domenica 6 agosto 2017
Archiviata la Lega Pro, ora lo storico campionato ripartirà con il vecchio nome. E con tre gironi
I sostenitori del Gubbio, squadra del girone B della nuova Serie C

I sostenitori del Gubbio, squadra del girone B della nuova Serie C

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Croce e delizia dei tanti che giocavano la schedina al sabato sera (“Seregno e Biellese come sono messe in classifica?”, “Ma Clodia Sottomarina dove si trova”; “Che bello, questa domenica c’è anche il nostro Montevarchi e poi leggeranno il risultato alla Domenica Sportiva”), la Serie C torna Serie C. Dal campionato che sta per iniziare, infatti, il parente povero dei campionati di calcio tornerà a chiamarsi proprio Serie C, dopo aver conosciuto una serie di denominazioni: Lega Pro, C1 e C2. E una variante infinita di classificazioni geografiche per comporre gironi (pure questi spesso variati di numero, da tre a cinque) e sfide: da quella classica Nord, Centro, Sud a quella orizzontale ma ogni volta con Sicilia e Sardegna spostate di qua e di là, oppure il Nord diviso tra Ovest ed Est fino alla suddivisione verticale con Trento e Pordenone assieme a club calabresi e trasferte che duravano anche due giorni all’andata e altrettanti al ritorno.

Dal 1935, primo anno di un campionato ufficiale di Serie C, ad oggi, quella che per molti italiani resta comunque la “terza serie”, di cambiamenti e problemi ne ha conosciuti a non finire. Soprattutto negli ultimi tempi, complice la crisi economica, con gironi di Lega Pro spesso mutilati di squadre non iscritte o addirittura con qualche club riammesso a campionato in corso. Da questo punto di vista, per il campionato che giovedì prossimo 10 agosto a Pescara conoscerà i suoi calendari, sembra davvero l’anno della svolta. In un senso o nell’altro. Il punto dolente è proprio la composizione dei gironi: non si è arrivati a 60 squadre perché, rispetto alle cinque che sono state escluse, solo una ( Triestina) è stata ripescata dalla D. Si va quindi a due gironi di 19 squadre e a uno da 18. Di contro, c’è l’entusiasmo di piazze storiche che si riaffacciano al grande calcio, di altre che mordono il freno per tornare ai vertici e di realtà giovani ma già mature per palcoscenici importanti. Nello scorso fine settimane, durante il primo turno di Coppa Italia di Serie C, è arrivata la conferma: oltre seimila paganti a Pisa, cinquemila a Trapani, per sfide (con tutto il rispetto per Varese e Paganese) non certo di cartello. E in due città che pure sono uscite malconce dall’ultimo anno in B. Ma la passione per il calcio può tutto. Ed ecco allora che già si contano a decine di migliaia gli abbonati per club di rango: Catania Lecce, Casertana, Padova, Livorno, Cosenza, Arezzo, Alessandria, tanto per fare qualche nome, mentre Piacenza prepara il derby cittadino con due squadre in C e piccole realtà affilano le armi e i campi, dalle lombarde Renate e Giana Erminio, espressione di Gorgonzola, passando per Santarcangelo di Romagna, Fondi, Francavilla e giù fino alla Sicula Leonzio e alle sarde Olbia e Arzachena. Aspettando le sfide a San Siro o all’Olimpico, e un po’ tutte sognando i salti tripli che in questi ultimi anni sono riusciti a Carpi, Frosinone, Crotone, Spal e Benevento, i tifosi della Serie C trainano anche le presenze degli spettatori: nel 2016/17 le presenze negli stadi italiani sono cresciute di 507mila unità (+3,57%): nonostante i 45.912 spettatori in meno della serie A e i 127.691 spettatori in meno della serie B, l’aumento di ben 681.289 spettatori nell’ormai vecchia Lega Pro ha permesso questo risultato positivo.

Un fenomeno che però non si riflette abbastanza sull’universo di circa duemila tesserati (tra giocatori e tecnici) che ruotano attorno alla C: le squadre di A e B preferiscono guardare all’estero piuttosto che tesserare da qui giocatori promettenti. E giovani. Come dimostra il fatto, ad esempio, che la Nazionale universitaria che la settimana prossima partirà per le Universiadi in Cina conta ben 8 giocatori sui 18 provenienti da squadre di Lega Pro. Giocatori e tecnici che spesso, soprattutto a metà campionato, si trovano a far di conto con… i conti che non tornano: mesi di stipendio arretrati, proprietà che svaniscono nel nulla, difficoltà perfino con il vitto e l’alloggio prima garantiti dai club. Sono passati alle cronache recenti i casi di Pisa e Maceratese, ad esempio, dove un allenatore come Gattuso o tifosi super fedeli si sono fatti carico perfino delle trasferte. Un campionato di serie C, del resto, ad un club può costare anche 1 milione di euro, tra ingaggi (comunque non elevatissimi, raramente un giocatore supera i 20-30mila euro l’anno), spese per le trasferte, formazioni giovanili e contributi previdenziali.

Luci e ombre sull’anticamera del grande calcio, insomma, ma anche tanta voglia di superare le difficoltà e aprire una nuova stagione, non solo prettamente calcistica. Come lascia intendere Gabriele Gravina, presidente della Lega di C, nel motivare la decisione di effettuare a Pescara i sorteggi per il prossimo campionato: «Abbiamo scelto Pescara per dare l’avvio ad una nuova stagione piena di entusiasmo e passione, nel cuore turistico di quell’Abruzzo che ha bisogno di grande energia e positività per ripartire con slancio ». Proprio come la cara, vecchia “terza serie” del calcio italiano.

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