lavoratori, sarà ascoltato nella seduta straordinaria del consiglio comunale convocata il prossimo 15 novembre non nella sala consiliare, ma in teatro. Lavoratori in stato di agitazione, artisti che vanno a Catania ad esibirsi per dimostrare la loro solidarietà al teatro che ha lanciato un avviso pubblico per raccogliere le candidature per l’individuazione del nuovo sovrintendente.

Modalità con la quale è stato scelto, tra trentatré curricula arrivati, il nuovo sovrintendente del Teatro Lirico di Cagliari, Nicola Colabianchi, già direttore artistico del Teatro dell’Opera di Roma, compositore e direttore d’orchestra, che prende il posto di Claudio Orazi che, nel giro di valzer delle poltrone (Orazi è stato scelto tra trentadue candidature), è andato al Carlo Felice di Genova dove ha raccolto il testimone di Maurizio Roi. Nomine che, come da statuto delle fondazioni liriche, devono essere ratificate dal ministro dei Beni e delle attività culturali. Oggi Dario Franceschini, ieri Alberto Bonisoli che a luglio ha firmato l’incarico di Sebastian Schwarz al Regio di Torino, tedesco, classe 1974, già direttore artistico del Theater an der Wien e del festival di Glyndebourne. Sfida economica, ma anche artistica quella di Torino che, dopo l’addio del sovrintendente Walter Vergnano e del direttore musicale Gianandrea Noseda e dopo la stagione di William Graziosi, dovrà pensare a un direttore musicale per il teatro. Come Bologna dove un anno fa si è chiuso il mandato decennale di Michele Mariotti. Come Firenze dopo l’addio di Luisi. Come accadrà, forse, a Napoli dove, appresa la notizia della nomina di Lissner, l’attuale direttore musicale Juraj Valchua ha affermato lapidario di non voler rinnovare il contratto oltre la scadenza nel caso cambi la dirigenza artistica. Ma c’è tempo sino al 2021.

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