venerdì 29 dicembre 2023
L’attrice figlia d’arte, divenuta etologa, arriva anche in Italia con l’originale spettacolo “Darwin’s Smile”: «Unisco scienza e arte per esplorare il mistero dell’empatia tra gli esseri viventi»
Isabella Rossellini in una immagine scattata alla Festa del cinema di Roma lo scorso ottobre

Isabella Rossellini in una immagine scattata alla Festa del cinema di Roma lo scorso ottobre - Fotogramma

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Arte e scienza per un teatro in cui recitazione e divulgazione non solo fanno rima, ma si integrano l’una con l’altra attraverso una grande prova d’attrice, quella di Isabella Rossellini, autrice e interprete di Darwin’s Smile (Il sorriso di Darwin), un originale one woman show con il quale la poliedrica artista romana naturalizzata statunitense, partendo dal libro di Charles Darwin L’espressione delle emozioni nell’uomo e negli animali, esplora come l’empatia, che è alla base dell’attività dell’attore, sia necessaria anche per lo studio del comportamento animale. E chi meglio di un’attrice appena insignita del prestigioso premio “David di Donatello speciale 2023” che lavora costantemente sul gesto, sulle emozioni, sui codici universali per esprimere sensazioni, può mettersi al servizio della scienza per aiutare a far comprendere il comportamento animale e quello umano?

Lo spettacolo, prodotto dal Théâtre National de Nice insieme al Teatro della Toscana, è al tempo stesso una lezione sulle teorie del biologo, naturalista, geologo ed esploratore britannico (nato a Shrewsbury nel 1809 e morto a Londra nel 1882) e sull’arte recitativa che la Rossellini (figlia di Roberto Rossellini e Ingrid Bergman) ha appresso sin dall’infanzia solcando teatri di posa e set cinematografici, nonostante il suo primo interesse fosse per i costumi e non tanto per la recitazione. Da qui anche la sua carriera di modella a precedere quella di attrice, conduttrice, traduttrice, giornalista e scrittrice con all’attivo una cinquantina di film (dai fratelli Taviani a David Lynch), quasi trenta partecipazioni a programmi televisivi (a partire da L’altra domenica di Renzo Arbore), tre libri e, in ultimo, testi teatrali come Bestiario d’amore, scritto con Jean-Claude Carrière, e questo Darwin’s Smile, che grazie ai toni comici dimostra, come accennato, che la recitazione può servire a comprendere la misteriosa natura degli animali e le loro emozioni.

Con umorismo e con semplici e innocenti espedienti la Rossellini interpreta sul palco cani, gatti, galline, pavoni e, naturalmente, Charles Darwin, riconciliando così i due mondi spesso agli antipodi: l’arte e la scienza. Ieri, nel corso di una conferenza stampa online con la protagonista collegata dalla sua fattoria degli animali (150 galline, capre, pecore, papere, cani e gatti) a Long Island a cento chilometri da New York, la Rossellini ha ribadito come l’empatia sia alla base della recitazione in quanto «essere attore non è solo agire, ma anche reagire, non è solo pronunciare parole, ma entrare in contatto con l’altro, l’attore che ti sta di fronte». L’empatia è insomma centrale nella comunicazione umana, ma lo è anche nel rapporto con gli animali, anche se a volte gli scienziati non lo capiscono. Darwin, invece, secondo la Rossellini, lo ha capito sottolineando la continuità esistente tra gli esseri umani e gli animali, che può essere ritrovata anche nel modo di esprimere le emozioni.

Il padre della teoria dell’evoluzione («Ancora non molto accettata in America») si domandava se gli animali ridevano. «Io credo - dice l’attrice - che gli animali abbiano delle espressioni simili al sorriso, che magari esprimono anche solo muovendo la coda, ma non solo: in qualche modo gli animali parlano tra loro e parlano anche a noi». A questo proposito la protagonista di Darwin’s Smile racconta delle pecore della sua fattoria che una mattina battevano le zampe sul piattone del fieno perché ancora non avevano ricevuto da mangiare ed era passata da tempo l’ora canonica. Oppure delle galline che le vanno incontro tutte le volte che la vedono, ma che si nascondono quando si presenta accompagnata da sconosciuti.

Quella per gli animali è da parte di Isabella Rossellini una passione antica: risale alla lettura del libro di Konrad Lorenz, L’anello di Re Salomone, che le regalò il padre. Allora sognava di diventare etologa. Ci sarebbe riuscita in futuro, dopo i cinquant’anni, tornando all’università, laureandosi in etologia, dedicandosi all’allevamento, affascinata dall’«addomesticazione», da come cambiano gli animali, senza dimenticare l’altro grande amore, la recitazione, affrontando anche in questo caso in età avanzata quel teatro che ancora le mette paura («È un po’ come camminare su una corda»), ma al tempo stesso le permette di immergersi nelle emozioni dell’uomo e, nel caso di Darwin’s Smile, soprattutto degli animali, con un monologo di un’ora e un quarto, cinque cambi di costume a scena aperta, sotto la direzione del regista Muriel Mayette-Holtz, le scene e i costumi di Rudy Sabounghi, le luci di Pascal Noël, la musica di Cyril Giroux, i video di Andy Byers e Rick Gilbert e la grafica di Andy Byers.

Lo spettacolo, che ha riscosso un notevole successo di pubblico e di critica in svariati teatri americani ed europei, suscitando ovunque grande interesse per l’inconsueto contenuto e la particolare realizzazione, prima di approdare dal 23 al 28 gennaio a Firenze al Teatro Della Pergola, sede principale del Teatro della Toscana (che come ricordato produce lo spettacolo con il Théâtre National de Nice), sarà rappresentato al Teatro Remondini di Bassano del Grappa il 15 gennaio, al Teatro Comunale di Vicenza il giorno dopo, al Teatro Lyrick di Assisi il 18 e al Politeama Rossetti di Trieste, sede del Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia, il 20 e 21 gennaio.

La tournée andrà avanti per tutto il 2024 con date dalle Canarie a Dubai per concludersi a Parigi dove tutto è iniziato. Fu infatti il Museo d’Orsay, in occasione di una mostra su Darwin, a chiedere inaspettatamente alla Rossellini una conferenza comica, in modo da spiegare, ridendo e scherzando, le complesse teorie evoluzionistiche di un autore tutt’altro che facile, che scriveva in inglese arcaico, ma che sarebbe passato alla storia per il suo fondamentale contributo alla ricerca scientifica. Da lì l’idea di costruirci sopra una rappresentazione teatrale senza rinunciare al registro comico.

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