mercoledì 29 gennaio 2014
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Questa sera alle 21 Scholastique Mukasonga sarà ospite del Pime di Milano (via Mosé Bianchi 94) in occasione della Giornata della Memoria 2014. Mukasonga, 58 anni, è esule dal suo Paese fin dal 1973 e abita in Francia dal 1992. Con la scrittrice, della quale è in uscita anche in Italia il romanzo Nostra Signora del Nilo, sarà presente Gabriele Nissim, presidente di “Gariwo – Foresta dei giusti”. Una serata di riflessione e di approfondimento che accomuna la tragedia della Shoah e il genocidio di vent’anni or sono in Ruanda: per non dimenticare, e per ricostruire la speranza. Informazioni presso il Pime di Milano: 02438221, www.pimemilano.com.Ruanda, anni Settanta. Nel prestigioso collegio cattolico Nostra Signora del Nilo viene formata la futura élite femminile del Paese. Eppure, anche in questo luogo protetto ed esclusivo, a 2500 metri di altezza, si insinuano le tensioni, i pregiudizi, il sospetto e l’odio che attraversano la società ruandese.L’eco dell’ideologia del popolo maggioritario, le «quote-tutsi», i retaggi coloniali e i giochi di potere locali si fanno strada tra i sogni e i desideri adolescenziali di un gruppo di ragazze, condizionando sempre più drammaticamente anche le dinamiche relazionali e scolastiche. Finché, quest’odio strisciante e ancora molto sotterraneo prende la forma di un progetto folle e malvagio: la mutilazione della statua della Vergine del Nilo, che da bianca era stata dipinta di nero per renderla più "inculturata", ma che – nella visione perversa di qualcuno – aveva mantenuto un naso troppo appuntito, dunque troppo tutsi! E così da una grande menzogna scaturisce una tragica e spropositata vendetta.È una metafora molto realistica e molto vicina alla realtà tragica del suo Paese quella che la scrittrice ruandese Scholastique Mukasonga tratteggia nel suo ultimo romanzo Nostra Signora del Nilo. Un preludio del tragico genocidio del 1994 (6 aprile - 19 luglio), che spazzò via dal Ruanda, in poco più di cento giorni, la vita di oltre 800 mila persone, costringendone più di un milione alla fuga. A vent’anni di distanza questo libro – che in Francia ha vinto il prestigioso premio Renaudot e che in Italia è in uscita per le Edizioni 66thand2nd – permette di rileggere con sguardo nuovo e più intimo il contesto da cui poi scaturì quell’immane tragedia. Ma anche di guardare avanti. Facendo memoria, e allo stesso tempo cercando di promuovere riconciliazione.È la ragione di vita e di scrittura della stessa autrice, che, come molti altri, ha una storia personale molto drammatica. Fuggita dal Paese poco prima del genocidio, ha avuto una trentina di membri della sua famiglia massacrati. «Scrivo per fare memoria dei morti, ma anche per cercare di pacificare i vivi», dice la Mukasonga, che ha all’attivo altri libri in cui il tema del genocidio è sempre in qualche modo presente: dall’autobiografia Inyenzi ou les cafards» («Inyenzi o gli scarafaggi» – come venivano chiamati i tutsi – Gallimard 2006) a La femme aux pieds nus («La donna dai piedi nudi», Gallimard 2012), dedicato alla madre Stefana, pure lei trucidata.«Come diceva Primo Levi – riflette la scrittrice – i genocidi non sono mai un "incidente". Si preparano per lungo tempo. Non sono un momento di follia o di smarrimento, ma il frutto di una manipolazione. Tutti, in Ruanda, vittime e carnefici, siamo stati manipolati per oltre trent’anni». Certo, aggiunge, «i responsabili devono rispondere dei loro atti, ma oggi dobbiamo soprattutto cercare di costruire il Ruanda del futuro. Io ho vissuto a Nyamata, uno dei luoghi più funestati dalle stragi, ma non provo nessun rancore. Penso piuttosto ai nostri figli e a costruire un avvenire in cui possano vivere insieme nel rispetto reciproco».
A vent’anni di distanza da quell’orribile massacro, che ha lasciato ferite profonde e non ancora rimarginate, Mukasonga si è fatta carico – come molte altre donne ruandesi, dentro e fuori il Paese – di un compito gravoso e indispensabile: quello della riconciliazione. Un processo che le autorità hanno portato avanti più nella forma che nella sostanza. E che si appoggia molto spesso su spalle di donna. Donne semplici, che sono tornate ai loro campi, fianco a fianco con altre donne, vittime o nemiche, a coltivare e a far crescere i loro figli. Donne animatrici di gruppi e associazioni, per vedove e orfani, per progetti di microfinanza o di sostegno psicologico. Donne impegnate negli insidiosi e complessi equilibri della politica o militanti sul piano culturale.Come Scholastique Mukasonga che oggi vive in Francia e che ha scelto la scrittura «come ragione per restare in piedi, per non sprofondare nella follia. Ho deciso di affidare alla parola scritta il mio desiderio di dare una degna sepoltura a chi è scomparso, al fine di santificare i morti e, allo stesso tempo, di pacificare i vivi. Per la dignità di quelli che sono partiti e di quelli che sono rimasti».
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