martedì 24 marzo 2020
L’introduzione di papa Francesco alla prima raccolta di scritti in italiano del teologo argentino: «Per lui “pueblo” è un luogo teologico dove il messaggio di Cristo viene comunicato con trasparenza»
Papa Francesco e Rafael Tello

Papa Francesco e Rafael Tello - Combo Avvenire

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Proponiamo in questa pagina l'introduzione scritta da papa Francesco per il volume Popolo e cultura (Edizioni Messaggero di Padova, pagine 248 euro 18), prima raccolta di scritti in italiano del teologo argentino Rafael Tello, e a seguire l'articolo di presentazione del libro di Lorenzo Fazzini.

di Francesco

Grande mistero nel «tempo di Dio», che è eterno, Egli ha pensato a includere il tempo storico della creazione. La storia della creatura abita l’eternità dell’amore misericordioso di Dio. Dio ha «avuto tempo» per le sue creature, per tutti noi e non smette di arrivare a noi per darci vita ogni giorno. Da quando Dio si è fatto «Chiesa», sacramento della sua presenza di salvezza e liberazione, essa non ha cessato di rivelare nei suoi segni, nei suoi contenuti e nei suoi metodi questi principi della nostra fede. Questi contenuti della fede si rispecchiano – quindi – nella teologia, la riflessione credente. La Chiesa è chiamata ad essere sacramento delle dinamiche salvifiche di Dio–Trinità, e la teologia coglie queste dinamiche divino– umane, eterne e storiche, e le propone al mondo per orientare tutto e tutti, per orientare la vita verso una vita piena. Rafael Tello (1917–2002), un teologo argentino, nella sua opera teologico–pastorale, volle fare trasparente la dinamica della comunicazione di Dio verso la sua creazione, la dinamica stessa della Storia della salvezza: il Dio che continuamente si esternalizza per arrivare al mondo, rivelare in esso il suo Amore, e dargli vita. Per questo motivo egli concepì la sua teologia non separata dall’azione pastorale, anzi, manifestata principalmente in essa.

Egli è stato un classico e ortodosso teologo della Chiesa, ma forse azzardato nelle sue conclusioni teologico–pastorali, nelle quali sottolinea la magnanimità dell’Amore di Dio che si rivolge con priorità alle sue creature più deboli, alle persone semplici e disagiate. Non solo arriva prima di tutto ai piccoli di questo mondo, ma lascia in loro la sua impronta: letteralmente si rivela, esprime se stesso nella loro «cultura» in modo spontaneo, ma non meno autentico. Tello ha fatto una particolare opzione per i poveri, che egli lega (relaziona) specialmente al concetto (categoria) di pueblo (popolo) e quindi di «cultura popolare». Per Tello, il pueblo è un luogo teologico dove il messaggio di Cristo viene comunicato con una particolare trasparenza pur nella sua semplicità. Per questo Tello teologo, piuttosto che appoggiarsi sulla cultura illuminista moderna o sulle sottigliezze accademiche o ecclesiastiche, preferisce guardare e fare attenzione prioritariamente alla cultura del popolo. Per lui, il Vangelo e gli insegnamenti della fede possono essere più vitali proprio nel seno della cultura popolare. In questo schema il pensiero deve avvenire non da una teorizzazione di scrivania, ma dal «di dentro » della cultura, dalla semplicità degli umili, dalla fede dei poveri in quanto speciali mediatori della presenza di Dio.

La domanda di Tello non era principalmente «come parlare del Dio nella sua immanenza», ma piuttosto «come avvicinare la Chiesa istituzionale e la sua opera evangelizzatrice al cuore degli uomini», domanda che lascia intravedere il rischio per la Chiesa di rimane lontana dallo stesso popolo, lontana dalle amorevoli dinamiche di Dio. Una teologia, quindi, al servizio dell’evangelizzazione, che parte dal riconoscere il popolo di Dio come soggetto della Storia della salvezza e come «luogo privilegiato » di manifestazione del cuore di Dio. Così la teologia diventa pastorale, e la pastorale teologia: una pastorale popolare come «metodo» perché la Chiesa possa assicurarsi di arrivare a tutti, proprio perché arriva preferenzialmente ai piccoli, ai poveri, alle persone comuni, agli ultimi. Arrivare non solo per trasmettere l’amore di Dio e la sua grazia, ma anche per scoprire in loro i tratti della presenza del Signore della storia. Quest’ultima caratteristica spiega il perché Tello fa pure un’opzione pastorale preferenziale per la cultura popolare: egli sa che in essa abita, vive e si esprime il «cuore» del popolo, e in quel cuore abita in modo semplice ma profondo lo stesso Dio.

Arrivare al cuore del popolo semplice, come Dio arriva da sempre alle creature, pur nella loro debolezza creaturale. Così l’opzione per i poveri implica per il nostro teologo accompagnare e animare senza stancarsi il modo di vivere la fede dei più umili; stabilire con loro un dialogo salvifico, uno scambio di apprendimento e di generosa dedizione nel nome di Dio e del Vangelo. Per ultimo, Rafael Tello non dimentica nella sua teologia pastorale la necessità di promuovere e coinvolgersi nella liberazione integrale del popolo, dei singoli, delle nazioni e della stessa creazione, del nostro habitat. Lo fa senza appoggiarsi sulle ideologie né sui settarismi politici ma sul Vangelo: l’evangelizzazione s’interessa della vita concreta dei poveri, così come Dio assunse la storia concreta delle nazioni in Cristo, nella sua incarnazione. Contemplare Dio, la sua Parola, e contemplare il pueblo e la sua cultura. Ecco le chiavi di questo libro che ci invita a una speciale sensibilità e a una risposta di amore.

(copyright Libreria Editrice Vaticana)

IL VOLUME L'indissolubile unione tra popolo e cultura di Lorenzo Fazzini

L'ironia della faccenda l’aveva colta lui stesso, quando il 10 maggio 2012, intervenendo da arcivescovo di Buenos Aires alla presentazione di un libro scritto da un giovane studioso (Ciro Enrique Bianchi, Introduzione alla teologia del popolo, edito da Emi nel 2015), aveva detto: «Vengo a presentare un libro sul pensiero di un uomo che è stato allontanato da questa Facoltà. Cose della storia. Dio sa come raddrizzare i torti: quella stessa gerarchia che a un certo punto aveva creduto opportuno allontanarlo, oggi dice che il suo pensiero è valido». I richiami di papa Francesco a Rafael Tello (1917–2002), uno dei fondatori (insieme a Luciano Gera) della teologia del popolo, sono stati tanti, ripetuti e intrecciano anche oggi il magistero petrino di una trama tanto invisibile quanto tenace. Popolo e cultura (Edizioni Messaggero di Padova, pagine 248 euro 18, con la prefazione del pontefice che qui pubblichiamo) è il primo scritto di Tello disponibile in italiano. Un testo composto di 7 contributi, 4 dedicati al popolo, 3 alla cultura. Due termini che per Tello vanno indissolubilmente insieme.

In un argomentare che sa molto di oralità – i testi di Tello provengono dalla escuelita, il gruppo di preti che ancora si radunava con Tello dopo che era stato allontanato dalla cattedra universitaria (1979) –, il procedere di Tello ha una cadenza tipicamente tripartita, non in senso hegeliano, bensì fra tre opposizioni polari: la proposta illuministico–liberale, quella marxista–socializzante (che egli accomuna sotto un unico cappello), e quella autenticamente popolare. Per questo il popolo può essere visto come «l’individuo che ha una privacy» (opzione liberale), oppure secondo una concezione “socialista”, per la quale «la società deve essere organizzata ma per il bene di tutti coloro che la compongono». Per lui, l’io può essere concepito nella «relazione tra l’individuo e la società» che risulta «la più comune nel nostro popolo». Tello scolpisce questa idea con una frase molto made in Bergoglio: «La sostanza qui è l’amore: colui che ama l’altro “è” anche con l’altro».

Non che fosse solo un erudito teologo, Tello. A lui si debbono alcune intuizioni pastorali che ancor oggi nutrono l’esperienza cristiana in Argentina, come il pellegrinaggio giovanile al santuario della Vergine di Lujàn, prima edizione nel 1972; la puntellatura intellettuale dell’esperienza del Movimento dei Preti per il Terzo Mondo, che oggi vive una rinnovata stagione con i curas villeros; la devozione mariana a livello popolare. Culturalmente impregnato di Tommaso d’Aquino, Tello più volte cita negativamente alcuni dei mostri sacri del liberalismo occidentale, Locke o Smith, ispiratori di quel «sistema borghese inglese» o «linea borghese francese, anche la rivoluzione francese», dai quali si differenzia parecchio.

Tello enuclea poi un problema che pare attualissimo: il rapporto tra élite di governo e potere. Come far sì che le necessarie élite siano al servizio di un popolo, e non viceversa? «Questo pone il problema di sempre: come garantire il governo di una élite che sa come farlo, senza escludere, tuttavia, totalmente – perché in qualche modo è utile e necessaria – la partecipazione delle maggioranze, della massa dei cittadini». Una soluzione avanzata da Tello è la modalità federale di potere, un modo anche per tenere a bada le élite economiche occidentali, una delle radici della miseria planetaria: «Sin dalla rivoluzione industriale si aveva una grande espansione borghese verso il mondo intero, non tanto per civilizzare quanto per imporre bisogni e valori occidentali, e anche dei modi occidentali di soddisfarli».

E se la denuncia di Tello verso il mondo liberale e socialista si scaglia anche contro il postmodernismo, che ha «lo scopo di universalizzazione e dominio del mondo e degli uomini», è molto chiaro nel rapporto tra teologia del popolo e quella della liberazione. Nessuna opposizione, ma complementarietà: «Tale opposizione potrebbe forse esser giustificata se la cultura viene intessa in un modo “oggettivo” separato dal “soggetto” che la crea e con essa si esprime. […] E pertanto l’impegno prioritario per la creazione e la produzione di eventi culturali popolari (ad esempio, dedicarsi all’organizzazione di manifestazioni di pietà o di religiosità popolare) potrebbe essere davvero fonte di distrazione e persino antitetica alla ricerca della liberazione. […] Noi pensiamo che non sia così, né che si oppongono entrambe le “teologie”».

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