lunedì 15 ottobre 2012
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​«Sasol lee una sitee internasionel la geint l’ha fat i lauv col matonel» («Sassuolo è una città internazionale, la gente ha fatto i soldi con le mattonelle») cantava uno dei suoi figli prediletti, il cantautore sassolese Pierangelo Bertoli. Quando si nomina la “sana provincia italiana”, è inevitabile tirar fuori la cartolina di Sassuolo. Gente ospitale e laboriosa che, alla sera, uscendo dalle circa 400 aziende ceramiste, passa sotto i portici del centro di una città di 45mila abitanti, orgogliosa del suo miracolo economico, ma anche di quello calcistico dei ragazzi di patron Squinzi. Il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, da quando dal 2004 ha ufficialmente preso in mano le redini del club emiliano lo ha portato dalla C2 a un passo dalla Serie A. Negli ultimi tre anni la promozione è sfumata soltanto alle semifinali play-off, con il Torino nel 2009-2010 e a giugno scorso contro la Samp. Un doppio confronto quest’ultimo con i doriani (2-1 a Marassi e 1-1 al ritorno a Modena), dal quale il Sassuolo è uscito fortemente penalizzato, al punto che patron Squinzi tuonò: «Se questo è il calcio, allora tanto vale che torni al ciclismo...». E, invece, Squinzi e la Mapei pedalano ancora più forte al fianco dell’Unione Sportiva Sassuolo Calcio del presidente Carlo Rossi. «La proprietà continua a coprire tutti i costi di gestione, ma in tempi di crisi economica il nuovo piano di investimenti è stato ridotto del 60%», spiega il direttore generale Nereo Bonato. Tagli in stile governo Monti, ma che in campo non si avvertono. Nonostante quella attuale sia la rosa più giovane dell’era Squinzi, il Sassuolo è in vetta alla classifica e i numeri parlano di una “Juventus della B”. La squadra allenata da Eusebio Di Francesco marcia, infatti, a una velocità pari a quella dei bianconeri retrocessi tra i cadetti nella stagione 2006-2007 (quella di Calciopoli). Sono 22 i punti conquistati in otto gare dai neroverdi: 7 vittorie (4 su 4 in trasferta) e un pareggio. E in comune con la Juve di ieri e di oggi, oltre al primato-record, hanno anche il programma studiato appositamente dal Centro Ricerche Mapei Sport di Castellanza. Tabelle di allenamento, analisi e ottimizzazione dei fattori della prestazione, che in campo servono a far volare capitan Magnanelli e compagni. È una delle tre colonne storiche, ormai, il 28enne umbro Francesco Magnanelli che, con il portiere Pomini e l’attaccante Masucci, a Sassuolo ha messo radici. “Bandiere” che resistono da 8-9 anni e che hanno visto passare dalla panchina tecnici del calibro di Allegri, Pioli e Pea. «Allegri è un talento allo stato puro inevitabile che finisse al Milan. Pioli è la forza della volontà e quella lo ha portato in Serie A. Pea lo chiamavano il “Mourinho della B”, ma occhio al nostro mister Di Francesco – spiega il capitano –. Dicono che sia uno “zemaniano puro”, ma si sbagliano, perché cura tantissimo anche la parte difensiva». Gli appena 3 gol subiti dal Sassuolo lo testimoniano ampiamente. Ma questa è una squadra forte in ogni reparto, dalla difesa con l’Under 21 Frascatore, al centrocampo, dove è sbocciato il giovane Berardi (classe ’94) all’attacco, in cui il bomber Pavoletti è già a quota 5 reti. E poi il Sassuolo è l’unica società che in 88 partite è riuscita a schierare una formazione completamente italiana (nei 14 elementi impiegati), vincendo contro il Vicenza (alla sesta giornata). Tre gli stranieri a disposizione di Di Francesco: l’australiano Valeri, e i ghanesi, scuola Juventus, Chibsah e Boakye. Quest’ultimo, classe ’93 è un “cavallo di ritorno” sul quale Magnanelli scommette: «L’avevano dipinto come una testa calda alla Balotelli, ma non è così. Boakye è un predestinato, uno che è capitato nel posto giusto al momento giusto per poter diventare presto un grande del calcio». Ma sono tanti i punti di forza di questo club che ogni sabato (la domenica è l’eccezione odierna) muove da Sassuolo le carovane dei tifosi organizzati (gli Antenati, Sasol e le Monelle, Alcatraz e il Puma Fan Cleb), i 1.500 abbonati (la media presenze è di 3mila spettatori) che con il vecchio stadio Ricci non abilitato per la Serie B, ormai, hanno trovato ospitalità al Braglia, la casa dei “cugini” del Modena. Coabitazione pacifica, «perché qui facciamo calcio per divertirci e per divertire la gente», spiega Magnanelli. Il calcio con il sorriso, come quello che nello spogliatoio porta Troianello, attaccante napoletano, lo “sdrammatizzatore” dalla vena comica alla Massimo Troisi. Ragazzi lontani anni luce dal “non ci resta che piangere” di Scommessopoli. «Se solo avessi il sentore della benché minima “combine” non solo denuncerei come ha fatto Simone Farina, ma forse smetterei di giocare il giorno dopo... E posso assicurare che tutti i miei compagni di squadra la pensano alla stessa maniera», assicura capitan Magnanelli che da poco è diventato papà della piccola Sofia e con la compagna Annalisa sogna in futuro un’esperienza all’estero. «Ma prima – dice – vorrei andare Serie A con le mie gambe e possibilmente con il Sassuolo. Questo deve essere l’anno della svolta...». Un anno di impegno totale, come sempre, in campo e fuori. A cominciare dalla prossima visita della squadra ai terremotati dell’Emilia, fino alla lotta al razzismo. «Affrontando il Varese (oggi, ndr) incontreremo Ebagua che sappiamo ha avuto problemi, addirittura con i propri tifosi – spiega Magnanelli –. Purtroppo qualcosa di spiacevole è accaduto anche a noi (a Verona, ndr) con Boakye. Quegli ululati razzisti sono vergognosi, dobbiamo impegnarci tutti a far restare fuori dallo stadio certe frange che non hanno niente a che vedere con il calcio». Il calcio qui è fatto solo di sogni, in una realtà allenata a pensare in grande. Il sogno è quello di vedere il Sassuolo diventare il “Villarreal italiano”, «anche gli spagnoli, come noi, vivono di ceramica». Il pensiero in grande, è quello di patron Squinzi che da milanista si augura un «Sassuolo in A, che mi batte l’Inter...».
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