martedì 7 agosto 2012
​Il Coni ha escluso il marciatore oro a Pechino per doping: positivo all'eritropoietina. l'ammissione di colpa di Alex: «Ho sbagliato, l'ho fatto per andare più forte, ora la mia carriera è finita». Petrucci: «Notizia che ci ferisce».
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​Oro, argento, bronzo e Epo. La notizia più brutta per l’Italia all’Olimpiade arriva al termine di una giornata di medaglie e di proclami. Il marciatore Alex Schwazer, 27 anni, l’unico atleta che avrebbe potuto conquistare un oro nell’atletica leggera, è stato escluso preventivamente dai Giochi per essere risultato positivo ad un test antidoping effettuato mentre si allenava a fine luglio in Germania. Il bolzanino, campione olimpico quattro anni fa a Pechino nella 50 km, è stato bloccato in Italia, poco prima che partisse per Londra. La sostanza illecita sarebbe l’Epo (eritropoietina). Ieri pomeriggio il presidente del Coni, Gianni Petrucci ha ricevuto la notifica di “esito avverso” del test disposto in precedenza dalla Wada, l’agenzia mondiale antidoping. Poi, sentito il capo delegazione Raffaello Pagnozzi, malgrado debbano essere ancora effettuate le controanalisi, ha disposto – come prassi vuole in questi casi – l’immediata esclusione dalla squadra olimpica dell’atleta. «È una pagina che non avrei mai voluto vivere – ha sospirato Petrucci – Questa è una notizia che ci ha ferito».Fino al tardo pomeriggio, nessuno aveva ufficializzato il nome di Schwazer. Cresciuto alla corte di Sandro Damilano, dopo gli Europei di Barcellona 2010, il marciatore altoatesino in crisi di risultati aveva deciso di lasciare il centro di allenamento di Saluzzo ed è ora allenato dall’ex marciatore Michele Didoni. E proprio il tecnico milanese è stato il primo ad ammettere che l’atleta positivo era lui: «Alex mi ha telefonato – racconta – e continuava a ripetere puerilmente: “Mi prendo tutte le responsabilità”, senza capire che il suo gesto ricadrà su tanti. So che la madre stava per essere ricoverata al pronto soccorso per la tensione…». Poco più tardi, alle 19.30 italiane, la prima dichiarazione dello stesso Schwazer all’agenzia Ansa: «Ho sbagliato: ora la mia carriera è finita. Meglio che non dica come mi sento in questo momento. Volevo essere più forte per questa Olimpiade, ho sbagliato…».Il marciatore azzurro era l’unico atleta che ancora non era arrivato a Londra: sabato aveva rinunciato alla gara di marcia dei 20 km, ufficialmente – si disse – per non sprecare energie in vista della gara nella quale sarebbe partito favorito, quella sui 50 km. Una scelta che aveva provocato anche la reazione irritata e sorpresa del compagno di squadra Rubino. E che alla luce di quanto accaduto ieri era in realtà motivata da ben altre ragioni.Beffardi anche i tempi, visto che la comunicazione è arrivata pochi minuti dopo la telefonata, di ben altro tenore, del premier Mario Monti. Dopo il sostegno del presidente della Repubblica alla spedizione italiana a Londra, ieri era giunto anche quello del presidente del Consiglio. «Complimenti, continuate così...», era stato il messaggio del premier a Petrucci, per congratularsi per le ultime medaglie conquistate.La positività di Schwazer ha provocato un forte choc nel clan azzurro. E non solo perché macchia indelebilmente la nostra atletica, che già era arrivata a Londra in condizioni pietose, senza nemmeno un atleta qualificato nelle gare dai 100 fino ai 1500 metri, con il solo Donato nel triplo (ma in cattive condizioni fisiche) e dopo lo sfortunato forfait della Di Martino nel salto in alto.Tra l’informativa della Wada e l’esclusione dell’atleta, fidanzato della pattinatrice Carolina Kostner, sono passate soltanto due ore. Otto mesi dopo Pechino 2008, il Coni fu costretto a revocare la medaglia d’argento del ciclismo su strada conquistata da Rebellin per doping, cosa mai successa in passato all’Italia. Adesso questo colpo terribile. Ma la lotta al doping, nel ciclismo come negli altri sport, resta una priorità. E dimostra che se si può anche sfuggire alle maglie dei controlli, tanti però continuano ad essere quelli che vi rimangono invischiati.Ora tocca proprio a lui, Schwazer, l’eroe della fatica, la medaglia più bella di Pechino 2008. E il tradimento è doppio. «Non sono felice perché ho vinto, ma ho vinto perché sono felice», ci disse quel giorno splendido di quattro anni fa. Una frase meravigliosa, che oggi suona come una beffa atroce.
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