venerdì 19 maggio 2023
Fra autobiografia e incontro spirituale con la volontaria forlivese e le sue lettere, Annalena Benini racconta le risorse infinite dell’umanità che si apre a Dio
Annalena Tonelli in un ospedale in Somalia, dove fu uccisa nel 2003

Annalena Tonelli in un ospedale in Somalia, dove fu uccisa nel 2003 - Epa/Unhcr/Ansa

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Fra autobiografia e incontro spirituale con la volontaria forlivese e le sue lettere, questo libro di Benini racconta le risorse infinite dell’umanità che si apre a Dio «E se morissi oggi? Se morissi senza avere amato di più?». Annalena Benini, autrice e voce narrante del romanzo Annalena (Einaudi, pagine 148, euro 17,50), racconta di conservare questa frase su un foglietto, attaccato con una molletta da bucato alla scrivania, da quando è tornata a casa da un lungo ricovero ospedaliero. Le era stata diagnosticata una grave polmonite, tanto che a un certo punto si è temuto per la sua vita. La donna, sposa e madre di due figli (il secondo dei quali di pochi mesi), a lungo non aveva risposto alle cure. Le prime pagine del libro raccontano in modo molto intenso l'esperienza ospedaliera, nella quale la narratrice riscopre la fede in Dio, chiamandolo in causa, quasi sfidandolo a risponderle, ritrovando la preghiera del Rosario recitato contando le Ave Maria sulle perline di una collana.

È in ospedale che un'infermiera le fa notare che il suo nome, non così usuale, è lo stesso di Annalena Tonelli. Nel libro Annalena Benini ripercorre la propria scoperta di Annalena Tonelli, che non le era del tutto sconosciuta, essendo una sua lontana parente (cugina di terzo grado), ma che soltanto nei mesi di convalescenza comincia davvero a conoscere, rimanendone folgorata. Nata a Forlì nel 1943, Annalena Tonelli frequenta il liceo classico nella città romagnola e dopo la maturità trascorre un anno negli Stati Uniti dedicandosi ai poveri. Rientrata in Italia, si iscrive a Giurisprudenza all'Università di Bologna e inizia a interessarsi alle varie forme di marginalità: famiglie e ragazze in difficoltà, bambini orfani, carcere mile, norile. A chiamarla è il Vangelo, che legge e medita in un clima postconciliare ricco di fermenti. Ispirata da figure come l’Abbé Pierre, da lei riconosciuto quale una delle proprie guide spirituali, Francesco e Chiara d’Assisi, Teresa d’Avila, Teresa di Lisieux, Charles de Foucault, Primo Mazzolari, Lorenzo Milani.

Dopo la laurea, conseguita nel fatidico '68, decide di partire per il Kenya, dove fonda una comunità di laiche missionarie, occupandosi di bambini disabili e di malati di tubercolosi. Dal 1987 è in Somalia. Nel 2001, invitata a un convegno in Vaticano, racconta la propria esperienza con queste parole: « Partii decisa a gridare il Vangelo con la vita sulla scia di Charles de Foucauld, che aveva infiammato la mia esistenza. Trentatré anni dopo grido il Vangelo con la mia sola vita e brucio dal desiderio di continuare a gridarlo così fino alla fine». Ma il 5 ottobre 2003 quel grido d'amore che era stata fino a quel momento la sua vita viene improvvisamente interrotto da due sicari che, mentre visitava gli ammalati a Borama, in Somalia, la uccidono con un colpo alla nuca. In molti la odiavano: poiché si era presa cura dei malati di Aids, qualcuno l'aveva persino accusata di diffondere la malattia nel Paese.

«Non è vero che l'amore genera amore, non è vero che basta essere buoni. Non è vero niente», commenta amara la scrittrice. Le precise responsabilità del barbaro omicidio non sono state mai acclarate, ma in Annalena l’autrice dà questa spiegazione: «L'hanno ammazzata per tutto quello che ha fatto: perché quella grandezza era insopportabile. Nei suoi sessant'anni di vita, prima in Italia e poi in Africa, ha costruito scuo ospedali, ha seppellito i morti, ha cresciuto e curato bambini che non avevano mai ricevuto una carezza, si è occupata di chi nasce senza nemmeno una possibilità e aspetta solo di morire. (...) Ha condiviso fino in fondo la vita dei poveri». E si chiede poco più avanti: « Perché è andata laggiù, perché ha lasciato tutto quello che era riconoscibile come conseguenza della sua intelligenza, della sua straordinarietà?».

Non è la prima domanda che si è posta, ma è una delle poche per le quali afferma di avere una risposta certa: « L'ha fatto perché spinta dall'amore per gli esseri umani». Annalena unisce la dimensione del racconto autobiografico (quando la voce narrante parla di sé, della propria famiglia, delle reazioni profonde alla scoperta di questa lontana cugina) a quella di un'avvincente ed emozionante immersione nell'esistenza di Annalena Tonelli, ricostruita attraverso un'intensa interrogazione delle numerosissime lettere che ha lasciato. «Annalena ha scritto molte lettere alla sua famiglia, lettere lunghissime, accurate, serie, misteriose, piene di vita ma anche di morte, lettere dal Kenya, dalla Somalia, dall'America, lettere che nelle mie mani adesso diventavano nuove, e scritte per me. Mi facevano paura, la paura della grandezza». Una grandezza umana - fatta anche, all'origine, di ribellione alle regole del quieto vivere borghese a cui la famiglia la pensava destinata - che il lettore intuisce nella sua straordinarietà, grazie a un libro capace di restituire, con voce autentica e smagliante piglio narrativo, la luminosità di una figura amata da credenti e non credenti, cattolici e laici, proprio perché ha saputo porsi al servizio di tutti, senza fare distinzioni e senza chiedere nulla in cambio.

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