giovedì 26 agosto 2021
Parla il regista ideatore del Festival “Imaginaction” in programma dal 27 al 29 agosto a Forlì. Tra gli ospiti Cocciante, Paoli, Ron, Mahmood, Diodato e Bersani. «Con Venditti lanciai Angelina Jolie»
Il regista Stefano Salvati, ideatore del festival internazionale del videoclip “Imaginaction” di Forlì

Il regista Stefano Salvati, ideatore del festival internazionale del videoclip “Imaginaction” di Forlì

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Era la metà degli anni 80 quando nasceva in Italia un canale televisivo dedicato ai videoclip musicali. Oggi su cento immagini che popolano il web ben 95 sono video, perlopiù appunto musicali. Eppure soltanto dallo scorso gennaio il videoclip è stato riconosciuto a tutti gli effetti come «opera artistica». A firmare il relativo decreto il ministro dei Beni culturali Dario Franceschini. Ma per dare la meritata patente di nobiltà artistica al genere c’è voluta una petizione, promossa in primis dal “Fellini del videoclip”, Stefano Salvati. Definito tale nell’ambiente non perché romagnolo come il grande regista riminese, ma perché ben trecento dei più suggestivi video musicali realizzati negli ultimi quarant’anni portano la sua firma. Da Sting agli Aerosmith, da Vasco a Ramazzotti, da Zucchero a Bocelli a Renato Zero, Laura Pausini, Giorgia, Gianna Nannini, Morandi e persino Pavarotti.

E c’è il 53enne Salvati, assieme alla organizzatrice Raffaella Tommasi, dietro al Festival internazionale del videoclip “Imaginaction” che torna a Forlì (in piazza Saffi) da domani a domenica 29 per la quinta edizione. Con ospiti come Riccardo Cocciante (nella prima serata, per ricevere il premio “Arte e cultura”) al fianco di Gino Paoli, Mahmood, Ron (premio speciale alla carriera), Samuele Bersani, Diodato, Shade, Irene Grandi, Enula e Fabrizio Moro. Quest’ultimo in veste anche di regista per l’anteprima del videoclip di Sogni di rock and roll di Ligabue per la serie “Capolavori immaginati”, iniziativa speciale del Festival per realizzare videoclip di canzoni che hanno fatto la storia della musica italiana ma non hanno mai avuto un video ufficiale.

Negli anni, la rassegna ha così prodotto e presentato i videoclip di Futura e Come è profondo il mare di Lucio Dalla, Via con me di Paolo Conte, Notte prima degli esami di Antonello Venditti, Il pescatore di Fabrizio de Andrè, Gianna di Rino Gaetano, La Vetrina di Renato Zero e Una lunga storia d’amore di Gino Paoli, che sarà protagonista ora con il videoclip di Sapore di sale. «Gino quest’estate ha disdetto i suoi concerti – ci dice Salvati – ma a dispetto di quanto si sospettava, a 87 anni, è in gran forma e abbiamo appena girato insieme il videoclip di quel successo del ’64 che mostreremo a “Imaginaction” e per il quale Paoli ha realizzato un nuovo arrangiamento con la street band di fiati Funk Off. A Gino sono molto legato anche perché fu proprio con lui che girai il mio primo videoclip».

Da un veterano a una esordiente hollywoodiana, nella lunga carriera di Salvati. «Fui io a lanciare una sconosciuta Angelina Jolie – racconta –. Avevo appena fatto con Vasco Rossi il videoclip de Gli spari sopra, era il 1992 e facevo avanti e indietro con gli Stati Uniti. Lì decisi con Venditti di girare il video di Alta marea per l’album Benvenuti in paradiso. Facciamo il casting per la protagonista e tra 150 modelle e attrici mi colpisce una sedicenne, più per come appare in telecamera che dal vivo. Mi dicono che è la figlia di Jon Voight. Antonello non ha dubbi: è lei, ha il Dna giusto. Così a lanciare Angelina Jolie siamo stati io e Venditti: Alta marea fu in Italia il singolo più venduto e il video più visto dell’anno. Poi nel ’94 feci il casting per il film degli 883 Jolly Blu. Con Angelina ci sentivamo spesso e anche quella volta venne in Italia due giorni per il casting. Ma c’era un problema: si era fatta i primi tatuaggi ed era un po’ troppo rock per il tipo di film, così d’accordo con Claudio Cecchetto (produttore di Max Pezzali) non la prendemmo. Al suo posto Alessia Merz. Però averla scartata le ha portato bene».

Talent scout il “Fellini del videoclip”, che con il maestro riminese ha anche sfiorato l’impresa. «Mi paragonano a Fellini, nel campo dei videoclip, per il mio modo di girare un po’ surreale – spiega Salvati –, ma io con lui nel ’91 ci avevo lavorato per davvero. Fellini doveva scrivere l’idea del videoclip di Miserere di Zucchero e Pavarotti e io avrei dovuto essere il suo giovane regista. Nell’arco di un mese ci siamo visti quattro volte, ma alla fine non se ne fece nulla. Aveva in mente di far fare a Pavarotti azioni che Luciano non voleva e così rifiutò il video. Poi ci fu il progetto di fare un film di Cavalleria Rusticana di Mascagni con protagonista Andrea Bocelli, con me regista e la collaborazione di Michelangelo Antonioni. C’era l’accordo scritto tramite la moglie, perché già lui non parlava più. Stavolta però non si fece per motivi di budget. Gli stessi impedimenti che stopparono la mia collaborazione con Roman Polanski che aveva aperto una società per produrre un mio film. Il protagonista doveva essere Leonardo DiCaprio, prima ancora di interpretare Titanic. E con Polanski nel ’96 firmai la co-regia del videoclip Gli angeli di Vasco Rossi, presentato anche alla Mostra del cinema di Venezia».

Una vocazione familiare, per Salvati. Il padre era appassionato di cinema e girava film in Super 8. «Io ero il suo soggetto preferito, a 4 anni usavo già macchina fotografica e cinepresa – racconta –. A 8 anni con i compagni di classe ho fatto il mio primo cortometraggio. A 12 anni ho aperto un cineclub con 70 soci a Castelnuovo Appennini, dove andavo in vacanza nei mesi estivi. Facevo io le proiezioni e andavo da solo a prendere a noleggio i film. Prima di proiettarli alla sera mi studiavo ogni inquadratura». Tutto De Sica («Ladri di biciclette l’ho praticamente sezionato» ricorda), ma è stato con i film di Sergio Leone che ha imparato a fare questo mestiere: le inquadrature, l’uso della musica e degli attori. «Leone solo per caso è nato a Roma... Poi ho conosciuto il cinema di Scorsese e Coppola. Nei miei videoclip c’è la loro lezione».

Basti ricordare il video de Gli spari sopra, girato ad Alcatraz con l’elicottero che vola sopra Vasco. «Alla consorella americana della Emi, la casa discografica di Vasco Rossi – svela Salvati –, videro quel videoclip pensando che fosse stato girato da Ridley Scott. Invece ero io, mi chiamarono e mi feci un nome. Andai a vivere negli Stati Uniti per un un po’ lavorando alla casa di produzione Propaganda dove avevo l’ufficio a fianco di David Fincher e Michael Bay. Oltre la mia immaginazione di bambino». Correva veloce con la fantasia il piccolo Salvati-Totò di Nuovo cinema paradiso, ma anche con le gambe dato che a 13-14 anni era uno dei più forti juniores dell’Emilia-Romagna e d’Italia. Ma il cinema ha avuto il sopravvento sull’atletica leggera. E a 19 anni l’intuizione dei videoclip.

«Ero a Bologna, mi piaceva il cinema ed ero circondato da grandi cantanti. Così avevo capito che questa nuova arte poteva essere una strada per il cinema». Il film tanto atteso è ancora nel fatidico cassetto pronto però per essere tirato. «La sceneggiatura c’è, la location pure, i soldi potrebbero arrivare, chissà... Non è andata invece mai in porto la collaborazione con l’unico grande artista italiano che manca al mio archivio. Con Lucio Dalla forse c’era un karma un po’ strano – ironizza Salvati –. Nel 1995 mi propose una trasmissione per la Rai, ma a due settimane dall’inizio delle riprese io non potei muovermi dagli Stati Uniti e sfumò la co-regia di Taxi. Alla fine con Lucio non sono mai riuscito a fare nemmeno un videoclip, ho però fatto girare da uno dei miei filmaker l’unico video diretto da Lucio che si firma Domenico Sputo per un brano di Luca Bui. Lo farò vedere ora per la prima volta a Forlì».

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