giovedì 30 marzo 2023
Lo storico Viscardi ha raccolto i saggi dedicati agli studi di De Rosa e De Luca sulla religiosità popolare, i primi a rompere i soliti schemi centrati su fatti e vicende ecclesiastiche
Un momento della festa della Madonna della Montagna al santuario di Polsi (Reggio Calabria)

Un momento della festa della Madonna della Montagna al santuario di Polsi (Reggio Calabria) - Ansa-Franco Cufari

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Ha ragione André Vauchez, quando nella sua prefazione a Tra storia della pietà e sociologia religiosa. Gabriele De Rosa e la religiosità delle plebi rurali (Edizioni di Storia e Letteratura, pagine XX+328, euro 40,00) scrive che bisogna essere grati a Giuseppe Maria Viscardi d’aver riunito in volume - rivisti e ampliati - questi suoi saggi dedicati allo storico e politico campano, nonché al suo conterraneo e congiunto don Giuseppe De Luca. Ma la gratitudine aumenta perché in queste pagine, come osserva ancora Vauchez, a essere evocato felicemente è anche tutto un milieu culturale un po’ romano e un po’ d’oltralpe, un soffiare di correnti del pensiero europeo e, soprattutto, un turbinìo di relazioni autentiche con persone straordinarie. Ecco Maddalena detta Nuccia, la sorella di don Giuseppe, presenza discreta e silenziosa che ne ha rappresentato, fino all’ultimo giorno di vita, la memoria storica e familiare. Ecco Romana Guarnieri, fedele discepola e interprete del pensiero delucano, pure accanto a lui durante tutta la sua esistenza. E poi Émile Goichot, professore di letteratura francese e fine studioso di Henri Bremond; Émile Poulat, storico della Chiesa e sociologo; Eugenio Massa, esperto di filologia medievale e umanistica…

Loro e altri gli interlocutori privilegiati dello studioso che, alla fine degli anni ’60, ha inaugurato una nuova storiografia: la storia sociale e religiosa. Ovvero una “via italiana della storia religiosa” (Michel Vovelle), che frantumava gli schemi della tradizionale storia ecclesiastica, di fatto concentrata sulle istituzioni clericali, i problemi teologici, i dogmi, il papato, le gerarchie, i vertici della Chiesa anche nelle sue relazioni con gli Stati e i poteri temporali, ma dimentica quasi completamente del destinatario dei suoi precetti, la gran massa del popolo cristiano. Una lacuna tanto più evidente in tempi di rinnovamento nella storia profana (sotto l’influenza della Scuola delle « Annales») e nella storia economico-sociale (attenta ai movimenti religiosi tutt’al più nella preponderante prospettiva marxista, egualmente gravata dal peso dell’educazione idealistica).

Un “vuoto”, che interlocutori e allievi di De Rosa hanno provato a colmare attraverso il contributo di studi solitari, ma pure di confronti aperti, di pubblicazioni e convegni, alla scoperta del “vissuto religioso” di uomini del passato prossimo o remoto: scandagliandone contesti e mentalità, sentimenti e pratiche. Tentativi spesso dagli esiti rilevanti. Che hanno esplorato parecchi archivi ecclesiastici (in particolare dell’Italia del Sud, ma non solo), zeppi di polverosi libri parrocchiali, atti di visite pastorali, costituzioni sinodali, verbali, relazioni, ecc. Che hanno studiato profili di vescovi e chierici sconosciuti, di frati e contadini anonimi, ma pure di sante, popolane, perfino fattucchiere… Tentativi approdati a ben vedere a una storia della società tout court, né autoreferenziale né apologetica. Una storia “ à part entière”, la definisce Viscardi, per il quale la storiografia derosiana potrebbe definirsi a partire dall’avverbio “oltre”.

Avendo sì lo storico fatto tesoro della lezione di De Luca, Bremond e Gabriel Le Bras, ma poi essendo andato “oltre” la delucana storia della pietà, il bremondiano sentimento religioso, la lebrasiana sociologia religiosa. Ripercorrendone l’itinerario culturale verso il suo originale approdo, la raccolta di questi saggi rende conto anche delle convergenze e delle divergenze fra De Rosa e il gruppo di interlocutori (“gruppo, non scuola!” come ammoniva Ruggiero Romano circa gli studiosi raccolti intorno a Marc Bloch e Lucien Febvre) che ebbe come riferimento Palazzo Lancellotti, sede delle Edizioni di Storia e letteratura. Soffermandosi qua e là sulle divergenze (o i contrasti), non eludendo interrogativi sorti da necessarie distinzioni (tra pietà e spiritualità, pietà e religione popolare, religione popolare e religione delle classi popolari, cristianità e cristianesimo…), Viscardi ne individua più d’una motivazione nello spazio via via assegnato dallo storico campano a quelle discipline - geografia, economia, antropologia, sociologia… - che lo portarono, parole sue, dalla «storia di una pietà pura» teorizzata da De Luca alla «storia di una pietà istituzionalizzata, materializzata nel flusso e nella varietà dei tempi ». Non dimenticando infine quella «storia che non passa» e quella «transizione infinita» che il diario politico di De Rosa ha registrato, come testimone e protagonista, prima del ritorno agli studi.

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