sabato 3 aprile 2021
Nel giorno di Pasqua la classica di primavera, corsa belga fra le più faticose con i suoi 255 chilometri. L'emergente gregario Davide: «Ora corro per Alaphilippe, ma sogno di vincerla io in futuro»
Il ciclista Davide Ballerini, oggi impegnato nel Giro delle Fiandre

Il ciclista Davide Ballerini, oggi impegnato nel Giro delle Fiandre - Luca Bettini

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Ha il cuore di pietra e la testa dura. Un nome che evoca battaglie - Davide - e un cognome che non ha niente a che fare con quel Franco Ballerini che in ogni caso è il suo punto di riferimento, sogno e archetipo. Davide Ballerini non ha fionda, ma un cavallo d’acciaio. Non prende la mira, ma ammira, osserva e scruta. Non ha un Golia davanti a sé, ma una muta di corridori famelici, che sui muri delle Fiandre quest’oggi - giorno di Pasqua - gli daranno la caccia, andando alla ricerca di una gloria sportiva e laica, anche se da queste parti il ciclismo è da sempre considerata una religione. Davide Ballerini non sarà il re da seguire in maniera incondizionata, ma come da troppo tempo capita ai nostri connazionali, sarà uno dei tanti fedeli scudieri e uomini di fatica che per sua fortuna milita nella squadra più forte e attrezzata, quella del campione del mondo Julian Alaphilippe: la Deceuninck Quick-Step.

È un’Italia d’esportazione, la nostra. Di fatica e raccordo. Qui nell’immediato dopoguerra e su queste strade, molti nostri connazionali si sono trasferiti in cerca di un lavoro e di un futuro migliore da garantire ai propri figli. Tanti emigrati hanno sgobbato nelle miniere di carbone, con l’umiltà di un popolo che era in ginocchio e voleva assolutamente rialzarsi. Ciclisticamente parlando, quello che stiamo vivendo è un ciclismo impoverito, fatto di ragazzi al servizio di una nuova generazione di fenomeni, nella quale noi italiani ricopriamo il ruolo di onestissimi portatori d’acqua o tuttalpiù di operai specializzati. Davide Ballerini viene da Cantù e vive a Vacallo, nel Canton Ticino. Ha 26 anni e tanti sogni.

Oggi sarà l’uomo di fatica e di supporto, e si spera possa essere - se ci sarà l’occasione - anche l’uomo in più. «Sognavo di diventare un giorno corridore e ce l’ho fatta. Sognavo di arrivare in questa squadra e ci sono riuscito. Adesso sogno le Classiche del Nord, ad incominciare da questo magico Giro delle Fiandre, anche se la più bella di tutte resta la Roubaix. Sono comunque felice già di esserci, ma il vero sogno, quello più grande e vincerle. Provare un giorno a vincere queste corse che profumano di storiua, soprattutto la classica del pavé, la corsa che per due volte è finita a Franco Ballerini, un corridore che io ho amato come nessun altro». Oggi il Fiandre, con il compito di portare là il campione del mondo Julian Alaphilippe, per la Roubaix Davide dovrà aspettare invece il 3 ottobre, visto che per questioni pandemiche è stata differita.

«Oggi tutti per Julian, anche se la sfida è tra titani, con Wout Van Aert e Mathieu Van der Poel in pole. Però occhio anche a Peter Sagan, o al nostro Kasper Asgreen. Gli italiani? Non vedo male Matteo Trentin, così come Sonny Colbrelli. Per Giacomo Nizzolo, invece, mi sembra un po’ dura. Per quanto riguarda la Roubaix spero di tenere la condizione fino ad ottobre, ma visto che in testa mi ronza anche il Mondiale (si correrà in Belgio, a Lovanio, il 26 settembre, ndr), e la Regina delle classiche sarà in programma la settimana successiva, beh, ci farò ben più di un pensierino…». La sua squadra viene chiamata in Belgio "Wolfpack", branco di lupi: con loro ha fatto il salto di qualità che sperava. «Mi sono riscoperto veloce grazie al preparatore della squadra Vasilis Anastopoulos, il quale mi ha convinto a concentrarmi di più sul mio spunto veloce. Ha avuto ragione lui».

Pavè, côte o sterrato? «Pavè in primis, sterrato e côte li metto al secondo posto a pari merito». Com’è correre con il campione del mondo? «Fantastico. Julian è un uomo squadra, un campione di prima grandezza e dopo Imola 2020 non è cambiato di una virgola. Non è da tutti, soprattutto quando raggiungi certi livelli». In squadra hai anche un talento assoluto che si chiama Remco Evenepoel, che tra l’altro vedremo al Giro. «Nonostante sia più piccolo di me, ha un carisma impressionante ed è determinato come pochi. Classe pura». Quale trofeo vorresti portarti a casa al termine di questa stagione? «Una pietra di porfido, molto pesante, che viene da Roubaix. Avete presente?».

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