mercoledì 28 luglio 2021
Debutta a Bolzano Danza il lavoro inedito del maestro trentino Matteo Franceschini con le coreografie del tunisino Radhouane El Meddeb dedicato alle vittime del Covid con l’Orchestra Haydn
Un moento di "Requiem (Sia Kirà)" a Bolzano Danza

Un moento di "Requiem (Sia Kirà)" a Bolzano Danza - Andrea Macchia

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La musica e la danza, linguaggi universali, si uniscono per celebrare con una preghiera un dolore altrettanto universale come quello causato dalla pandemia. Succederà a Bolzano Danza, la kermesse giunta alla sua 37ma edizione, che stasera, 28 luglio, presso il Teatro Comunale della città, proporrà un Requiem inedito dedicato alle vittime del Covid e alle loro famiglie. Requiem (Sia Kiarà) sarà un lavoro inedito del maestro Matteo Franceschini (Leone d’Argento alla Biennale Musica 2019) e dell’apprezzato coreografo tunisino Radhouane El Mededdeb, composto per l’Orchestra Haydn di Bolzano e Trento, di cui Franceschini è collaboratore, diretta da Jean Deroyer, con la compagnia cubana MiCompañia.

Un lavoro che si inserisce appieno nella tematica scelta quest’anno da Bolzano Danza, 'Swan' (Cigno) , che rilegge in modo contemporaneo capolavori come Il lago dei cigni o Giselle, dove, come spiega il direttore artistico Emanuele Masi, la tematica della morte e della rinascita risaltano in tutta la loro attualità. Così è stato sin dall’inaugurazione il 16 luglio con la prima nazionale di Swan Lakes con la compagnia associata Gauthier Dance di Stoccarda. Quattro diverse commoventi riletture del balletto dei balletti a firma dell’israeliano Hofesh Shechter, della canadese Marie Chouinard, dello spagnolo Cayetano Soto e del tedesco Marco Goecke. C’è grande attesa, intanto, per il nuovo Requiem.

«Il nostro Requiem è una riflessione istantanea sulla vita e sulla morte, un fotogramma collettivo, un flashmob che si materializza magicamente in un luogo pubblico – spiegano gli autori –. Cittadini, una moltitudine di individui, anonimi, persone di ogni provenienza si incontrano e condividono le loro preoccupazioni, gioie, dolori, paure, speranze. È un pensiero sull’essenza dell’umanità. Un eterno rito collettivo, ciò che è irreversibile, immortale, un bisogno di sospensione, di pausa, ma anche leggerezza, libertà, un momento dove poter superare le nostre paure e lasciarci ispirare dalla gioia della vita, anche per poco tempo, che ci aiuta a capire il mondo dei vivi». Il lavoro nasce dalla richiesta avanzata al maestro Franceschini di creare un lavoro sinfonico per festeggiare i 60 anni dell’orchestra Haydn di Bolzano e Trento che cadeva nel 2020. «Nel frattempo è arrivata la pandemia, e mi è venuto naturale pensare ad un Requiem, dato che il Covid ha colpito tutti noi e a tutti ha portato via almeno una persona cara o un conoscente – spiega ad Avvenire il maestro trentino –. Ma non volevo creare un brano ridondante. Mi sono accorto che il primo concerto dell’Orchestra Haydn era stato proprio il Requiemdi Mozart così ho pensato a un’opera ispirata, nello spirito, a quel capolavoro, un lavoro di estrema potenza per il significato religioso, ma anche per la formazione della cultura europea». A Bolzano Danza la forza evocativa del Requiem si unirà alla forma coreografica in collaborazione con il coreografo e regista tunisino che, come Franceschini, vive a Parigi.

La forma musicale adottata da Franceschini segue fedelmente il testo liturgico dal Kyrie all’Agnus Dei mescolando la partitura contemporanea per orchestra da 30 elementi con inserti elettronici suonati alla consolle dal maestro stesso senza coro né solisti. A parlare, saranno i corpi in movimento. «La pandemia ha fatto maturare questo lavoro – spiega Franceschini –, che ho affrontato durante il lockdown con calma e riflessione, soffrendo anche molto. Inoltre purtroppo tutti noi ci siamo confrontati con la morte come non mai. La domanda era: cosa raccontare? E’ una messa per i morti? Sì, ma non ha un unico significato. Volevo creare una sorta di rito. Io sono cattolico e credente, ma volevo creare una ulteriore universalità. Costruendo un rapporto con la morte che fosse anche un inno alla vita. Infatti questo è un lavoro circolare, una parabola del circolo della vita che musicalmente inizia come finisce». Il Requiem di Bolzano darà grande spazio alla speranza. «C’è sempre una grande luminosità contrapposta al peso che ci portiamo sulle spalle. Questa sera dedicheremo questa preghiera in musica alle vittime del Covid, ma anche a tutti quelli che lo combattono in prima linea. Per ricordarci che chi se ne è andato dagli occhi, resta sempre».

Il maestro Matteo Franceschini e il coreografo Radhouane El Meddeb autori del nuovo Requiem di Bolzano Danza

Il maestro Matteo Franceschini e il coreografo Radhouane El Meddeb autori del nuovo Requiem di Bolzano Danza - Bolzano Danza

Qui si inserisce anche l’universalità della danza di El Meddeb, che crea immagini coreografiche dove la gente, senza distinzione di etnia, colore o religione, inizia a danzare su questo flusso musica- e ideologico, rappresentando in forma rituale la vita dalla nascita alla morte. A dare vita e corpo al Requiem la MiCompañia di Susana Pous, energica compagnia cubana che El Meddeb ha conosciuto dopo aver portato le sue masterclass e i suoi celebri assolo nell’isola caraibica. El Meddeb ha voluto sviluppare il suo progetto lì, partendo dal rito, dalla celebrazione della vita, dalle credenze magiche e misteriose e dallo spirito di lotta che contraddistinguono l’isola e i suoi abitanti. « Requiem (Siá Kará), sottotitolo che in cubano significa 'smetti di piangere e trova delle soluzioni', arriva in un momento in cui ci si interroga sulla scrittura coreografica e drammaturgica a Cuba – spiega il coreografo che sposa in danza le profonde riflessioni musicali di Franceschini –. Matteo mi ha raccontato la sua voglia di lavorare a un progetto di riscrittura di un’opera monumentale. Il Requiem di Mozart lo è, si impone, per potenza, per ciò che dice sull’umanità, per ciò che evoca del passaggio dalla vita alla morte, dell’immortalità, di ciò che resta, di ciò che siamo collettivamente. Ho subito compreso fosse necessario lavorare con i danzatori cubani, per rievocare i riti e osservare i corpi in trasformazione perché solo così si forgiano nuovi pensieri. Attraverso le rinascite».

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