mercoledì 30 gennaio 2013
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​«Un pubblico maturo, con qualche infiltrazione dell’età più verde, colto, con un grado di istruzione alta e in prevalenza femminile». Michele Dall’Ongaro ritrae così ichi segue le trasmissioni musicali di Radio3. Il compositore, volto anche di Rai 5 (Petruška ma anche le prime alla Scala) è responsabile della musica del terzo programma e sovrintendente dell’Orchestra Nazionale della Rai di Torino. «Ma a differenza delle radio pubbliche di altri paesi, dedicate solo alla classica, Radio3 si occupa di cultura nel senso più ampio. Potrebbe sembrare una debolezza ma è una forza: intercettiamo il pubblico orizzontale composto di chi legge, va a teatro, ascolta concerti, compra quotidiani. Una fetta non indifferente della società civile».Maestro, in termini di ascolti che peso ha la musica classica?La riposta certa non la abbiamo più da quando è cessata Audiradio. Prima si attestavano attorno al 3,5% di share, ma sono dati molto remoti. Accanto a questi però bisogna considerare il mondo del web. Sul nostro sito, nella sezione ClassicaRadio3, si trova una serie di materiale "extra": i concerti del Quirinale, il meglio dell’Orchestra Rai e del circuito EuroRadio. Registriamo un notevolissimo numero di contatti, superiore al peso percentuale di quello radiofonico. C’è un pubblico che ascolta molta musica sul web. Questi due mondi si fondono, ma godono di modalità di ascolto indipendenti. Testimoniano interessi culturali che vanno intercettati.Venerdì partirà la nuova edizione di Rai NuovaMusica. Che presenza ha la contemporanea?Rispetto a venti anni fa la musica d’oggi è più presente nel palinsesto. Rilanciamo in maniera sistematica le proposte delle istituzioni, staniamo tutte le novità del teatro musicale. E facciamo ricerca sui generi musicali borderline grazie a spazi come La stanza della musica o Battiti, in cui trova posto quello che è genere indefinibile. Con l’orchestra registreremo musica nuova, creando un archivio del presente ma anche dando possibilità ai nuovi compositori di essere ascoltati. La nostra attività è quella di essere uno scanner sul territorio. La realtà è veloce e i mezzi si riducono ma la Rai, e qui lo dico da musicista, è ancora un baluardo. Se hai idee in radio trovi il sostegno che serve. Se non ci fosse per la musica, di ogni tipo, sarebbe davvero molto più difficile.In tv invece la realtà è diversa. Ma il piccolo schermo è davvero adatto alla musica classica?Certo non basta mandare un concerto in tv. Ma ci sono molti aspetti che attendono di essere valorizzati: penso ai nuovi mezzi tecnologici, come il 3D, le microtelecamere, l’audio in surround. E poi bisogna inserire la musica nel normale orizzonte televisivo, riportandola al dato concreto. Prendendo l’esempio dai programmi di cucina: funzionano non perché c’è qualcuno che degusta un piatto in un salotto ma perché si vede armeggiare attorno ai fornelli. La musica è qualcosa di concreto, in cui si pensa con il corpo, c’è fatica e sudore. Occorre renderla presenza familiare, senza farla diventare lezione. Rispettando il pubblico: non si deve banalizzare. Quando il progetto è forte arriva. E allora è un successo.
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