martedì 13 luglio 2021
Presentata a Stoccolma la candidatura ufficiale per il movimento fondato da Oldani, creatore dell’innovativa forma retorica della “similitudine rovesciata” . Langella: «Ecco perché l'ho candidato»
Guido Oldani, nato a Melegnano il 2 maggio 1947, ritratto da Luca Carrà

Guido Oldani, nato a Melegnano il 2 maggio 1947, ritratto da Luca Carrà - -

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Arrivano dall’Italia, naturalmente, ma anche da Cina, Russia, Stati Uniti, Sudafrica, Svezia. Sono gli intellettuali che hanno sottoscritto la candidatura al premio Nobel 2021 per la Letteratura di Guido Oldani, fondatore del movimento letterario e artistico internazionale del Realismo Terminale. Ci sono accademici italianisti (Giuseppe Langella – che spiega in questa pagina le ragioni della sua scelta – della Cattolica di Milano, Caterina Verbaro della Lumsa di Roma, Daniele Maria Pegorari dell’Aldo Moro di Bari, Daniela Carmosino dell’Università della Campania), l’editrice Fiorenza Mursia, il presidente della fondazione di poesia “Il Fiore” Giuseppina Caramella; c’è l’artista svedese Françoise Ribeyrolles-Marcus. E ci sono poeti: i cinesi Jidi Majia e Gao Xing, il russo Gennadij Šlapunov (presidente della Fondazione per il dialogo eurasiatico tra culture e civiltà), lo statunitense Major Jackson, il sudafricano Zolani Mkiva. Tutti convinti, come scrivono nella loro lettera a Stoccolma, che il Realismo Terminale sia «una tendenza letteraria di portata planetaria, aperta alle più varie forme espressive (arti visive e plastiche, musica, teatro, danza), che ambisce ad essere la rappresentazione critica e ironica della civiltà globalizzata degli anni Duemila, interpretando e descrivendo quegli aspetti del divenire storicosociale che maggiormente caratterizzano il nostro tempo, tanto da poter essere additati come i suoi esiti più tipici e rappresentativi. Esso nasce, infatti, nella mente di Oldani, dall’osservazione di alcuni fatti macroscopici che si stanno verificando su scala mondiale e delle trasformazioni antropologiche che stanno generando, quasi in contempora- nea, un po’ dappertutto, nell’Occidente più avanzato come nei Paesi in via di sviluppo». Punto di riferimento è il libromanifesto Il Realismo Terminale pubblicato nel 2010 da Mursia, nel quale Oldani osservava «che la migrazione incessante di intere popolazioni in fuga da guerre, persecuzioni, miseria e carestie verso i luoghi della libertà e del benessere, lo sviluppo in ogni angolo della Terra di sempre più vaste megalopoli e la conseguente immersione degli esseri umani in un ambiente totalmente artificiale, dominato dalla tecnologia e sovraffollato di merci, stanno modificando, come mai era successo in maniera tanto radicale, la percezione stessa della realtà. Siamo testimoni, cioè, non solo di un’impressionante metamorfosi dell’ambiente che fa da cornice agli atti della nostra esistenza, ma anche, e più in radice, di una basilare alterazione dell’esperienza del mondo, provocata dall’habitat artificiale e dagli strumenti, materiali e virtuali, con cui interagiamo con l’esterno». La poetica di Oldani si sviluppa a partire da questa consapevolezza di un cambio di paradigma della conoscenza e definisce un’espressione poetica, una forma retorica apposita per sancire il primato della realtà artificiale nell’esperienza attuale del mondo: la “similitudine rovesciata”, marchio di fabbrica del Realismo Terminale. La lettera di candidatura rimarca come tale figura sia da annoverare tra le rarissime “scoperte” in campo poetico («se ne possono contare, nell’arco di un secolo, non più di un paio») e la spiega in questi termini: «All’opposto della “similitudine naturale”, che ha sempre assunto la natura quale termine di paragone per descrivere una determinata realtà umana o meccanica, la “similitudine rovesciata”, per comprendere ciò che esiste o che accade, e perfino i fenomeni naturali, attinge al mondo artificiale creato dall’uomo. Non mira a straniare la realtà, a renderla sorprendente mediante un traslato che la maschera o la opacizza, ma al contrario produce un guadagno di chiarezza, riportando la realtà indagata nell’alveo delle esperienze abituali». A conferma dell’interesse per l’opera di Oldani, la rivista “Kamen’” in occasione del suo trentesimo anno di attività gli ha dedicato l’intera sezione poetica del n.59/2021 (a Oldani erano stati precedentemente dedicati, nel corso degli anni, il numero 0 e il numero 17); anche la rivista “La terrazza” dedica la sezione poetica di quest’anno a Oldani, mentre la “Revue Européenne de Recherchessur la Poésie” ospiterà a breve il suo articolo La frattura del Realismo Terminale.

Langella: «Perché ho candidato Guido Oldani»

Non avevo mai patrocinato, in passato, alcuna candidatura al premio Nobel. Ai miei occhi, infatti, nonostante qualche sbavatura, il Nobel resta un riconoscimento di enorme valore, cui possono degnamente aspirare solo quei pochi che nel loro specifico settore hanno fatto scoperte straordinarie o conseguito risultati di altissimo rilievo, con effetti durevoli e di portata globale. Se dunque quest’anno, rompendo gli indugi, mi sono fatto promotore della candidatura di Guido Oldani al Nobel per la Letteratura, è perché gli riconosco un merito eccezionale. Quale? È presto detto: l’invenzione della “similitudine rovesciata”. Alla gente del mestiere dovrebbe risultare evidente l’obiettiva importanza che ha l’introduzione di questo dispositivo retorico nel linguaggio poetico; ma siccome non tutti si occupano ex professo di letteratura, vale forse la pena di spiegare. Non si creda, anzitutto, che di invenzioni del genere se ne sfornino ogni due per tre; tanto meno in epoca contemporanea, quando, a dispetto dei più animosi propositi, sembra che non ci sia- no più margini di invenzione, perché tutto quel che c’era da inventare è già stato inventato e si sperimenta la condizione frustrante di una condanna all’epigonismo. Non a caso, in mancanza di meglio, il principale lascito letterario del postmoderno è stato l’arte combinatoria del collage o del patchwork. Insomma, nell’arco di un secolo le invenzioni decisive sul piano del linguaggio si contano sulle dita di una mano. Il Novecento ha prodotto il verso libero, il calligramma, il correlativo oggettivo, il flusso di coscienza e poco altro; gli anni Duemila ci consegnano, intanto, la similitudine rovesciata. Non saprei dire se i prossimi decenni frutteranno qualche altro memorabile ritrovato letterario, ma so di certo che la similitudine rovesciata sarà annoverata tra le massime acquisizioni del XXI secolo e sono pronto a scommettere che fra cinquecento anni, se il genere umano vivrà ancora sul pianeta Terra e la letteratura avrà ancora dei cultori, la similitudine rovesciata sarà oggetto di studio come oggi il sonetto, il decasillabo anapestico o l’onomatopea pascoliana. Sul terreno letterario la similitudine rovesciata è destinata ad avere lo stesso impatto che in ambito scientifico hanno avuto la scoperta, ad esempio, della penicillina, della radioattività, della teoria della relatività, o l’invenzione della lampadina, del motore a scoppio, delle telecomunicazioni, dell’intelligenza artificiale. Possibile – obietterà qualcuno – che una semplice figura retorica possa giocare un ruolo tanto cruciale? Per la letteratura, sì. Mi rendo conto che il paragone con scoperte e invenzioni che ci hanno cambiato radicalmente la vita possa apparire, di primo acchito, esorbitante, ma la similitudine rovesciata consente, dal canto suo, di riscrivere di sana pianta l’intera enciclopedia del mondo, riattivando la funzione adamitica di dare un nome (e quindi un senso) alle cose. La similitudine rovesciata sprigiona da sé un’energia creativa senza eguali, possiede la forza onnivora ed elastica di abbracciare e descrivere le grandi trasformazioni esplose intorno alla svolta epocale del terzo millennio, quando, per designare la nuova era geologica in cui siamo entrati, alcuni illustri uomini di scienza, tra cui Paul Crutzen, premio Nobel per la Chimica, hanno cominciato a parlare di “antropocene”. Ebbene: la similitudine rovesciata è la chiave di volta, il codice a barre del sistema espressivo proprio della civiltà dell’antropocene, perché scaturisce precisamente dall’osservazione, da parte di Oldani, del mondo come si presenta in seguito ai mutamenti avvenuti su scala planetaria. Quali siano questi mutamenti, Oldani ha chiarito in maniera lucida e persuasiva in Il Realismo Terminale, il libro-manifesto del 2010 da cui avrebbe preso le mosse, qualche anno dopo, l’omonimo movimento ormai in procinto di affermarsi come poetica dominante. Basti qui accennare ai due fenomeni che stanno all’origine, appunto, della concezione estetica della similitudine rovesciata, vale a dire il formidabile sviluppo tecnologico e il progressivo concentrarsi della popolazione mondiale in agglomerati urbani sempre più espansi. Totalmente immerso in questa realtà artificiale, per la prima volta da quando abita sulla Terra l’uomo contemporaneo è diventato autoreferenziale: la sua esperienza del mondo non passa più attraverso la natura, ma è essenzialmente contatto con gli oggetti, materiali e virtuali, di cui dispone: per comprendere ciò che esiste o che accade, egli attinge al mondo che lui stesso ha creato. La similitudine rovesciata discende, appunto, da questa rivoluzione dei paradigmi conoscitivi, è la forma retorica che sancisce il primato della realtà artificiale nell’esperienza attuale del mondo. Oldani ci ha regalato un nuovo linguaggio per il nuovo millennio: per questo, con pieno merito può essere insignito del premio Nobel per la Letteratura.

Giuseppe Langella

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