mercoledì 31 gennaio 2024
Il 24enne ha cominciato alle parallele a 7 anni e ha preso parte a cinque Mondiali: «Il mio idolo? Yuri Chechi. Mio padre mi ha insegnato a osare sempre»
Riccardo Maino con una delle sue medaglie

Riccardo Maino con una delle sue medaglie - .

COMMENTA E CONDIVIDI

Cosa differenzia una persona così detta “normale”, da una persona con la sindrome di down? Probabilmente, per la maggior parte delle persone, la risposta si potrebbe sintetizzare con la parola “autonomia”. Un qualcosa che ai ragazzi affetti da tale sindrome è conquista parziale, difficile traguardo di giornate scandite da limiti e diversità, molte volte presenti più per retaggio culturale nella mente degli “altri”, che nel concreto delle loro quotidianità. Ed è proprio per aggiungere quest’ultimo tassello che Riccardo Maino, giovane atleta di Busto Arsizio, ha deciso di andare a vivere da solo. Del resto, Riccardo ha già una vita fatta di autonomie e conquiste, traguardi raggiunti e medaglie al collo. Un atleta vero, completo, che a 7 anni ha cominciato ad avvicinarsi alla ginnastica, arrivando poi a gareggiare per la Fisdir (Federazione Italiana Sport Paralimpici degli Intellettivo Relazionali), con la quale ha preso parte già a 5 mondiali.

Nel primo, a Mortara, ha portato a casa un argento alle parallele, replicato poi al mondiale di Firenze nel cavallo con maniglia. In Toscana, Riccardo ha ottenuto anche un bronzo agli anelli, e un argento alle parallele pari. I successi sono poi proseguiti nel terzo mondiale, in Germania, dove ha portato a casa un bronzo al cavallo con maniglia. Al quarto mondiale, a Ponte di Legno, oro al cavallo e al corpo libero e bronzo alle parallele. Infine, nell’ultimo mondiale disputatosi negli scorsi mesi in Sudafrica, per Riccardo è arrivato l’ennesimo oro al cavallo, un oro al corpo libero e un argento agli anelli. Una bacheca davvero ricca, per un atleta ancora giovanissimo, che divide le sue giornate fra i lavori parttime in farmacia, come magazziniere, e nell’azienda di filati del papà, come operaio. E poi ci sono gli allenamenti, la passione per i videogame, e il volontariato presso la Croce Rossa in paese.

«Ho delle giornate molto piene, ma sono contento perché mi sento bene. Amo le sfide, mi piace mettermi in gioco, e anche l’idea di vivere da solo la trovo molto stimolante. Così come nello sport, non mi arrendo mai. Ho trovato grande ispirazione nel “signore degli anelli”, Jury Chechi, una persona straordinaria che ho avuto modo di conoscere. E poi in mio padre, che mi ha sempre insegnato ad osare, a provare a fare le cose, come quando a 4 anni mi ha messo sugli sci. Gli devo molto - prosegue Riccardo - così come devo tanto a mia mamma, che è più protettiva, vorrebbe facessi qualcosa in meno, ma sa che sono fatto così. Grazie a loro ho superato anche lo shock della mia auto incendiata, uno “scherzo” che però, dopo la rabbia iniziale, ho lasciato alle spalle. Ora ho una nuova auto, mi sento autonomo, e spero di rappresentare un esempio per gli altri». Intanto per Riccardo le soddisfazioni continuano. Dopo aver incontrato a settembre il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, è stato invitato nelle scorse settimane al Festival della Cultura Paralimpica per raccontare la sua storia, quella del “ragazzo degli anelli”.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: