mercoledì 11 maggio 2022
Un nuovo saggio del politologo analizza il liberalismo classico, le sue attualizzazioni e le critiche. Ne emerge una visione di bene comune e dignità umana sovrapponibile a quella cristiana
Francis Fukuyama

Francis Fukuyama - ImagoEconomica

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In un volume di grande efficacia comunicativa, il politologo Francis Fukuyama affronta il tema del liberalismo e dei sentimenti che lo hanno contrastato in questi ultimi anni: le rivendicazioni delle cosiddette 'democrazie illiberali'. In Liberalism and its Discontents (Profile Books, 2022, pagine 178), Fukuyama riafferma i principi della teoria politica liberale, a dispetto delle accuse che le sono giunte tanto dal fronte conservatore quanto da quello progressista. Il politologo sostiene che le ragioni di un ordine politico basato sui principi liberali andrebbero ricercate nel campo morale, politico ed economico; ragioni che lo rendono preferibile a qualsiasi altra opzione realisticamente esperibile. Fukuyama fa riferimento al 'liberalismo classico', un’espressione della tradizione liberale che consente una peculiare declinazione del rapporto persona-società. Si tratta di una prospettiva teorica di tipo «individualista», in quanto afferma «il primato morale della persona contro le pretese di qualsiasi collettività »; potremmo anche dire «personalista», seguendo lo schema concettuale di Wilhelm Röpke, non confondendo l’individualismo come metodo di analisi dei fenomeni sociali dallo stesso inteso come sentimento morale. In secondo luogo, Fukuyama individua il carattere dell’«ugualitarismo», che conferisce a ciascuna persona lo stesso status morale e nega la rilevanza giuridica e politica alle appartenenze cetuali e corporative. In terzo luogo, il liberalismo è «universalista »: afferma l’unità morale della specie umana ed infine è «gradualista», in quanto rifugge il mito dell’ordine perfetto e esprime la storicità, la contingenza e la perfettibilità delle istituzioni sociali, dovute alla limitatezza, all’ignoranza e alla fallibilità che caratterizzano l’azione umana. Le ragioni che spingono l’Autore sono di ordine epistemologico, morale ed economico. Sul fronte epistemologico, il liberalismo è presentato come un sistema teorico che adotta il metodo scientifico: problemi, congetture e confutazioni. In tal senso, la convinzione liberale è che, come nel dibattito scientifico, anche nell’arena politica ed economica, le buone idee possono prevalere sulle cattive attraverso la discussione critica e il mercato. Il secondo ordine di ragioni è quello morale: una società liberale protegge la dignità umana, garantendo ai cittadini un uguale diritto all’autonomia, a decidere responsabilmente come vivere. Infine, Fukuyama pone le ragioni di ordine economico. Il tratto peculiare di qualsiasi forma di liberalismo è la difesa dei diritti di proprietà e il riconoscimento della responsabilità personale nel comprare, nel vendere e nell’investire in un’economia di mercato; quale imprenditore rischierà il proprio denaro in un’impresa, non avendo la certezza che non sarà espropriato? Per questa ragione sono necessari un ordine giuridico chiaro e certo che regoli la competizione, tribunali indipendenti e la forza che faccia rispettare le sentenze. Se queste sono le ragioni del liberalismo classico, Fukuyama dedica buona parte del volume ad analizzare le ragioni dei suoi critici che vengono sia da destra sia da sinistra. A destra il principio di autonomia è stato interpretato come rifiuto assoluto di qualsiasi forma di re- golamentazione economica, mentre a sinistra come una pretesa omologazione verso stili di vita che legittimamente non tutti condividono, in nome di un politically correct sempre più intollerante. Queste due forme di liberalismo si sono scontrate con la realtà di una società che si è scoperta più povera e colpita da ingiustizie perpetuate da oligarchie politiche ed economiche corrotte e inscalfibili. Di qui, quello che Fukuyama chiama il «contraccolpo»: la fonte dei movimenti populistici e sovranisti che minacciano il liberalismo. Il principio generale che Fukuyama oppone ai due estremismi è la «moderazione» che nasce dalle quattro «virtù cardinali» (prudenza, giustizia, fortezza, temperanza); tale principio ci consente di tornare su un passaggio del discorso di Benedetto XVI a Westminster del 17 settembre 2010. In quella occasione, dopo aver ricordato le istituzioni che caratterizzano la tradizione politica britannica del liberalismo classico, Benedetto XVI ha affermato: «La dottrina sociale cattolica, pur formulata in un linguaggio diverso, ha molto in comune con un tale approccio, se si considera la sua fondamentale preoccupazione per la salvaguardia della dignità di ogni singola persona, creata a immagine e somiglianza di Dio, e la sua sottolineatura del dovere delle autorità civili di promuovere il bene comune».

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