martedì 6 luglio 2021
Una nuova ricerca sul Dna amplia di molto l'albero genealogico del genio, che aveva almeno 22 fratellastri (ma nessun figlio)
Leonardo Da Vinci, "Autoritratto"

Leonardo Da Vinci, "Autoritratto" - archivio

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Il nuovo albero genealogico di Leonardo da Vinci (1452-1519) si estende a 21 generazioni, attraverso 690 anni, e individua 14 discendenti maschi viventi in Toscana: gli “eredi” hanno un'età compresa tra 1 e 85 anni, abitano in comuni limitrofi a Vinci (Firenze) fino alla Versilia e fanno mestieri piuttosto comuni, come l'impiegato, il geometra, l'artigiano. Lo studio di Alessandro Vezzosi (fondatore e direttore del Museo Ideale Leonardo Da Vinci a Vinci) e Agnese Sabato (presidente dell'Associazione Leonardo Da Vinci Heritage) offrirà nuove basi per avanzare nella ricerca del Dna dell'autore della Gioconda, consentendo di ricostruire il profilo genetico del genio rinascimentale. I sorprendenti risultati dell'indagine decennale di Vezzosi e Sabato sono ora pubblicati dalla rivista “Human Evolution” (Pontecorboli Editore, Firenze), con un saggio che documenta con «nuova certezza» la continuità della linea maschile, di padre in figlio, della famiglia Da Vinci (poi Vinci), dal capostipite Michele (documentato nel 1331) al nipote Leonardo (VI generazione, nato nel 1452) fino ad oggi: 21 generazioni in tutto, identificando 14 discendenti viventi su cinque rami familiari.

La ricerca di Vezzosi e Sabato colma le lacune e corregge gli errori nelle precedenti ricerche genealogiche sulla famiglia di Leonardo, offrendo allo stesso tempo nuove scoperte e aggiornamenti inediti dell'albero genealogico. Questo testo approfondisce e amplia la scoperta annunciata a Vinci nel 2016 dagli stessi Vezzosi e Sabato di numerosi discendenti viventi ma indiretti, tra cui solo due maschi in linea diretta (di cui uno oggi scomparso, il regista Franco Zeffirelli), fino alla XIX generazione, da un unico ramo della famiglia Vinci. Fornisce inoltre per la prima volta le fonti e i dati documentari attraverso 7 secoli fino all'anagrafe del presente, con lavori in corso su ulteriori rami familiari. Lo stesso Leonardo aveva almeno 22 fratellastri (non considerando altri probabili illegittimi di ser Piero) ma nessun figlio. Un nuovo documento inedito trovato da Vezzosi e Sabato chiarisce definitivamente che «Paolo di Leonardo da Vinci da Firenze» era un caso di omonimia.

I cinque rami della famiglia sono tracciati dal padre di Leonardo, ser Piero (V generazione), e dal fratellastro Domenico (VI). Dalla quindicesima generazione sono stati raccolti dati su oltre 225 individui più direttamente connessi con la discendenza diretta. Lo studio, con la collaborazione dei discendenti viventi, contribuisce al lavoro dell'Associazione Leonardo Da Vinci Heritage. Questa «straordinaria e autorevole» indagine genealogica di 690 anni è fondamentale per contribuire alle ricerche del gruppo internazionale “The Leonardo da Vinci Dna Project”, presieduto da Jesse Ausubel (The Rockefeller University, New York) e sostenuto dalla Fondazione Richard Lounsbery. Il progetto coinvolge il J. Craig Venter Institute di La Jolla (California) e diverse altre Università e centri di ricerca di alto profilo, tra cui il Dipartimento di Biologia dell'Università di Firenze, diretto da David Caramelli.

Il cromosoma Y, trasmesso ai discendenti maschi, rimane quasi invariato per 25 generazioni. Il confronto del cromosoma Y dei discendenti maschi viventi con quello dei loro antenati nei siti di sepoltura antichi e moderni può verificare sia la linea familiare ininterrotta e potrebbe individuare il marcatore del cromosoma Y di Leonardo. Una volta individuato il Dna di Leonardo, gli scienziati - spiega Vezzosi - prevedono di poter esplorare le ragioni della genialità di Leonardo, di trovare informazioni sulla sua prestanza fisica e l'invecchiamento forse precoce, il mancinismo, la salute ed eventuali malattie ereditarie, di spiegare particolari percezioni sensoriali, come la straordinaria capacità visiva e la sinestesia. «Il confronto dei dati biologici potrebbe inoltre servire a verificare l'autenticità di altri reperti e materiali, aprendo così le prime connessioni tra biologia e arte», chiarisce il professore Vezzosi.

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