sabato 17 maggio 2014
COMMENTA E CONDIVIDI

​Da ieri, l’Agenzia spaziale italiana ha un nuovo presidente. È Roberto Battiston, astrofisico, che dopo avere lavorato al Cern ha dedicato vent’anni della sua vita ad Ams, un esperimento come quelli di Ginevra, che però orbita a 400 chilometri dalla Terra. Battiston dunque è ora alla guida di quella che molti definiscono la "Nasa italiana". L’Asi è nata nata nel 1988 per coordinare le attività e gli investimenti per il settore spaziale, ed è un ente pubblico che dipende dal Ministero dell’Università e della ricerca. Di recente era stata commissariata. Quindi il ruolo del nuovo staff guidato da Battiston, sarà importante per il rilancio del nostro ente spaziale.A guidare il team internazionale di Ams, realizzato nell’ambito di una collaborazione proprio tra Nasa, Infn e Asi c’è il sino-americano, Nobel per la fisica, Samuel Ting. Ma il vice-responsabile è proprio Roberto Battiston, fisico, docente e ricercatore presso l’Università di Trento. Ams è uno dei più grandi apparati scientifici mai inviati nello spazio. Certamente è il più grande di quelli portati sulla Stazione spaziale internazionale. E altrettanto grande è l’aspettativa del team internazionale di scienziati, che da questo laboratorio spaziale si attendono dati e conferme importanti, che potrebbero aprire importanti finestre sulla storia dell’Universo.Ams (dalle iniziali, in italiano, di Spettrometro Magnetico Alfa) è stato portato in orbita, e collocato su uno dei "balconi" esterni della Stazione spaziale, nella penultima missione di uno space shuttle: era il maggio di tre anni fa, e su quella navetta c’era anche l’astronauta italiano dell’Esa Roberto Vittori.Professor Battiston, da poche ore lei è il nuovo presidente dell’Asi. Una grande soddisfazione...«Una grande soddisfazione certamente, e anche grande responsabilità. Avrò infatti il compito di risollevare le sorti della nostra agenzia spaziale, dopo un recente periodo di rallentamento. Dobbiamo confermare il ruolo dell’Italia come leader in campo spaziale, siamo la terza nazione europea maggiormente impegnata in campo spaziale e abbiamo un ruolo importante in ambito internazionale, e l’Italia non può permettersi un rallentamento delle sue funzioni in un contesto altamente competitivo».

Da presidente dell’Asi, che affronta questa nuova avventura, può dirci com’è la situazione della scienza spaziale in Italia?«Celebriamo i cinquant’anni dell’Italia nello spazio, che divenne il terzo Paese a lanciare un proprio satellite, il San Marco 1, un satellite scientifico. In questo momento c’è un rallentamento delle attività scientifiche e tecnologiche spaziali a livello nazionale, nonostante si stiano raccogliendo i frutti dei progetti avviati 10 o 15 anni fa. Per i grandi progetti spaziali infatti, le decisioni e i relativi investimenti avvengono molti anni prima. A causa del rallentamento attuale, fra qualche anno non avremo in orbita nuove missioni scientifiche. Noi italiani abbiamo un’ottima tradizione nel settore spaziale, e dovremmo proseguire su questa strada, che ci vede protagonisti fin dagli inizi». Nuovi programmi?«È prematuro parlarne ora, ma è nell’interesse di tutti avere un’agenzia spaziale dove le attività scientifiche e industriali trovino un modo bilanciato e armonico di procedere, e definire le strategie che portino in questa direzione».Parliamo della "sua" creatura Ams. Perché inviare uno strumento di 8 tonnellate sulla Stazione spaziale?<+TONDOAGORA>«In primo luogo per studiare l’antimateria, e per ricavare indicazioni su fenomeni fisici come la materia oscura, da cosa è causata e come è fatta. Nonostante i continui progressi nello studio delle particelle elementari e delle forze fondamentali, non sappiamo che fine ha fatto l’antimateria, né cosa siano la materia oscura e l’energia oscura. Ams è uno strumento unico per questo tipo di ricerche, misurando con grandissima precisione i raggi cosmici. Conosciamo soltanto il 4-5 per cento della materia di cui è formato l’Universo. Il resto, 95 per cento, è ancora tutto da scoprire».È uno strumento molto sensibile, realizzato dopo anni di studi ?«La sua sensibilità all’antimateria è almeno cento volte migliore di ogni altro strumento messo in orbita fino ad oggi. È in grado di rivelare una particella di antimateria in dieci miliardi di particelle di materia, come se durante un temporale a Roma si potesse rivelare una goccia d’inchiostro che in qualche punto della città stia cadendo mescolata alle gocce di pioggia... La rivelazione di un solo antinucleo di elio nei raggi cosmici basterebbe a rivoluzionare la nostra comprensione delle prime fasi dell’universo». Come è fatto Ams?«Misura 4 metri di lato, pesa 7,6 tonnellate: l’elemento cruciale è il suo grande magnete equipaggiato da un precisissimo tracciatore al silicio, lo strumento in grado di separare materia da antimateria. Più che uno strumento singolo, può essere considerato come un insieme di apparati di misura, simili a quelli dei grandi acceleratori di particelle, in grado di identificare ogni singolo raggio cosmico che lo attraversa. Abbiamo avuto il timore che non partisse: l’incidente al Columbia del 2003, portò alla cancellazione di tutti i voli non dedicati alla costruzione della Stazione Spaziale. Ma poi, data l’importanza scientifica di Ams la stessa Nasa, dopo il nuovo corso avviato da Obama con la nomina dell’amministratore Bolden, ne ha nuovamente approvato il lancio che, date le caratteristiche dell’apparato, non poteva avvenire che con lo shuttle». Come iniziò ad appassionarsi alla scienza e alla fisica?Da ragazzo ero molto curioso per scienza e tecnica, specie per l’elettronica. Smontavo radio e tv per capire com’erano fatte e come funzionavano. Eppure ho frequentato il liceo classico... Poi però all’Università, alla Normale di Pisa, ho conosciuto professori e ricercatori di grande livello, che mi hanno "contagiato", passandomi la passione per la fisica. Poi ho iniziato la carriera di ricercatore e docente, per trent’anni all’Università di Perugia, ora in quella di Trento. Nel corso della mia attività di ricerca in fisica fondamentale ho partecipato anche agli studi sulle particelle per la cui scoperta fu premiato Carlo Rubbia con il Nobel nel 1983».E all’Università di Perugia passò anche Roberto Vittori...«Sì, proprio l’astronauta italiano dell’equipaggio che ha portato in orbita l’Ams-02! Aveva scelto di laurearsi in fisica, nel periodo tra la sua prima e seconda missione su una Sojuz russa, e io sono stato suo relatore di tesi. Ho conosciuto molti astronauti, come Mark Kelly, il comandante di quella missione dell’Endeavour che portò Ams in orbita. Mark è uno dei due astronauti gemelli che fra non molto si sottoporranno ad un test ideato dalla Nasa, per capire quanto le radiazioni nello spazio può influenzare la salute di un astronauta impegnato nello per un lungo periodo. Mark resterà a terra, mentre il fratello Scott starà sulla Stazione spaziale per un anno e si cercherà di capire l’effetto delle radiazioni sul gemello andato in orbita». Un test che lei seguirà con particolare interesse, vero?«Guido un progetto di ricerca europeo che ha l’obiettivo di sviluppare metodi di protezione degli astronauti dalle radiazioni nel corso di missioni nello spazio profondo, come i futuri viaggi verso Marte. Si tratta di una ricerca svolta in collaborazione con aziende ed enti di ricerca, con l’obiettivo di sviluppare nuove tecnologie nel settore della superconduttività, della criogenìa e dei materiali innovativi». E poi c’è un satellite per lo studio dei terremoti dallo spazio. Di cosa si tratta?«È un progetto che abbiamo avviato con la Cina per un satellite che verrà lanciato nel 2016, che da lassù effettuerà ricerche innovative. Ovviamente non potrà prevedere i terremoti, ma fornire nuove informazioni sulle loro caratteristiche monitorandoli come è possibile solo dallo spazio. Se ne verificano un migliaio all’anno, e per fortuna solo pochi hanno conseguenze catastrofiche; dallo spazio è quindi possibile raccogliere una grande statistica ed effettuare studi accurati».

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: