Non se ne esce, restiamo sempre un calcio all’ultimo stadio. Agli scarsi risultati in campo internazionale dei nostri club, il calcio italiano può ancora esibire il triste primato della violenza ultrà. Quando non si arriva agli scontri fisici - da tempo, la maggior parte ormai sono più tra ultrà e forze dell’ordine che tra le opposte tifoserie - ecco alzarsi dalla Curva l’oltraggioso coro razzista con tanto di striscione appositamente confezionato per la ricorrenza settimanale.L’ultima vergogna in diretta tv è andata in onda domenica scorsa all’ora di pranzo: il “mezzogiorno di fuoco”, ma solo per le due Curve, di Juventus e Fiorentina. Al bombardamento dei cori di tono antisemita da parte degli ultrà bianconeri, quelli viola hanno risposto con striscioni di dileggio alla memoria delle 39 vittime della strage dello stadio Heysel (finale Coppa dei Campioni 1985, Juventus-Liverpool). «Siamo di fronte a una fenomenologia purtroppo assai diffusa e che coinvolge praticamente tutti gli stadi di Serie A e arriva, per spirito di emulazione, al calcio dilettantistico e giovanile», è il commento allarmato e allarmante del sociologo Mauro Valeri, responsabile dell’Osservatorio sul razzismo e l’antirazzismo nel calcio.«Da noi si continua a propendere per la responsabilità oggettiva delle società, mentre quella soggettiva che punisce
ad personam i responsabili - che si annidano nelle Curve, ma anche in altri settori dello stadio -, non solo è necessaria, ma possibile. Lo ha dimostrato il “caso Boateng”: gli ultrà della Pro Patria che lo hanno insultato con i cori razzisti hanno rimediato delle condanne fino a 4 mesi». L’applicazione della Legge Mancino nel campionato 2012-2013 aveva già portato all’arresto di tre ultrà della Juventus e alla denuncia a piede libero di 15 tifosi per i quali sono stati emessi i Daspo (divieto di ingresso allo stadio fino a 5 anni). Ogni stagione si verificano una media di 50 episodi di razzismo e quest’anno siamo già 34, dalla Serie A fino ai campionati giovanili. «La repressione, senza un’adeguata informazione, non educa, quindi non può dare dei risultati concreti importanti», spiega Carlo Balestri, Responsabile delle politiche internazionali Uisp. Balestri ha coordinato l’attività di ricerca e monitoraggio di “Progetto Ultrà” iniziato nel 1995 e conclusosi nel 2009. «Il buio è cominciato nel 2007 con la morte, causata dagli scontri con gli ultrà del Catania, dell’ispettore di polizia Filippo Raciti. Da allora la politica della repressione (Curve chiuse e Daspo) e del maggior controllo sociale (tessera del tifoso) ha portato a una serie di veti interni agli stadi: la proibizione di coreografie, dei tamburi, del megafono e degli striscioni i cui contenuti vanno verificati una settimana prima dalla questura, ma di fatto quelli oltraggiosi continuano a entrare». Al Franchi di Firenze tempo fa non hanno fatto entrare uno striscione di solidarietà per un giovane tifoso viola in coma, mentre a Torino riescono a portare quello con su scritto “Heysel -39”. «Molti gruppi ultrà che almeno avevano una loro responsabilizzazione interna si sono sciolti e adesso in Curva impera la frammentazione», continua Balestri. Tanti “cani sciolti” che mirano a creare lo scompiglio. Ma con lo scioglimento dei vecchi gruppi ultrà, presto se ne sono creati degli altri. «Da una recente ricerca si calcola che su 69 gruppi, 45 si attestano su posizioni di estrema destra e 15 di estrema sinistra: complessivamente muovono 8.500 aderenti – spiega Valeri –. L’antisemitismo che affiora nelle Curve di connotazione fascista rientra in dinamiche molto complesse, non ultima quella politica in chiave di propaganda elettorale». Un caos per niente calmo e molto spesso organizzato nel dettaglio da “cellule impazzite” in seno al movimento ultrà che continuano a penalizzare il rispettivo sodalizio e la maggioranza silenziosa della tifoseria civile.«Si sta facendo molta confusione anche nell’accorpamento della discriminazione razziale con quella territoriale. In quest’ultimo caso si continua solo a parlare di discriminante contro i napoletani, ma sono stati puniti anche i tifosi del Como per insulti contro i bergamaschi dell’AlbinoLeffe – dice Valeri –. E intanto la Federcalcio che fa? Ha cambiato due volte la norma passando dalle multe pecuniare (fino a 50mila euro) alle Curve chiuse che, comunque, rappresentano un danno economico calcolabile intorno ai 300mila euro - per una sola giornata di penalizzazione - a una società di Serie A». Il più penalizzato di tutti per le malefatte degli sbandati delle Curve è il povero abbonato «che va tutelato come consumatore – aggiunge Valeri – e quindi merita il giusto risarcimento economico». Danno economico, ma soprattutto deriva etica e culturale. «Un segnale in tal senso? Per adeguarci alle norme Uefa – conclude Valeri –, abbiamo fatto sparire anche la “dissociazione positiva”, ovvero l’attenuante per cui è fatta salva la responsabilità oggettiva del club nel caso in cui la maggior parte dello stadio fischia quella solita sporca dozzina ultrà che intona i beceri “buu-buu” razzisti. Sembra quasi che da noi, invece di incentivare l’educazione e una nuova cultura sportiva, si voglia veramente rimanere fermi all’ultimo stadio in cui siamo. C’è un solo rimedio: uscire subito da questa logica della “guerra del pallone”».