martedì 20 luglio 2010
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Chissà se Sir Thomas Beecham, quando nel ’46 fondò la Royal Philharmonic Concert Orchestra, avrebbe mai immaginato di vedere un giorno quella sua creatura – concepita per ripicca dopo l’esautorazione dalla guida della London Symphony Orchestra – mettersi al servizio con tanto slancio della musica popolare. Certo è che il nuovo album di Sting Symphonicities, somma il piacere dei primi posti nelle hit-parade alle polemiche per la scelta di una casa discografica storica e blasonata come la Deutsche Grammophon di apporre il suo marchio sulla madre di tutte le operazioni commerciali: fondere i mondi della classica a quello dei Police col placet della Royal Philharmonic e di un direttore apprezzato in passato accanto a Pavarotti e Bocelli quale Steven Mercurio. Operazione che ha già trovato un suo risvolto "live" col tour mondiale approdato nel weekend scorso sul palcoscenico del Ravinia Festival di Chicago davanti a trentaseimila fans. Due concerti all’insegna del tutto esaurito lungo la strada che in autunno porterà lo show pure in Europa, con repliche pure a Firenze il 25 ottobre, Milano il 2 novembre, a Torino il 3 e a Roma il 10. Gettarsi in un’impresa del genere non deve essere stato semplice.La musica è libertà. Occorre contemporaneità nelle cose e sono felice che la pensino così pure i dirigenti della Deutsche Grammophon. Quelli che in materia fanno i puristi mi ricordano i talebani. Dopo gli album di musiche per liuto dedicato a John Downland e la raccolta di carole natalizie ho pensato di rileggere il mio passato da un’angolazione completamente diversa rispetto a quelle avute finora.Il pretesto chi glielo ha dato?Una serata di beneficenza del maggio 2009 che mi dette l’opportunità di rileggere il mio repertorio proprio qui a Chicago nel maggio del 2009 assieme all’Orchestra Sinfonica cittadina diretta da David Hartley.Poi cosa accadde?Decisi di dilatare il songbook dalla quindicina di brani eseguiti in quell’occasione a poco meno di una quarantina per costruirci sopra un disco ed un tour. Tutto provando a bilanciare bene pezzi famosi e pezzi un po’ meno familiari al grande pubblico per evitare l’effetto greatest hits.A New York si esibirà al Metropolitan, ma a Milano dovrà accontentarsi degli Arcimboldi e non avrà la Scala.La Scala rimane un sogno che spero prima o poi di coronare. Avevo provato a bussare ai portoni del tempio della lirica pure nei due tour precedenti, ma senza esito. Comunque non mi demoralizzo. E insisto: mi piacerebbe suonare alla Scala.È vero che col passare degli anni è sempre più difficile scrivere nuove canzoni?Da ragazzo non hai inibizioni e scrivi tutto quel che ti passa per la testa, mentre più vai avanti col tempo e più diventi esigente, autocritico, difficile da soddisfare. Ne ho parlato pure con Zucchero e ci siamo trovati d’accordo.Col tour di due anni fa l’epopea Police è finita?Sì. Quel lungo giro di concerti stato molto soddisfacente sia dal punto di vista umano che economico, ma non sento il bisogno di farne un altro.Che progetti ha?Con Brian Yorkey, Premio Pulitzer per la piéce Next to normal, ho preso l’impegno di lavorare ad un musical dai tratti in parte autobiografici ispirato alla storia di un costruttore di barche di Newcastle.
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