venerdì 4 luglio 2025
Nel Duecento era l'immagine del perfetto cavaliere, in tempi recenti all'eroe musulmano sono stati dedicati dei film. Eccellente statista, mediocre generale, era amico di alcuni capi crociati
Il Saladino catturala Croce da Guy di Lusignano nella battaglia di Hadin del 1187,dalla “Chronica Maiora”di Matteo Paris, 1235-59.

Il Saladino catturala Croce da Guy di Lusignano nella battaglia di Hadin del 1187,dalla “Chronica Maiora”di Matteo Paris, 1235-59. - WikiCommmons

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«Esolo, in parte, vidi ‘l Saladino…»: nel “castello degli spiriti magni” del Limbo (Inferno, canto IV, verso 129), tra i grandi eroi, poeti e pensatori dell’antichità, condannati per l’eternità a star lontani da Dio perché pagani, ma non a soffrire perché la loro vita fu virtuosa e gloriosa, Dante scorge – e finge di meravigliarsene – il principe saraceno “nemico della croce”, che nel 1187, con una vittoria schiacciante nella battaglia di Hattin, raggiunse il culmine della sua fama con la conquista di Gerusalemme. La sua fama nell’Europa cristiana e poi moderna era destinata ad affermarsi e a crescere: già nel Duecento i romanzi d’avventura facevano di lui l’immagine del perfetto cavaliere; il Boccaccio lo ammirava come specchio di giustizia e di magnanimità, com’è ricordato nel bel libro di Pietro Silanos Nel segno del toro. Conflitto e identità nello spazio politico parmense (secc. XII-XV) (2024, SISMEL -Edizioni del Galluzzo, pagine X-342, euro 59,00); secoli dopo il filosofo Lessing lo presentò come modello della più alta virtù illuministica, la tolleranza religiosa; in età romantica Walter Scott lo dipinse come amico dell’eroe nazionale inglese, Riccardo Cuordileone.

La fama dell’emiro di Siria e d’Egitto Yussuf ibn Ayyub detto Salah ed-Din (1138-1193) dilagò nel Novecento anche nel mondo dello spettacolo. Negli Anni Trenta, dai microfoni della radio fascista, un coretto di giulive ragazze cantava ”Saladino - col fez e lo spadino - gran saracino - certo sei tu…” in onore di colui ch’era titolare della figurina più rara e prestigiosa che il noto disegnatore Angelo Bioletto aveva dedicato all’album I quattro moschettieri, ideato dalla Buitoni-Perugina. All’eroe musulmano sono stati dedicati film tanto occidentali quanto orientali e molti leader del mondo islamico – da Nasser a Saddam Husssein – lo hanno assunto a modello.

La fama del Saladino è lungi dall’essere svanita col tempo. Due poderosi studi biografici, Il sultano Saladino tra vita e leggenda dello storico inglese Jonathan Phillips (2020, Mondadori, pagine 544, euro 32) e Saladino. La folgore di Siria che riconquistò la Gerusalemme crociata del nostro eccellente orientalista e islamologo Claudio Lo Jacono (2024, Salerno, pagine 265, euro 24), ne hanno di recente ricostruito con attenzione la personalità, sottolineando entrambi come nelle fonti musulmane sia in realtà discussa e controversa. Mentre il mondo cristiano occidentale, dinanzi alle sue folgoranti vittorie sugli eserciti crociati, era passato dall’orrore e all’odio all’ammirazione per colui che ripetutamente aveva umiliato i più celebri difensori della croce, i biografi musulmani ne avevano ricostruito le vicende con giudizi spesso opposti. Anche la sua fama di grande stratega era stata contestata, mentre si era sottolineato l’ambiguità di certe sue alleanze come quella con la temibile setta sciita estremista detta “degli Assassini” guidata dal leggendario “Vecchio della Montagna”. Ciò detto, adesso noi disponiamo al riguardo della monografia L’invenzione degli Assassini. Genesi di una leggenda medievale, dovuta a una nostra finissima linguista e filologa, Laura Minervini (Il Mulino, pagine 216, euro 20).

Bisogna comunque dire che la personalità e le vicende di questo personaggio furono straordinarie. Forse in fondo generale mediocre, il Saladino fu in cambio un eccellente statista, un diplomatico accorto e anche amico di alcuni capi crociati, un colto teologo e un giurista capace di atti severi al limite della crudeltà, ma anche celebre per il suo comportamento equo, generoso e misericordioso. Queste virtù erano affinate in lui dall’esperienza delle sue ricche radici culturali: curdo di nascita e quindi culturalmente molto vicino al mondo persiano, fu per tutta la vita al servizio dei califfi arabi di Baghdad e degli emiri turco-siriani di Aleppo e Mosul. Per loro incarico fu inviato in Egitto, allora governato dalla dinastia sciita dei fatimidi, e seppe sostituirsi loro e ricondurre il paese alla confessione sunnita. Più tardi, ormai divenuto emiro di Egitto e di Siria (e quindi modello a metà del XX secolo della repubblica araba unita di Nasser), poté battere i crociati nella battaglia di Hattin del 1187 e costringere nel medesimo anno senza spargimenti di sangue i crociati ad abbandonare Gerusalemme.

Alla fine dell’Ottocento, la sua celebrità in Europa era tanto gloriosa che nel 1898 il Kaiser di Germania Guglielmo II, in visita ufficiale nell’amico impero sultaniale ottomano, volle rendere omaggio alla sua tomba in Damasco e offrire alla sua memoria il prezioso dono di una grande lampada d’argento. La fama del Saladino ha percorso in nove secoli l’Asia e l’Europa, la Cristianità e l’Islam. È un vero modello “orientale-occidentale” di saggezza politica e di moderazione.

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