mercoledì 15 agosto 2018
Serpeggia un sospetto: l’arrivo di CR7 ha già chiuso il campionato prima ancora di iniziare
Cristiano Ronaldo in azione nell’amichevole di allenamento contro la Juventus B a Villar Perosa (Ansa/A.Di Marco)

Cristiano Ronaldo in azione nell’amichevole di allenamento contro la Juventus B a Villar Perosa (Ansa/A.Di Marco)

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Mi ha scritto un amico: «Non sopporto l’idea di iniziare il campionato sapendo che la mia squadra del cuore può arrivare al massimo seconda. Tutti dicono che Cristiano Ronaldo è il valore aggiunto del torneo, non sono d’accordo: lo spegnerà, e prestissimo, se la Juve vincerà in allegria le prime cinque partite». Giuro che non è mia, questa affermazione di pessimismo della ragione alla quale oppongo anzi il gramsciano ottimismo della volontà, pur se antiche note – inutilmente smentite – mi dicono che anche Gramsci fosse tifoso della Juventus. Come Togliatti e Berlinguer. Insomma, il popolo. No, il calcio non è così facile, non sarebbe un perdurante mistero, da agosto a maggio, consentendo anzi di passare dagli scudetti agostani – assegnati a chi ha speso di più – a quelli stagionali, negli ultimi anni spesso attribuiti al Napoli che li ha malvolentieri ma colpevolmente ceduti alla Juventus che li ha benevolmente raccolti fingendo trionfi ma in realtà piangendo sulle Champions versate.

Ho un ricordo personale – da tifoso – legato allo spareggio Bologna-Inter del 1964 vinto dai bolognesi che ne fecero un momento storico non solo per il pallone ma per la loro civitas. Qualche giorno prima l’Inter – abbondantemente sfruculiata dai vincitori a Roma – aveva conquistato a Vienna la sua Coppa dei Campioni più bella, tant’è che Angelo Moratti, non abituato a gesti da ultrà, si fece portare in spalla da Suárez e Guarneri levando al cielo la Coppa dalle Grandi Orecchie. «Non ho mai visto papà tanto felice », mi ha detto Massimo Moratti, che pure aveva sofferto per lo spareggio perduto. E ha aggiunto un dettaglio relativo a quell’oggetto di felicità: «Quando l’ho sollevata io, a Madrid, la notte in cui si completò il Triplete, ho avuto un moto di delusione: era leggerissima, inconsistente, ho pensato che per la sua importanza dovesse pesare di più». Segnalo la curiosa vicenda a Andrea Agnelli ché cominci ad allenarsi. A questo pensa, la Juventus, da quando si è messa in casa, in banca e in testa Ronaldo, il calciatore più famoso, più ricco, più bello e più forte del mondo. Si è messa in testa di vincerla, la Champions, ma l’ha già persa sette volte, pur avendo sempre una squadra competitiva. Quella di Atene ’83, ferita da Magath, era strepitosa.

Fingo di non dar peso al campione portoghese, e in effetti questa Juventus, se pur governata dal Ronald-one, non è irresistibile. Ma chi può ferirla? Il Napoli di Ancelotti, circondato di fenomeni imborghesiti e con un portiere pericoloso? L’Inter che si è infilata nel tunnel dell’amore ma non riesce a incontrare il suo Modric e nel frattempo tutti gli altri si sentono mezze calzette? Spalletti è bravo, ha detto che con Modric l’Inter sarebbe fortissima, senza, forte e basta. Che goduria. La Juventus sta vincendo lo scudetto psicologico, il trofeo glielo porterà direttamente l’avversario più in palla, fra Napoli, Inter, Roma e... Milan. Maldini – bentornato – ha detto che sarebbe bello arrivare quarti, nella zona Champions che il Milan percorre felice da decenni: oso invece pensare che, liberato di Bonucci e arricchito – dico poco – del bomberissimo Higuaín, potrebbe essere la grande sorpresa. Tutte insieme trarrebbero gioia e gioco arricchendo il Lotito che cederebbe volentieri Milinkovic-Savic: è forse l’ultimo mistero della campagna di rafforzamento estiva che ha arricchito quasi tutti i club maggiori – Juventus esclusa, ma i milioni ronaldeschi verranno, e copiosi. La Roma cercherà disperatamente un Alisson, il Napoli un Jorginho, l’Inter un Cancelo.

Sarebbe bello se ci fosse solo il campionato, in questa stagione, con i suoi candidati alla vittoria, con i soliti condannati a soffrire che negli ultimi anni hanno insaporito molte pietanze sciocche; ma c’è invece il caos di Lega e Federazione, con il multivideo che forse impedirà ai tifosi in bolletta (tanti, tantissimi) di veder sempre la squadra amata; con le incertezze tribunalizie che riguardano la B, nascente con 19 squadre e fra mille proteste e peraltro annunciante – si spera – una prossima A a 18. Di questi tempi, prima che il carrozzone si muova fra speranze e incertezze, si dovrebbe dire “ad maiora”. Se la lingua madre me lo consente direi “ad minora”. Seguirò infatti col cuore le nuove storie della mia terra al bordocampo del Cesena, del Modena, della Reggiana, che mi videro cronista in Serie A e che ritrovo, senza infamia, in Serie D. Come si dice a Bologna, «solo chi cade può risorgere».

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