venerdì 20 novembre 2015
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​È una delle cose più ambite, più ancora di un Ipad, più ancora di una station wagon 4 ruote motrici 330 cv, molto più di una vacanza alle Maldive, molto, ma molto, ma molto più di un hamburger con ketchup e patatine, molto, ma che dico moltissimissimo più di una partecipazione come concorrente a Masterchef: l’allegria.L’allegria è quella cosa che tutti vogliono: se si potesse vendere i negozianti diventerebbero ricchissimi; tutti sentono la nostalgia dell’allegria, appena se ne va sentiamo subito la sua mancanza, quando siamo annoiati, preoccupati o sconsolati, la desideriamo come un prigioniero anela la libertà. Qualche dottore è arrivato perfino a prescriverla almeno 3 volte al giorno, proprio come i pasti, per il benessere dei suoi pazienti.L’allegria andrebbe somministrata a tutti, sani ed ammalati, anche perché dopo un po’ che non la si frequenta il rischio di ammalarsi è molto serio. Ma purtroppo l’allegria non la si compra, non la si può somministrare sotto forma di pastiglie, sciroppi o supposte; non compare per magia e neppure arriva anche se si elevano suppliche o preghiere verso il cielo. Quando arriva l’allegria è perché è accaduto un miracolo, ma quel Signore là in alto non c’entra nulla: l’allegria arriva se ognuno di noi è disposto a sorridere quando si guarda dentro di sé, quando è disposto a sorridere appena incontra un’altra persona: se non c’è questa disposizione del cuore a sorridere, l’allegria se ne sta fuori dalla porta. Il sorriso è il passaggio a livello dell’allegria, e l’allegria è il passaporto per le Maldive di quel Signore là in alto: il Paradiso.Se uno lavora nell’ambito dell’allegria rischia di diventare celebre: tutti lo vogliono fermare per la strada, un sacco di gente lo vuole abbracciare, chi gli vuole dare una pacca sulla spalla, tutti (ma quando dico tutti intendo anche le nonnine di 80 anni) vogliono fare un selfie con lui; le nonnine ci impiegano mezz’ora a fare un selfie perché un selfie non lo sanno fare e allora poi si fanno fare una foto normale da un passante, che talvolta – può capitare – non sa usare il telefono; allora le nonnine tentano di spiegarglielo senza riuscirci: diciamo che se un celebre comico esce di casa di mattino per comperare il pane e per sua sfortuna incontra una nonnina desiderosa di fare una foto con lui, potrebbe rientrare a casa verso sera con il pane che è diventato raffermo.Il selfie è uno degli aspetti negativi della celebrità, l’altra cosa antipatica è quando un celebre comico passeggia per la strada con quelle sfere situate sotto il diaframma che girano vorticosamente perché magari ha avuto un alterco con la propria moglie. Ecco che un signore si avvicina con il telefono e chiede al comico con le sfere rotanti di salutare la figlia del signore la quale è a casa con la febbre; il comico non vorrebbe, il papà insiste, il comico dice: «Pronto».Dall’altra parte risponde: «Chi sei?».«Giacomo…».«Giacomo chi?».«…..Quello di Aldo Giovanni e…».«Non ci credo…».Il comico a questo punto vorrebbe scappare, fa per ridare il telefono al papà, ma il papà insiste e dice: «Dai, fai Tafazzi che si convince…».A volte il comico fa Tafazzi al telefono, altre volte se ne va e il papà gli urla: «Ma come te la tiri! Vuoi saperla una cosa? Non mi hai mai fatto ridere».È vero, a volte le persone celebri se la tirano così come, a volte, le persone non celebri pur di fare una foto con un comico celebre diventano invadenti e insensibili. Come quella volta che uno dei miei due soci – non faccio il nome per proteggere la sua privacy, ma vi posso dare un aiutino dicendo che non era quello meridionale –, dicevo, un giorno un terzo del trio si accascia a terra colto da un malore, un medico lo assiste e in quel mentre passa un signore il quale riconosce l’unico vero milanese del trio ed esclama:«Giovanni, la possiamo fare una foto?».Il medico indignato risponde: «Ma non vede che sta svenendo?».«Sì, ma io ci impiego poco!».Il medico scaccia l’importuno il quale allontanandosi risponde: «Ma come ve la tirate voi comici, e poi se avete la salute cagionevole cambiate mestiere».Cosa volete, ogni mestiere ha il suo lato negativo: il meccanico ha sempre le unghie nere, il tennista ha il gomito dolorante, il comico deve fare mille foto al giorno, e chi soffre di selfite ha sempre la memoria piena del telefono!
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