mercoledì 15 novembre 2023
Traduzione italiana per la poetessa e mistica che sfidò le convenzioni e i pregiudizi della Persia dell’800: lasciò l’islam per la fede baha’i, fu imprigionata e uccisa per rappresaglia
Un ritratto di Tahereh

Un ritratto di Tahereh - WikiCommons

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Ottobre 2023, l’iraniana Narges Mohammadi vince il premio Nobel per la pace «per la sua lotta contro l’oppressione delle donne in Iran e per la promozione dei diritti umani e della libertà per tutti». Narges Mohammadi ha 51 anni, è una delle più note attiviste iraniane, si è battuta per i diritti delle donne e l’abolizione della pena di morte, è una giornalista e attivista, rinchiusa nel carcere di Evin di Teheran.

Settembre 2022. In Iran Mahsa Amini viene uccisa per una ciocca di capelli fuori posto, generando una rivoluzione non violenta guidata dalle donne iraniane con lo slogan “Donna Vita Libertà”, che coinvolge intere città. A lei e al movimento cresciuto dopo la sua morte è stato assegnato poche settimane fa il Premio Sacharov per la libertà di pensiero, ovvero il massimo riconoscimento europeo per i diritti umani.

Maggio 2023, l’Ordine dei Giornalisti del Piemonte e l’Associazione Stampa Subalpina celebrano la Giornata Mondiale della Libertà di Stampa assegnando la tessera honoris causa a Sepideh Gholian, giovane giornalista e attivista iraniana freelance, autrice di un libro sulla realtà della sezione femminile del carcere di Sepidar, più volte incarcerata per la sua lotta al regime degli ayatollah e reclusa per aver difeso il diritto alla libertà di espressione nel proprio Paese.

Questi sono solo alcuni degli esempi di una lotta iniziata molto tempo fa e per molto, troppo altro tempo, taciuta. Una lotta che si potrebbe condensare con il verso di una poesia: «Se scioglierò al vento i miei capelli ambrati / catturerò ogni gazzella selvaggia». Versi che sembrano scritti proprio oggi e invece appartengono a Il tesoro nascosto (Jouvence Eupalinos, pagine 132, euro 12,00), una serie di settanta poesie inedite di Tahereh, pasionaria e mistica iraniana del XIX secolo, per la prima volta in traduzione italiana con il suo lavoro. Tahereh fu sostenitrice del babismo, un movimento (duramente osteggiato) che predicava la riforma spirituale e sociale dell’islam.

Il babismo, è spiegato in estrema sintesi nell’introduzione alle poesie, «è una religione indipendente», ma per alcuni studiosi è anche un «movimento rivoluzionario». Il Bab «raccomanda una lettura metaforica del Corano e delle tradizioni ed evidenzia l’importanza essenziale della vita virtuosa prescritta dal testo sacro dell’islam. Dal punto di vista sociale, il nuovo maestro ricusa in nome di Dio le leggi religiose e sociali della società musulmana che giudica sorpassate e repressive, in particolare la condizione delle donne, dei bambini, degli schiavi e dei non musulmani. Condanna l’alleanza secolare fra la spada e il turbante, fustiga la tirannia dei governanti, l’oppressione subita dal popolo e afferma la parità di diritti fra uomini e donne e la necessità dell’educazione universale. Esige l’abolizione della schiavitù, raccomanda la rieducazione dei delinquenti e respinge le pene corporali».

Di una modernità assoluta. Per questo Tahereh merita un posto di rilievo nella storia del suo Paese (e non solo) per la modernità del pensiero e il coraggio delle sue scelte. Il suo comportamento anticonformista destò scandalo in famiglia e presso le autorità religiose, tanto che nel 1850 fu arrestata con l’accusa di complicità nell’assassinio dello zio e rimase prigioniera due anni in una stanza al secondo piano della residenza del sindaco di Teheran; da lì continuò a produrre lettere, trattati e poesie. Nel 1852, a seguito di un attentato contro lo scià, Tahereh e altri seguaci del Bab furono giustiziati per rappresaglia.

Subito dopo la morte, i familiari distrussero parte dei suoi manoscritti, una furia iconoclasta che ha impedito di acquisire maggiori dettagli sulla sua vita e distinguere le opere autentiche da quelle spurie. Il libro, a cura di Julio Savi e Faezeh Mardani, è importante quindi non solo per il recupero letterario, ma per il recupero della voce importantissima di una donna libera che sfidò le convenzioni e i pregiudizi nell’Iran dell’800: «Si dice – è scritto nell’introduzione – che lo scià̀ Nasiri’d-Din (1831-1886), allora diciottenne, abbia voluto riceverla e che Tahereh si sia presentata davanti a lui con il volto scoperto», inoltre, un compendio della storia del primo secolo della fede babi-baha’i informa che prima di morire l’eroina disse: «Potete anche uccidermi, se volete, ma non fermerete l’emancipazione della donna».

La sua produzione letteraria può essere divisa in diverse sezioni: da una parte i trattati teologici e le poesie in persiano e arabo, dall’altra le preghiere, le omelie, le lettere, le polemiche dottrinali e le opere apologetiche in difesa della sua nuova fede in arabo: «Secondo Alessandro Bausani (1921-1988), uno dei massimi iranisti italiani, Tahereh rimane nello stile pre-classico... rispecchia dunque la tendenza stilistica della sua epoca». Tra i temi principali della sua poesia vi sono «l’amore estatico per Dio e la sua manifestazione», ma anche «le sue apocalittiche attese di rinnovamento dell’ordine sociale». Oltre allo stile classico, tra le sue poesie ci sono quelle considerate “frammenti atipici”, che però restano coerenti nei contenuti: «O prodigo Punto, dei miei occhi la luce / in convivio di carismatica gloria e d’estatico amore».

A chiudere la raccolta sono una serie di “poesie strofiche”, diverse nella forma e più sensuali nei contenuti: «In me fuoco d’amore per Te ora divampa», o ancora «se questo cuore è Tuo, perché lo fai sanguinare? / E se non lo è, perché lo rendi folle d’amore?». Nella parte centrale a crescere sono invece l’intensità, la passionalità e la resistenza: «Fra i mille Suoi prigionieri uno soltanto / delle cure terrene la polvere dal cuore si scuote. / Non è un gioco scendere nell’arena dell’amore, / dove fra centomila uno solo resiste».

Mohammad Ali Siddiqui, studioso di letteratura urdu, pedagogista, critico letterario e giornalista pachistano, di lei ha detto che «simboleggia l’Iran come Florence Nightingale e Giovanna d’Arco simboleggiano l’Inghilterra e la Francia per i cambiamenti che hanno prodotto con il loro esempio. Gli ambiti sono diversi, ma esse sono pietre miliari della grandezza umana, esempi di coraggio, devozione e brillantezza», che a distanza di oltre 170 anni continuano a illuminarsi nella resistenza delle donne iraniane e non solo, perché è una resistenza che ci riguarda tutti e tutte da vicino.

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