mercoledì 23 settembre 2015
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L’Europa vera è quella dei cittadini, non dei governi. Ne è convinto Gino Strada, da oltre vent’anni chirurgo nelle zone di guerra, fondatore della ong Emergency, voce tra le più ascoltate del pacifismo italiano. Non credente dichiarato, eppure a suo agio in un contesto come quello del Cortile di Francesco che si inaugura oggi ad Assisi (per informazioni cortile.sanfrancescopatronoditalia.it). Il suo dialogo con la giornalista Lucia Annunziata è in programma per questa sera alle 21, sulla piazza della Basilica Superiore. Si parlerà di guerre e migrazioni, due argomenti che Strada conosce molto bene, ma il cui legame è ancora troppo poco avvertito dall’opinione pubblica. «Basterebbe scorrere l’elenco dei Paesi da cui provengono i profughi – osserva –. Siria, Afghanistan, Iraq. Tutti teatri bellici. E quando non lo sono in senso stretto, come in Nigeria, il terrorismo fa il resto e la guerra è dietro l’angolo».E questo che cosa significa?«Che negli ultimi quindici anni l’opzione bellica è stata la più esercitata, difesa, praticata e osannata dai governi delle nazioni più potenti del mondo. Possiamo prendere come discrimine l’11 settembre 2001, anche se si tratta di una scelta molto approssimativa. Fatto sta che prima abbiamo esportato la guerra e adesso ne importiamo le conseguenze».Il suo è un giudizio decisamente duro.«A me sembra solo realistico. In molti Paesi, oggi, le condizioni di vita sono terribili e i diritti umani individuali pressoché inesistenti. Le persone scappano, certo: che cosa dovrebbero fare? Durante la Seconda guerra mondiale anche i nonni scappavano dai bombardamenti, ma ormai ce ne siamo dimenticati, non ci ricordiamo più che mezzo secolo fa gli sfollati eravamo noi. Le migrazioni di cui siamo testimoni in questo momento sono un fenomeno inarrestabile. Sarebbe stupido illudersi di fermare flussi di questa entità. Ma ancora più stupido è sostenere che questi stessi flussi abbiano un’influenza negativa sulle nostre società. Semmai, è vero il contrario: quello dei migranti è un contributo positivo, anche dal punto di vista economico».Eppure in Europa sorgono muri e si rafforzano le frontiere.«Segno che l’Europa resta una bella idea, ma all’atto pratico emergono ancora atteggiamenti di gretto nazionalismo. Di recente ci sono stati anche molti episodi di solidarietà e accoglienza, per fortuna, ma questa volta i protagonisti sono stati i cittadini d’Europa, non i loro governi. Ed è a questa Europa dei cittadini che i politici dovrebbero dare ascolto. In caso contrario, continuerà a prevalere la logica della paura e, quindi, della guerra».Qual è la sua speranza?«Che l’umanità riesca a fare finalmente il grande salto culturale che molti attendono ormai da secoli. Scacciare la guerra dall’orizzonte della storia, ecco quale dovrebbe essere il nostro obiettivo. Perché la guerra non produce nulla, se non nuove povertà e nuove discriminazioni. La mia speranza sarebbe questa, ma confesso di non essere troppo ottimista. So bene che la guerra è una caratteristica degli esseri umani. In natura capita che una volpe aggredisca una gallina, ma non si è mai visto un branco di polli dare l’assalto a un pollaio. Era già la convinzione di Erasmo da Rotterdam, ma anche con le citazioni, ormai, bisogna andarci piano. C’è sempre il rischio che qualcuno pensi che mi sto riferendo a un profugo olandese. Non si sa mai, a questo punto».Eppure papa Francesco continua a pronunciarsi con forza contro la guerra.«Come prima di lui ha fatto Giovanni Paolo II, per esempio. Parole chiare e inequivocabili, in un caso come nell’altro. La mia impressione, purtroppo, è che il Papa sia rispettato e ammirato in moltissime occasioni. Non appena prende posizione contro la guerra, però, viene considerato alla stregua di un vecchio idealista. Succedeva anche con Wojtyla, appunto, che su questo tema si è espresso con dichiarazioni di portata storica, alle quali in troppi non hanno voluto dare ascolto».L’Anno Santo della Misericordia può essere un’occasione di riflessione?«La misericordia è un atteggiamento su cui credenti e non credenti dovrebbero trovarsi in piena sintonia. Per me è il corrispettivo di quello che Bertrand Russell e Albert Einstein scrissero nel 1955 alla fine del loro Manifesto : “Ricordatevi della vostra umanità e dimenticate il resto”».Emergency è nata nel 1994: da allora qualcosa sarà pure cambiato, no?«La globalizzazione ha galoppato, il divario tra i pochissimi ricchi e i moltissimi poveri è ulteriormente peggiorato e la Terza guerra mondiale, nei fatti, è già cominciata. Proprio per questo, però, e proprio perché i cittadini sono sempre meno rappresentati, non si può rinunciare a far sentire la propria voce. Bisogna impegnarsi a favore delle generazioni future, investendo sempre di più sulla formazione e sulla sensibilizzazione. Seminare, seminare nonostante tutto, anche nella consapevolezza che non saremo noi a vedere i frutti. Abbiamo bisogno di una cultura diversa. Anzi, no, mi correggo: abbiamo bisogno di cultura. L’alternativa è la barbarie che abbiamo davanti e alla quale non possiamo arrenderci».
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