lunedì 29 gennaio 2024
Alla British Library di Londra l’esposizione “Fantasy: Realms of Imagination”:oltre cento oggetti dalla fiaba al revival di Artù, da Tolkien a Bulgakov fino ai manga
Fantasy: Realms of immagination, British Library, Londra

Fantasy: Realms of immagination, British Library, Londra - The British Library Board

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La scoperta fortuita o a lungo sperata di un passaggio segreto – una grotta, una porta nascosta sul fianco di una collina o persino un armadio – permette l’ingresso in un mondo diverso dal nostro, che suscita un fascino immediato e irresistibile, un misto di curiosità e timore. Poi finalmente l’incontro con un’alterità che vive secondo strani costumi e regole… Quello del viaggio in un altro mondo – che sia il regno dei morti, quello di Féerie o l’Isola che non c’è è tutto sommato secondario… – è un tipo narrativo che si ritrova praticamente in tutti i tempi e in tutte le civiltà, dall’antichità ai giorni nostri. Si potrebbe dire che da sempre l’uomo usi la sua fantasia per creare mondi immaginari e per sognare di esplorarli e poi raccontarli. Di questo – ma, come vedremo, anche di molto altro ancora – si occupa la mostra Fantasy: Realms of Imagination, inaugurata alla British Library di Londra alla fine di ottobre e che si potrà visitare fino al 25 febbraio.

Più di cento oggetti – che vanno dai manoscritti medievali a rare edizioni, passando per cimeli cinematografici, disegni e costumi teatrali, solo per citarne alcuni – per mostrare come il tema dei regni dell’immaginario sia stato e possa essere declinato in infiniti modi, come illustrano le diverse sezioni della mostra. Si inizia con quelle che vengono considerate le radici, e cioè la fiaba e il racconto popolare, e si prosegue con l’epos e i viaggi avventurosi alla ricerca di oggetti preziosi, poi ci si addentra nelle sezioni dedicate ai luoghi – foreste incantante, biblioteche impossibili e altre bizzarre architetture – e in quelle che descrivono l’ampia varietà degli abitanti dei mondi fantastici.

Il principale pregio della mostra è anche il suo maggior limite, e cioè l’assenza stessa del limite, una tendenza all’accumulo che pone il visitatore davanti alle opere e agli autori più disparati, non sempre con opportuni distinguo, col rischio di mettere tutto sullo stesso piano. Se questa sovrabbondanza permette di scoprire oltre ai grandi classici (dai più scontati Grimm, Andersen, Carroll, C. S. Lewis e Tolkien passando anche per Kafka, Bulgakov, Borges…) anche autori contemporanei meno noti, non mancano le giustapposizioni ardite e ci si sorprende, per esempio, nell’ammirare una bell’edizione di fine Ottocento di Le Morte D’Arthur di Thomas Malory accanto a un manga di Dragon Ball, come pure spiazza imbattersi nell’Iliade, seppure nella sezione Into Battle, e in altri capolavori che non si collegano immediatamente al tema. La sensazione è che senza opportuni paletti il fantasy diventi un grande contenitore che accoglie ogni cosa, una sorta di bocca dell’inferno che tutto divora, un enorme castello gotico sotto il cui tetto si trovano a convivere protagonisti e creatori di poemi cavallereschi, romanzi gotici e horror, librigame e videogiochi, ballate folk-rock, giochi da tavola e opere cinematografiche, dipinti e graphic novel, persino balletti e musical.

Più che proporre una classificazione sistematica che non sarà mai esaustiva, sarebbe interessante approfondire il diverso valore attribuito a quei mondi a seconda dei contesti culturali e quali riflessioni accompagnano il processo stesso della creazione. Non di rado dietro l’ideazione di un mondo immaginario si cela ovviamente il desiderio di osservare il mondo reale da un’altra prospettiva, per comprenderlo meglio o per criticarlo, per immaginare come dovrebbe essere e non è, per cercare di dargli un’altra forma. Così è stato per Tommaso Moro, così per Jonathan Swift, cui si dà giusto rilievo. Esiste però l’evasione per il gusto dell’evasione, senza impegno, e non è un fenomeno esclusivamente contemporaneo, seppure non sia del tutto fuori luogo pensare che ora sia più diffuso che in passato. Non che questi temi siano assenti, ma, more anglico, ci si limita a presentare e descrivere, senza una chiara linea interpretativa che prenda una posizione, correndo il rischio di risultare divisivi

Chi frequenta miti e leggende antiche e medievali sa bene che, se non si vuole finire intrappolati, bisogna guardarsi dall’accettare qualsiasi cibo o bevanda venga offerto nel mondo “altro”, che siano chicchi di melagrana o un sorso dalla coppa delle fate: un solo assaggio potrebbe impedire il ritorno alla vita autentica nel mondo reale. Eppure non pochi finiscono per cedere alle lusinghe di un regno fatato che fa sembrare gli affanni di tutti i giorni un lontano ricordo e in cui il tempo pare fermarsi. La mostra si chiude con la sezione “Worlds of Fandom” e con un video in cui dei giovani appassionati, tra cui alcuni cosplayer, intervistati a margine di un evento sul tema, danno una loro definizione di fantasy. Ne viene fuori l’idea di una dimensione speculare e quasi sostitutiva della realtà, in cui è sufficiente una certa narrazione per apprezzare ciò che non si riesce a vivere nella quotidianità: la ricerca di un senso che renda l’esistenza più interessante, la possibilità di sperimentare ciò che si vuole essere senza i limiti della vita reale, persino il luogo ideale in cui fare esperienza di uno spirito di comunità e appartenenza altrimenti sconosciuti.

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