giovedì 11 giugno 2015
​Lo stilista Giorgio Armani ha dato il suo nome alla squadra e speso cifre da capogiro. In cambio ha ricevuto un solo misero scudetto, lo scorso anno.
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Di rosso, ormai, in casa delle mitiche “scarpette rosse” è rimasto solo il bilancio, quello sportivo chiaramente, perché quello economico è sempre florido: merito di Giorgio Armani che da anni foraggia l’Olimpia, la gloriosa società di basket milanese. Lo stilista ha dato il suo nome alla squadra e speso cifre da capogiro. In cambio ha ricevuto un solo misero scudetto, lo scorso anno. Praticamente nulla per un club dalle ambizioni sconfinate, che doveva riallacciare il filo con la sua storia fatta di trionfi in Italia e in Europa. In sette anni, da quando è proprietario della società, Armani ha collezionato batoste e delusioni. Eppure non ha mai badato a spese: il budget dell’EA7 è lontano anni luce da quelli degli altri club italiani, paragonabile solo alle grandi società europee.

La sconfitta nella semifinale dei playoff scudetto subìta da Sassari - per di più in casa - impone un ripensamento della gestione, decisamente fallimentare a dispetto delle tante “star” schierate in campo e in panchina nelle ultime stagioni. Infatti, i campionati dell’Olimpia Milano sono da studiare, a cominciare dalle campagne acquisti fatte sempre cercando il meglio sul mercato e senza lesinare sul prezzo.

L’Ea7 ha dimostrato che per fare una squadra non basta scegliere gli ingredienti migliori e neppure un cuoco a cinque stelle, ma occorre qualcosa di più: trovare persone capaci di metterci l’anima, come a Sassari. Resta sempre questo il valore aggiunto di una squadra, l’ingrediente capace di fare la differenza. Gli “operai” sardi avevano sottomesso gli “aristocratici” milanesi sia in Supercoppa che in Coppa Italia e, ora, li hanno estromessi dall’ultimo atto della lotta per lo scudetto. Quella che doveva essere una passerella trionfale – dopo il dominio nella regolar season – per le scarpette rosse si è rivelato un incubo, e dei peggiori.

Ora, sottocanestro, Milano dovrà affrontare un’autentica rivoluzione, a partire dalla gestione. Il primo a farne le spese sarà l’allenatore Luca Banchi, reo di non essere stato capace di replicare le prodezze di Siena, di non aver saputo ricostruire in Lombardia un modello vincente. Il tecnico toscano lascerà la panchina, così come era stato costretto a lasciarla Sergio Scariolo, appena richiamato alla guida delle “Furie rosse” spagnole per ripetere gli exploit agli Europei e ai Giochi Olimpici (la conferma che non è questione di capacità tecniche ma di ambiente). Sicuramente ci sarà un sostanzioso ricambio anche nel roster per cercare di debellare quel virus della “sconfitta” che ha infettato i giocatori.

Ogni volta, nelle precedenti stagioni, il patron si è affidato e fidato dei suoi “uomini”, ma da domani dovrà trovare il modo di pretendere e ottenere un risultato adeguato alle aspettative, almeno in Italia - per l’Europa a questo punto si può anche aspettare -. Perché non ci può essere peggior smacco che presentarsi ogni volta da favoriti e ritrovarsi, poi, continuamente sconfitti. L’Ea7 deve tornare ad essere un modello per il basket nostrano e un vanto per il suo patron, prima che ci ripensi e butti tutto nel cesto.

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