Per il prossimo anno tre libri che non invecchiano
La poesia di Elliot, il romanzo di Morante e il saggio di Anders: il Novecento che parla ancora all’oggi

Invece che consigliare come libri da leggere nel prossimo anno i cinque o dieci o venti migliori pubblicati nell’anno che si chiude, mi permetto, da passatista impenitente, di consigliare la lettura o rilettura di qualche grande opera del secolo scorso, che di cose da insegnare ne ha ancora molte. Sceglierò fra poesia, narrativa e saggistica. Nella poesia internazionale scelgo i Quattro Quartetti di Thomas S. Elliot, un americano che volle diventare europeo, rivelandosi uno dei maggiori interpreti della tradizione del nostro continente, che oggi rischia di perdere memoria e coscienza di sé. Dopo aver pubblicato nel 1922 il celeberrimo, oscuro e frammentario poemetto La terra desolata, alle cui spalle c’era la catastrofe bellica del 1914-1918, Elliot si applicò alla ricostruzione culturale e morale del proprio mondo poetico, adottando come modello di struttura la forma musicale del quartetto e scrivendone quattro dal 1935 al 1942, ripresa e variazione di un unico poema mirabilmente organico. Con i suoi Quartetti anche Elliot, come molti classici, cercava una superiore saggezza umanistica e religiosa, fatta di umiltà, distacco e supremo equilibrio. Uno dei suoi versi più memorabili dice: «human kind cannot bear very much reality». L’incapacità di sopportare la realtà e la fuga dalla realtà sono debolezze e tentazioni tra le più insidiose e diffuse, sia nell’esperienza quotidiana di tutti che nei più eccitanti e attraenti prodotti dell’estetica e della tecnica.
Come seconda opera da leggere o rileggere sceglierei La Storia di Elsa Morante, un capolavoro narrativo uscito nel 1974, molto discusso e a volte denigrato da letterati e politici che lo giudicavano “ottocentesco” nello stile e sentimentalistico nel suo messaggio morale, in quanto epica e tragedia di una madre e del suo bambino, vittime violentate, nella loro “piccola” storia, dalla “grande” storia degli eventi pubblici. Le due epigrafi scelte dalla Morante erano queste: «Non c’è parola, in nessun linguaggio umano, capace di consolare le cavie che non sanno il perché della loro morte» (Un sopravvissuto di Hiroshima) e «… hai nascosto queste cose ai dotti e ai savi e le hai rivelate ai piccoli… perché così a te piacque» (Luca X.21).
La terza opera di cui consiglio una lenta e attenta lettura è il saggio di filosofia sociale L’uomo è antiquato di Günther Anders, i cui due volumi, del 1956 e del 1980, sono rispettivamente accompagnati da questi sottotitoli: “Considerazioni sull’anima nell’epoca della seconda rivoluzione industriale” e “Sulla distruzione della vita nell’epoca della terza rivoluzione industriale”. Anima e vita umane sono in pericolo. Le macchine ci stanno mangiando l’anima e noi non ce ne accorgiamo.
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