DI LUCA MAZZA O ggi c’è Milan-Inter a Pechino. E a pensarci bene questo è molto più di un derby. In palio c’è qualcosa di incredibilmente più importante della Supercoppa italiana. Perché la partita vera, quella che interessa al sistema calcio italiano, si è già giocata nei giorni precedenti e non l’ha persa nessuna delle due milanesi. È il match con la Cina, che bisognava vincere a tutti i costi. E così è stato. La finalissima è un affare che non si ferma ai 10 milioni di euro che la Lega di Serie A si è assicurata scegliendo la “Città Proibita” come teatro per tre edizioni della Supercoppa Italiana fino al 2014 (questa è la seconda dopo l’Inter- Lazio del 2009). Per comprendere a pieno il business bisogna andare oltre anche all’incasso che la trasferta orientale garantisce a Inter e Milan: un milione e 650mila euro a testa. Basta vedere quale è stato il vero impegno che le due squadre hanno dovuto sostenere da quando hanno messo piede a Pechino per rendersene conto. Gli allenamenti sul campo sono stati programmati come fossero degli intervalli tra i tanti eventi commerciali a cui i loro campioni sono stati costretti a partecipare. Ieri mattina, ad esempio, l’Inter al completo è salita sulla piattaforma dell’eliporto, all’ottantesimo piano dell’hotel che ospita la squadra. Eto’o e compagni erano in posa per la Nike per presentare al mondo, dalla Cina, la nuova maglia da trasferta dei nerazzurri per la stagione 2011-2012. Anche il Milan non è stato da meno. Due giorni fa, infatti, nel negozio di Dolce&Gabbana situato nel Central Businnes District (il quartiere delle multinazionali nel cuore di Pechino) è stato presentato il libro fotografico sui Campioni d’Italia. Questi avvenimenti testimoniano come siano stati soprattutto gli sponsor a caldeggiare la trasferta. Ma perché proprio in Cina e non in un altro Paese? Risposta scontata. Il “Gigante asiatico” è ormai una potenza economica consolidata e viene visto come una miniera d’oro da cui attingere perfino in campo calcistico. Ma alla Cina non interessa solo il pallone. Sono lontani i tempi in cui ci si limitava al ping pong e alle arti marziali. Nel giro di tre anni questo è diventato il Paese dello sport: dal calcio al basket, passando per il nuoto. È iniziato tutto con le Olimpiadi del 2008 a Pechino, poi è stato un susseguirsi di eventi, ultimo dei quali i campionati mondiali di nuoto di Shanghai terminati pochi giorni fa. È lo sport in genere che trova terreno fertile in una Repubblica popolare che adesso ha fame di adrenalina ed emozioni da gioco, dopo i troppi decenni di chiusura all’Occidente e ai suoi divertimenti. L’esempio del basket è calzante. Il campionato Nba negli Usa è a rischio a causa del mancato accordo tra proprietari dei 30 team e giocatori sul nuovo contratto collettivo. Tra le nuove frontiere dove i giganti americani potrebbero finire in “esilio” c’è proprio la Cina, pronta ad accoglierli a suon di milioni. Del resto di quanto sia accesa la passione del popolo con gli occhi a mandorla per lo sport se ne sono accorti in questi giorni anche i giocatori di Inter e Milan, letteralmente presi d’assalto per foto e autografi appena facevano capolino fuori dalle loro stanze d’albergo. Se ne avrà un’ulteriore dimostrazione oggi, quando lo stadio Nido d’Uccello sarà gremito di spettatori. Saranno quasi tutti “made in China”, perché la maggior parte dei tifosi rossoneri e nerazzurri ha boicottato una trasferta troppo lunga ed esosa per le loro tasche. Loro la partita la vedranno da casa, sperando che la propria squadra torni a Milano con la Supercoppa. Milan e Inter si daranno battaglia in campo. Entrambe vorranno vincere, consapevoli però che, comunque vada, è già stato un successo. Un milione e 650 mila euro di compenso ai due club: dopo i Giochi 2008 la Cina sempre più regina del business in nome dello sport